19 febbraio 2002
Tags : Michael Chang
Chang Michael
• . Nato a Hoboken (Stati Uniti) il 22 febbraio 1972. Tennista, nel 1989 vinse giovanissimo il Roland Garros battendo in finale Stefan Edberg. Ha perso tre finali del grande Slam: Roland Garros 1995, Australian Open e Us Open 1996, tornei nei quali ha raggiunto nel 1997 la semifinali. Semifinalista anche agli Australian Open del 1995 e agli Us Open del 1992. «Non c’è tennista più insolito di lui, americano di passaporto, ma cinese cento per cento. Non c’è tennista meno omologato nell’ambiente dei tennisti, a cominciare dalla caratteristiche fisiche fino ai suoi pensieri più intimi.[...] Bisogna fare un passo indietro e ritornare al 1989 a Parigi, quando lasciò il suo segno per sempre. Si era sul campo Centrale del Roland Garros, ed era in corso il match che valeva i quarti di finale: il favorito, il ceco Ivan Lendl, contro uno sconosciuto esordiente, il diciassettenne cino-americano Chang. Il grande Antipatico aveva dominato i primi due set, poi aveva dovuto subire la rimonta di quel teen-ager che sembrava ancor più piccolo dei suoi 175 cm. Al quinto set il piccolo Chang sembrava spacciato, preda anche dei crampi, ma Lendl non sfondava. E così, sul 4-3 l’americano tirò fuori quel colpo che è rimasto nella storia di questo sport: la battuta da sotto, a ”cucchiaio” , che avrebbe disorientato e frustrato definitivamente Lendl. Non sarebbe stato l’unico trucco: Chang vinse il titolo francese (tuttora il suo unico Slam) e, nella finale contro Edberg, nei turni di servizio dello svedese, decise di posizionarsi al limite delle righe ”per fargli perdere concentrazione”. Fu il boom, per il Carneade Chang. Dal quel giugno 1989 ad oggi ha vinto 34 tornei Atp, ed è stato finalista negli Slam altre tre volte. Ma se gli si chiede quale siano le cose importanti della sua vita, Michael ne pronuncia solo una: ”Dio”. In tredici anni di frequentazioni tennistiche non si può certo affermare che si sia integrato alla perfezione con i suoi colleghi, dediti ad interessi più laici, dalle playstation pomeridiane fino alle sempre piacevoli attività mondane. Invece il nostro Michelino se n’è andato sempre in giro dividendo la camera con il fratello Carl. Qualche volta, in tribuna, anche mamma e papà. Ma mai una parola fuori posto, mai un comportamento eccessivo: sempre disciplinato, sera in albergo, diviso tra la lettura della Bibbia e le biografie di Giobbe. Niente ”safinettes” (le ormai famose amichette pon pon del russo Safin agli Open d’Australia), e tanto profilo basso. Fino alla decisione di rendere pubblica (ormai già da qualche anno) la profondità della sua fede, tanto da farne una missione. ”Sono stato anche in Cina, ed anche lì ho parlato di Dio. Le prime volte venivo censurato, ora le cose sono migliorate, le autorità più indulgenti”. Con il suo consueto garbo ha spiegato che non vuol essere ricordato solo per i suoi successi sportivi. ”E’ più importante per me poter lasciare negli altri un ricordo parlando del Signore piuttosto che un autografo. Io credo nei giovani, ho una grande passione per loro e so che le mie parole possono avere un grande impatto sulle loro vite”» (Paolo Rossi, ”la Repubblica” 17/9/2002). «Fu Lendl - oh, quanto involontariamente - a tenere a battesimo Cianghettino. Era il 1989, e Michele, a 17 anni e 7 mesi, aveva fatto un mezzo miracolo a sbarcare in quarto turno. Il Roland Garros, Lendl l´aveva vinto già tre volte, e tutti noi avevamo scritto che poco mancava alla quarta, Edberg o Becker che fosse l´avversario. In quell´avventurato lunedì, Michelino riuscì a spingere al furore il tennista che qualcuno aveva paragonato a Buster Keaton per la sua impassibilità. In un quinto set tra l´eroico e il grottesco, vedemmo increduli il bimbo giallo servire da sotto, come faceva mia nonna. E, mentre temevamo che Ivan lo strangolasse, eccolo avanzare, per la ribattuta, sino a un par di metri dalla riga di servizio. Ai cambi di campo, il furibondo Ivan pareva una statua in acciaio di Carlo Mo percorsa da scariche elettriche. Tutto beato sulla sua seggiola, Michele agitava i piedi che a stento sfioravano il suolo. Mangiava banane, una novità assoluta, e i più spiritosi tra noi scrissero "Lendl scivola su una banana di Chang". Quella partita non doveva rimanere un episodio. Cianghettino raggiunse la finale, e vi ritrovò Stefan Edberg, che aveva eliminato Boris Becker. Non aveva mai vinto Roland Garros, Edberg, e avrebbe dato il doppio del primo premio per portare a casa la Coppa dei Moschettieri. L´Angelo del Nord attaccò, secondo il solito. Michelino si arrampicò sui teloni, travolse palchi di proscenio, slittò nel tunnel d´ingresso e ne riemerse come Speedy Gonzales. Nel quarto set Edberg mancò, una sull´altra, dieci palle break. Incredulo, finì per arrendersi, al quinto» (Gianni Clerici, "la Repubblica" 28/5/2003).