Varie, 19 febbraio 2002
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Chiusano Vittorio
• (Vittorio Caissotti di Chiusano) Torino 5 agosto 1928, Torino 31 luglio 2003. Penalista di chiara fama, legale della Fiat e di casa Agnelli. Presidente della Juventus dal 14 febbraio 1990, dopo le clamorose dimissioni di Giampiero Boniperti, carica mantenuta anche dopo il passaggio dei poteri a un gruppo (Bettega, Giraudo, Moggi) facente capo ad Umberto Agnelli. «Da sempre ”torinese doc”, di famiglia nobile (era conte) si era laureato in giurisprudenza, all´Università di Torino, nel 1952. Ed era entrato subito a far parte del giro della famiglia Agnelli. Non solo come avvocato penalista anche se era stato lui ad occuparsi di alcuni dei più difficili processi affrontati dalla Fiat, come quello per le ”sale mediche” a fine Anni Ottanta, o quelli che coinvolsero Cesare Romiti e altri alti dirigenti dell´azienda automobilistica in Tangentopoli. Per la famiglia Agnelli era stato invece parte civile nel processo contro i rapitori di Carla Ovazza, cugina dell´Avvocato. Presidente dell´Unione Camere penali italiane, all´inizio degli anni Novanta, la sua attività e la sua fama come avvocato andavano però al di là del legame con Agnelli e la Fiat: Chiusano era stato infatti uno dei penalisti che accettò di fare il difensore d´ufficio al processo contro i capi storici delle Br, nel ’78, dopo l´assassinio a Torino del presidente dell´Ordine degli Avvocati Fulvio Croce. E di tangenti si era occupato fin dai primordi, dallo scandalo Zampini dell´83 alla difesa del presidente della Liguria, il socialista Teardo, qualche anno dopo. Piccolo, tarchiato, con pesanti occhiali da vista, sempre elegantissimo, quasi un prototipo dello stile Juventus (e Fiat), Chiusano dell´Avvocato è stato un amico e un collaboratore anche al di fuori delle aule di giustizia, parte importante di quella nomenclatura che per anni ha governato, spesso in seconda fila, Torino e non solo. A lungo consigliere comunale per il partito Liberale, fu a un passo dall´essere candidato a sindaco di Torino nel ’92, in piena Tangentopoli. E oltre che presidente della Juventus era stato dal 1985 al 1999 vicepresidente dell´Editrice La Stampa» (Marco Trabucco, ”la Repubblica” 1/8/2003). «Il suo nome aveva debuttato sulle pagine dello sport nell’estate del 1980, quando fu lui a scortare un giovane Trapattoni nella antica sede milanese della Lega in viale Filippetti, dove si teneva il processo sportivo per il calcio scommesse. Grazie a lui la Juventus uscì a testa alta, e quando dieci anni dopo fu Boniperti a uscire a testa ancora più alta dalla Juventus, proprio Chiusano fu nominato presidente al suo posto. Una carica onorifica che lo inorgogliva, come lo inorgogliva quell’etichetta di ”avvocato al quadrato” visto che era l’avvocato di Agnelli, senza però fargli mai perdere di vista la realtà del suo ruolo. Stemma elegante e discreto della nuova gestione bianconera passata da Gianni a Umberto Agnelli, sempre a cavallo di nuovi successi culminati col trionfo intercontinentale di Tokyo nel 1996, Chiusano ha rappresentato un punto di riferimento prezioso, anche per chi aveva qualche problema con la dirigenza. Da avvocato, ma soprattutto da uomo di buon senso aperto all’ottimismo, in grado di vedere il bicchiere mezzo pieno e mai mezzo vuoto, Chiusano ha smussato, mediato, cucito ogni tipo di rapporto, in regime di silenzi stampa e non solo. Educato e disponibile con tutti, sempre pronto a richiamare chiunque lo cercasse, ad allungare la mano per salutare chi vedeva al di là di una transenna, col loden verde d’inverno o il vestito intero d’estate, Chiusano considerava tutti i giocatori come figli: dal suo pupillo Del Piero al lottatore Davids che per lui rappresentava la sintesi perfetta del guerriero leale, senza dimenticare quelli che per lui eramo rimasti dei ”misteri” come Rush e Zavarov» (Alberto Cerruti, ”La Gazzetta dello Sport” 1/8/2003). «L´avvocato dell´Avvocato, era davvero un presidente anomalo. Perché non era un padrone e non era neppure un manager. Un giorno gli chiesero se non si sentisse, in fondo, una specie di notaio, oppure un garante della famiglia Agnelli. ”Piuttosto, direi un segno della continuità e della tradizione nella Juve”. In effetti in bianconero era entrato molto tempo fa, addirittura nel 1960, come consigliere d´amministrazione e nel ´76 era diventato vicepresidente di Boniperti. La presidenza arrivò nel febbraio ´90, il giorno di San Valentino, dopo le dimissioni del capo. E l´avvocato, tale non diventò mai, non voleva e non poteva certo essere il padrone operativo della Juventus. Per quel ruolo venne prima scelto Luca di Montezemolo, poi tornò Boniperti e infine arrivarono Giraudo, Moggi e Bettega. In mezzo a tutte le tempeste che il mondo torinese, e in particolare l´universo bianconero, è tanto abile da far apparire come lievi soffi di brezza, Vittorio Caissotti di Chiusano (anche nei cognomi c´è la sfumatura di nobiltà che la Juventus non ha mai disdegnato) è stato un po´ il cuscinetto per evitare troppi attriti, un po´ l´emanazione dell´avvocato Agnelli sotto forma di carica ufficiale. Un personaggio equilibrato, di parte, ma in quanto uomo di legge anche al di sopra delle parti. E, infine, lo spirito di un´epoca che ormai non esisteva più (la pacatezza dei toni, la ragionevolezza degli argomenti), quasi un´intercapedine tra il calcio degli squali da scrivania e quello dei dirigenti con i capelli grigi, invecchiati all´ombra di montagne di ricordi. Vittorio Chiusano era una specie di re senza scettro, e la parte a volte lo divertiva, a volte lo inorgogliva, specialmente quando c´era da parlare di Juve, rilasciando interviste mai negate a nessuno, con ferma e puntuale cortesia. Ma c´era anche da gestire i momenti difficili, quando il blindato mondo bianconero mandava avanti lui nel silenzio generale. E lui non diceva di no. Come quando richiamò Lippi con una lettera-comunicato molto dura, oppure quando si trattò di difendere Davids dalle accuse di doping e relativa squalifica, poi nella storia infinita del processo Guariniello. Ancora, quando la Juventus decise di cacciare Ancelotti e tutti negavano, fuorché Chiusano: ”Non smentisco il cambio di allenatore perché non si possono prendere in giro i tifosi, i media e neppure una persona magnifica come Carlo Ancelotti”, disse nell´imbarazzo di altre scrivanie. A volte gli chiedevano di fare sul serio il presidente, soprattutto quando c´era da sbrigare qualche incombenza non proprio comoda. Accadde, ad esempio, quando si decise di non confermare Zoff. ”Fu quella la mia prima mossa sgradevole da presidente. Dopo una partita contro la Lazio, presi da parte Dino e gli comunicai le decisioni della società. Lui era un pezzo di Juve, ma c´erano scelte precise”. Il solo fatto che Chiusano ancora avvertisse la sgradevolezza di alcune mosse, indica di che pasta fosse rimasto, come quando un po´ lunare dichiarava: ”Oggi nel calcio c´è un turbinio di denaro che mi impressiona”. Nel suo ruolo atipico di potente senza potere, Vittorio Chiusano ha vinto tantissimo: cinque scudetti (’L´ultimo è il più bello, e lo dedichiamo all´Avvocato”), una Coppa dei Campioni, due Coppe Uefa, una Coppa Intercontinentale, una Supercoppa europea e tre italiane, due Coppe Italia. [...] Quando si trattò di scegliere il successore di Boniperti, si era pensato a Giovannino Agnelli che però aveva detto: ”Ci sono una tradizione e un´eredità di famiglia da raccogliere, ma le eredità vanno acquisite al momento opportuno e per adesso mi pare prematuro”. andata diversamente, perché anche le eredità fanno i conti col destino. Ora, di Vittorio Chiusano restano alcune immagini. Lui che scende negli spogliatoi con l´impermeabile chiaro e il berretto in testa, lui che posa una maglia juventina nel posto lasciato vuoto da Gianni Agnelli. Oppure la fotografia della famosa panchina su cui nacque la Juve: l´Avvocato, Umberto, Boniperti e Chiusano, con le mani dietro la schiena, quasi dimesso. Invece nell´ultima foto scattata nella sala dei trofei, insieme alla triade sorridente, lui resta appoggiato allo stipite di una porta e sembra quasi chiedere scusa per l´intrusione. A ben guardare, già un delicato passo d´addio» (’la Repubblica” 1/8/2003).