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 2002  febbraio 19 Martedì calendario

CERVI

CERVI Valentina Roma 13 aprile 1974. Attrice • «Figlia del regista Tonino Cervi e della produttrice Marina Gefter [...] sa bene che il suo cognome fa immediatamente ricordare la straordinaria attività teatrale, cinematografica e televisiva del nonno [...] ”Mio nonno Gino Cervi è scomparso pochi mesi prima della mia nascita, ma lo schermo restituisce ancora le sue verità umane e professionali. Il nonno era davvero vicino all’anima della gente e lo è rimasto. Mi fermano per strada per ricordarmi il suo Peppone sindaco comunista di Don Camillo, il suo indimenticabile commissario Maigret tratto da Simenon, il film di Camerini I promessi sposi in cui era un giovane Renzo [...] ”Per anni e anni cercai di non vedere tutta la mole dei suoi film, per una forma di difesa. Un giorno un collezionista ammiratore mi mandò dieci cassette dei suoi film, da Ettore Fieramosca, uno dei suoi film da me preferiti, a Il cardinale Lambertini e La corona di ferro. Li vidi tutti in due giorni e cominciai a entrare nel suo mondo. Parlai per giorni con mio padre e rilessi anche gli scritti del mio bisnonno, Antonio, che come critico teatrale gli aveva trasmesso la passione del sipario. Fu un viaggio a ritroso, che continua. Quando entro al Teatro Eliseo di Roma, penso sempre che la sua direzione fu affidata nel ’39 al nonno [...] Tutti oggi vogliono diventare attori, senza studi. La generazione di Gino Cervi viveva il palcoscenico con religione, senza divismi. Il mestiere, non condizionato dai nuovi metodi di recitazione, a esempio lo Stanislavskij, che hanno elevato l’attore a personaggio, era vissuto con serietà e con semplicità. Anche questo ha reso grandi il nonno, Stoppa, Tofano, Randone...”». «Facciamo le emergenti per anni. Io lavoro dal 1995. A volte ho la sensazione di sentirmi una merce, fluttuante sulle leggi di un mercato che comanda e controlla tutto: se il film incassa ti chiamano, se no zitti. Cerco di resistere ma temo che tutto ciò alla fine abbia un prezzo molto alto» (Maurizio Porro, ”Corriere della Sera” 29/8/2005) • «Cerchi nello sguardo di Valentina Cervi qualcosa che ti rimandi al nonno, Gino Cervi, alla pipa del Commissario Maigret, ai suoi toni bonari e confortanti. Ma non c’è nulla. Valentina ha gli occhi metà lupo metà cerbiatto. Non sembra italiana, non è una bellezza né mediterranea e nemmeno nordica, una ragazza fuori dal coro, e forse per questo lavora così spesso all’estero. [...] ”Mi lascio andare, sono progetti che si incastrano fra loro all’ultimo secondo. [...] Mi appassiona stare in una giuria, mi capita spesso, sento la responsabilità, quando reciti diventi complice di un’idea e di una visione, ma sei nelle mani di un regista. In giuria invece più che dare i voti fai uno statement. L’ultima volta, al Festival di Berlino, mi sono battuta per dare il premio alla danese Pernille Fischer Christensen, En Soap, sull’identità sessuale. Mi piace la scuola danese. Lars Von Trier? Per quanto sia un genio, lo trovo sadico e misogino” [...] nata a Roma nel 1976, il nonno è morto due anni prima. ”Non lo so cosa mi ha trasmesso, rivedere i suoi film mi dà tranquillità, mi trasmette un’idea di pace, di serenità, di naturalezza. E poi la sua fisicità. Sono fortunata nel far parte di una famiglia che mi ha insegnato tante cose”. Il padre era Tonino Cervi, regista e sceneggiatore; la madre è Marina Gefter, che ha prodotto Coppola e De Palma. ”Una donna libera, forte, sofisticata, mi ha insegnato tante cose”. Non avete avuto conflitti? ”Sì, certo, ho rifiutato il suo modello di vita borghese. Però è una superdonna. Nel lavoro mi ha scoraggiata, diceva che è il mestiere più difficile del mondo, temeva l’idea che potessi soffrire”. Suo padre? ”Viaggiava, aveva una visione laica, non mi ha mai detto niente”. Se le chiedi il cinema che ama, lei ha citato Dreyer, Murnau e Rossellini, perché solo nomi del passato? ”Mi aprono universi che oggi non ritrovo. Se devo sognare... L’era tecnologica non mi appassiona”. [...] da piccola voleva diventare suora? ”Mi sentivo sola, cercavo un luogo in cui sentirmi protetta e il convento andava bene. Non c’erano motivi ideologici o religiosi. Oggi sono atea. Il mio desiderio di convento era una rivendicazione di appartenenza in un momento in cui (gli anni ’80) tutto era sradicato e in tv regnava la superficialità”. Era l’epoca di Drive In. ”La volgarità era esplicita. Oggi è peggio. Italia 1, la rete di riferimento giovanile, impone modelli femminili irreali, non mi stupisco se una ragazzina su quattro diventa anoressica”. [...] ha detto: ”Meglio avere debiti in banca che fare questa tv”. però un capolavoro come La meglio gioventù è nato per la tv. ”Sì, ci sono i buoni prodotti televisivi. E io preferisco Carabinieri a un film d’autore per il cinema, magari esaltato dalla critica, che però è noioso, non ha sapori, non vale niente. A me piacciono i personaggi anche irritanti, ma veri”. [...] Ha recitato in un filmone come Ritratto di signora. ”Nicole Kidman era gentile, bella e così alta. Ma a stregarmi è stata la regista, Jane Campion. Una donna magari violenta ma senza filtri, diretta, forse perché viene dalla Nuova Zelanda. Ci siamo ritrovate alla giuria del Festival di Istanbul, abbiamo passato una settimana in Cappadocia. Avevo 18 anni quando mi scelse tra centinaia di ragazzine. Mi ha dato coraggio; mi sono detta: Okay, buttati che ce la puoi fare”» (Valerio Cappelli, ”Corriere della Sera” 21/3/2006).