Varie, 19 febbraio 2002
Tags : Dick Cheney
Cheney Dick
• Lincoln (Stati Uniti) 30 gennaio 1941. Politico. Ex vicepresidente degli Stati Uniti (2001-2009, con George W. Bush) • «’Business Week”: ”Per due anni è stato la risorsa principale di Bush. L’ex ministro della Difesa e dirigente d’azienda ha fornito al capo della Casa Bianca l’esperienza diplomatica e la conoscenza di Washington che a lui mancava. Ma mentre l’attenzione del governo si sposta dalla guerra contro il terrorismo alla battaglia contro l’avidità del grande business, lui rischia di diventare un punto debole politico per il suo capo”. Come mai il vento è girato? La storia del supervice ormai è famosa come un romanzo. Nel 1975 era già capo dello staff della Casa Bianca col presidente Ford. Serio, preciso, preparato e affidabile: così lo descrivevano i suoi sponsor, tra cui l’allora capo del Pentagono Donald Rumsfeld. Durante l’intermezzo Carter e l’amministrazione Reagan, era cresciuto ancora nella gerarchia repubblicana diventando il ”whip” della Camera, ossia la ”frusta” che deve garantire la disciplina politica dei colleghi. Appena vinte le elezioni, Bush padre lo aveva nominato subito ministro della Difesa, affidandogli la gestione della Guerra del Golfo insieme a Colin Powell e Norman Schwarzkopf. Nel 1992, però, Clinton sorprese i repubblicani puntando proprio sulla crisi economica, e allora Dick tornò a lavorare nel settore privato. Nel 1995 divenne presidente e amministratore della Halliburton, una grande compagnia edile e petrolifera del Texas, tenendo sempre un piede nella politica. E così, quando nel 2000 Bush figlio gli chiese di selezionare i potenziali candidati alla vice presidenza, potè rispondere senza falsa modestia che conosceva l’uomo giusto: se stesso. Per due anni ha fatto il presidente ombra, pesando in maniera determinante su tutte le decisioni importanti, dalla risposta all’11 settembre fino alla rottura con Arafat. Ora, però, proprio il suo passato con la Halliburton è tornato a perseguitarlo, nel momento in cui Bush avrebbe bisogno di dimostrare la sua indipendenza dal grande business, per rispondere agli scandali di Wall Street che rischiano di deragliare l’economia e condannarlo alla stessa delusione del padre. L’accusa [...] è quella di aver ”cucinato” i libri contabili per 234 milioni di dollari nell’arco di quattro anni. In genere, quando un’azienda come la Halliburton fa grandi lavori edili, i costi aumentano lungo la strada rispetto ai preventivi. In passato la compagnia contabilizzava questi aumenti come perdite, fino a quando il cliente non accettava di pagare di più. Invece dal 1998, quando era amministratore, Cheney cominciò a metterli nei bilanci come se fossero soldi già entrati. Ciò permise di ridurre le perdite, e quindi tenere più alto il valore delle azioni. […] Ha avuto un solo problema con la legge: da ragazzino lo beccarono a pescare fuori stagione e gli fecero una multa da 25 dollari. ”La cosa più scocciante è che mi sequestrarono tutto il pesce preso”» (’La Stampa”, 14/7/2002) • «’Quando Bush il vecchio affidò Bush il giovane a Dick Cheney, pensò che il vicepresidente avrebbe insegnato al figlio l’internazionalismo, il rispetto delle alleanze, la realpolitik. Invece il papà buono ha visto il papà cattivo usurpare la presidenza del ragazzo, esasperare il conservatorismo, scatenare una guerra, comportarsi come se l’America fosse il re del mondo”. Così in un articolo intitolato ”Storia di due padri” l’opinionista del ”New York Times” Maureen Dowd, una delle penne più velenose del Paese, si è scagliato contro il vicepresidente. [...] Persino due senatori repubblicani moderati si sono uniti al coro. – il presidente che deve fare il presidente, che deve comandare” ha ammonito Richard Lugar, il leader della Commissione esteri. ”Bush cominci col chiedere a Cheney che cosa sappia di certi scandali” ha protestato Chuck Hagel, un eroe della guerra del Vietnam. Gli attacchi al vicepresidente, così mirati e personali, non sono immotivati. Come ha scritto la rivista di destra ”Us News and World Report”, dedicandogli la copertina, Cheney è ”L’uomo dietro le quinte”, il gran suggeritore, il capo falco che condiziona l’amministrazione tramite il suo capo di gabinetto Lewis Libby, il ministro della Difesa Donald Rumsfeld e il sottosegretario Paul Wolfowitz. ”In politica estera è Cheney a paralizzare sia la Rice sia il segretario di Stato Colin Powell” osserva il politologo Larry Sabato. ”E in politica interna è Cheney a tenere i rapporti con il Congresso. Nella storia americana, nessun vicepresidente ebbe mai tanto potere”. Per Bush, l’assalto al suo alter ego è un brutto segno, la conferma che il vento di rivolta che soffia in America a causa dell’economia e dell’Iraq sta arrivando fino a lui. ”Non è la prima volta che il Paese si chiede se Cheney sia il presidente occulto, il burattinaio, il grande vecchio” aggiunge Sabato. ”Accadde anche prima delle stragi dell’ 11 settembre, cioè fino a quando Bush non emerse in proprio, come leader forte. Ma negli ultimi due anni, nessuno aveva più osato farvi cenno”. Sono stati una intervista e un discorso del vicepresidente, in netto contrasto con quelli degli altri membri dell’amministrazione, a riproporre il problema di chi comandi a Washington. Alla tv, Dick Cheney ha sostenuto tra l’altro ciò che Bush aveva appena smentito, ossia che esistevano le prove di legami tra Saddam Hussein e Al Qaeda. E alla Heritage Foundation, un serbatoio di cervelli neoconservatore, ha insistito che il dittatore deposto ”aveva e impiegava armi di sterminio”. Ha infine condito i suoi interventi, definiti ”stridenti” dai repubblicani stessi, di denunce dell’Onu, degli alleati, dei media americani da lui etichettati ”topi da materasso”, delle ”tentazioni centriste” del Partito. Due performances, ha ammesso ”Us News and World Report”, che hanno sepolto per sempre l’immagine fornita dal vicepresidente alle elezioni del 2000, di un uomo di destra ma equilibrato e aperto al dialogo. Bush non sembra volere tuttavia ridimensionare il suo vice. Come in ogni emergenza, lo ha mandato in campo di persona, questa volta nel tentativo di convincere l’America che le cose in Iraq vanno abbastanza bene. Kenneth Walsh, un esperto di Casa Bianca, autore del libro Air Force One, evidenzia il rapporto fiduciario tra i due uomini: ”Bush considera Cheney il suo filtro” spiega. ”Sa che non nutre ambizioni presidenziali. Non dimentica che l’11 settembre del 2001, mentre era in volo sull’ America, il vicepresidente fu la sua colonna. Lo ascolta più di chiunque altro”. Piace anche al presidente che il numero due gli parli solo in privato, e sia deferente in pubblico. Stando a Walsh, la riluttanza di Bush a richiamare la sua spalla è dovuta anche alla loro affinità ideologica. Sotto Bush il vecchio, l’allora ministro della Difesa Cheney si allineò ai moderati. Ma i suoi trascorsi al Congresso non lasciavano dubbi: aveva votato contro il bando delle armi chimiche, contro il porto d’armi, contro le sanzioni a carico dell’apartheid in Sud Africa e contro il preavviso per i licenziamenti. Il vicepresidente era ed è rimasto un conservatore, ed è uscito allo scoperto, conclude Walsh, perché ha trovato in Bush il giovane un terreno fertile: «”George W. Bush è ossessionato dalla sconfitta del padre nel 1992: la attribuisce alla diserzione dell’estrema destra, e non vuole fare la sua fine”. Mary Matalin, la sua ex portavoce, vede in Cheney un uomo di granitiche certezze. A differenza di Bush, il vicepresidente è un intellettuale che spesso nel weekend si circonda di filosofi e di storici. Ma ha una concezione messianica e imperiale degli Stati Uniti. La sua tesi prediletta è che nel secolo XX la Superpotenza entrò in guerra solo per salvare la libertà, ma che nel secolo XXI non può più scegliere, perchè la minaccia del terrorismo è globale e quotidiana. ”Senza Cheney – accusa Maureen Dowd – avremmo probabilmente dato più tempo agli ispettori dell’Onu in Iraq e non avremmo attaccato Bagdad contro il parere delle Nazioni Unite”. Alla Casa Bianca dicono che la ”Storia di due padri” abbia irritato Bush. Sebbene abbia solo otto anni meno di Cheney, il cinquantasettenne presidente ne apprezza l’esperienza – Cheney esordì come capo di gabinetto del presidente Ford nel ”75 – e lo considera la memoria storica delle amministrazioni Usa. Gli attribuisce il merito di avere caldeggiato l’unilateralismo e la dottrina della guerra preventiva, che hanno contraddistinto la sua presidenza da tutte quelle precedenti. Ed è convinto che anche grazie a lui sarà rieletto nel 2004. ”Per il prossimo novembre – assicura il suo capo di gabinetto Andrew Card – l’economia si sarà ripresa e l’Iraq sarà stabilizzato. Le critiche al vicepresidente rientreranno in fretta”» (Ennio Caretto, ”Corriere della Sera” 14/10/2003).