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 2002  febbraio 19 Martedì calendario

Chvez Hugo

• Sabaneta (Venezuela) 28 luglio 1954. Politico. Capo di Stato venezuelano eletto nel 1998 e poi nel 2000. Scampato a un colpo di Stato nell’aprile 2002 • «Nato nei llanos, le pianure disabitate del Venezuela, angolo senza storia e cultura del Sudamerica che gli spagnoli nemmeno si preoccuparono di colonizzare. Figlio di un miscuglio razziale tra i più perfetti del mondo - cromosomi bianchi, neri e indios come se fossero passati in un frullatore - piccolissima borghesia, unica opzione eccitante di vita la carriera militare, unico interesse la storia civile e militare della propria periferia del mondo. Amato o odiato senza mezzi termini. Chi è Hugo Chavez? L’ennesima versione del caudillo sudamericano, del populismo che sempre rinasce dalle proprie ceneri? L’ultimo tiranno comunista, riadattato dopo la caduta del muro di Berlino? O semplicemente l’uomo che ha capito come offrire una rappresentanza ai diseredati in un’era dove la tradizionale lotta di classe non attrae più nemmeno chi - come diceva Marx - ha da perdere solo le proprie catene? Golpista fallito nel 1992, contro il governo corrotto di Carlos Andres Perez e un sistema politico ormai in putrefazione. Nessun pentimento, poi due anni in carcere che aiutano a consolidarne il mito popolare. Nel 1998 la prima elezione alla presidenza, poi una raffica di passaggi nelle urne per la nuova Costituzione ”bolivariana”. Infine la vittoria del 2000, presidenza per sei anni. Ogni volta la disperazione di mezzo Venezuela, non voteremo mai più, è la strada irreversibile verso il comunismo alla Castro. Ma Chavez resta sempre borderline, al limite, e con abilità e intimidazioni a singhiozzo spiazza gli avversari, riuscendo a impedire la nascita di un’alternativa. Occupa senza pudore le istituzioni del suo Paese, soprattutto quelle che dovrebbero essere più indipendenti, ma allo stesso tempo lascia che un gruppo di militari in ribellione creino per mesi un simulacro di Repubblica libera in una piazza di Caracas. Resiste, fenomeno unico al mondo, all’intero sistema dei media. Rivolgendosi direttamente al popolo, supera l’ostilità di cinque reti tv nazionali su sei, dei primi cinque quotidiani, di centinaia di radio. Cosa che impressiona gli stranieri che arrivano in Venezuela e fa infuriare ancora di più i venezuelani che lo detestano. Che per molto, troppo tempo lo sottovalutano, lo ritengono solo uno squilibrato ignorante, non capiscono le passioni che suscita, cercando di spiegarle solo con l’autoritarismo. Ma Chavez guida il suo carro armato da stratega. Odia le mediazioni. un soldato, non un politico. Lo eccitano il sangue, in senso figurato, e la battaglia. In ogni passaggio della lotta politica trova un riferimento nella storia del Continente. Lui, ovviamente, è la reincarnazione di Simon Bolivar, il Libertador delle Americhe dal giogo del colonialismo e dell’imperialismo. Oggi la Corona spagnola non c’è più. Ma in compenso esistono le oligarchie, le élite, i George W. Bush... La lotta non finisce mai» (R. Co., ”Corriere della Sera” 17//2004). «Che fosse un po’ ”strano” se ne accorse per primo l’inviato della Cnn che lo intervistò alla vigilia delle elezioni, alla fine del 1998: lo accolse col basco rosso calcato sulla fronte e una poltrona vuota accanto alla sua: ”Qui è seduto Simon Bolivar - spiegò subito al giornalista -, insomma il suo spirito. Lui mi ascolta e mi guida”. Stranezze. Come i suoi interminabili discorsi in tv, le partite di baseball con Fidel Castro, un’entusiastica corsetta lungo la Grande muraglia in Cina, i calorosi abbracci con Saddam e Gheddafi e, perfino, una proclama in difesa di Ilich Ramirez Sanchez, il famoso terrorista Carlos. Stranezze che avevano fatto scattare tutti gli allarmi del Dipartimento di Stato a Washington ma che non avevano cambiato d’un pollice il sentire di quel movimento d’opinione composto da intellettuali, professori e povera gente che lo aveva portato alla presidenza. Così, grazie alle illusioni di chi non ne poteva più della corruzione della politica, vinse due elezioni di seguito. La prima nel dicembre del ”98, la seconda il 30 luglio 2000, dopo il referendum che aveva cambiato la Costituzione. Ex paracadutista, promotore del ”movimento bolivariano” all´interno delle Forze armate, aveva agli occhi di tutti i suoi elettori un merito non secondario: il 4 febbraio del 1992 aveva guidato un tentativo di golpe contro Carlos Andres Perez, il presidente del massacro di Caracas che ordinò alle Forze armate di sparare sulla folla che protestava contro la corruzione e la crisi economica. Allora finì in carcere ma ne uscì due anni dopo, rinunciando all’esercito. Da quel momento la sua marcia verso il potere non incontrò più ostacoli. Divenne il paladino dell’onestà e della lotta alla povertà in un paese che, dopo la sbornia del petrolio negli anni Settanta e Ottanta, aveva visto precipitare il suo tenore di vita. Quando arrivò al potere due terzi dei venezuelani vivevano al di sotto della soglia di povertà. E furono loro ad eleggerlo. Non è cambiato molto. In tre anni è riuscito soltanto a mettersi contro tutti. Fino a quando non ha cambiato il consiglio d´amministrazione dell’azienda nazionale dei petroli, l’unico vero forziere del paese. Cosa avesse davvero intenzione di fare non si sa, ma per la maggioranza è stato l’ultimo segnale della sua escalation verso la dittatura» (O.C:, ”Corriere della Sera” 13/4/2002).