Varie, 19 febbraio 2002
CHIAMBRETTI
CHIAMBRETTI Piero Aosta 30 maggio 1956. Conduttore tv • «Non è da tutti, in Rai, passare indenni da un editore di riferimento all’altro. Ci è riuscito l’equilibrista Piero Chiambretti […] ” come il gioco del soldato: io prendo schiaffi dalla Sinistra e dalla Destra […] La Rai si rimodella a ogni cambio di regime. […] Provocare in tv è come stare su un filo, da trapezisti: se si cade ci si fa male. Sì, io e Boncompagni vogliamo stupire, ma non cerchiamo il trash» (Leandro Palestini, ”la Repubblica” 27/1/2003) • «Posso dire che fare la televisione mi permette di evitare di guardarla. Mi piace: sono un sostenitore, in particolare di quella italiana. Però, dovendo fare la televisione che non fa nessuno, non la guardo […] Fondamentalmente la ”tivù” va troppo bene, non c’è censura nemmeno sui contenuti. Si può fare qualunque cosa, ma a pensarci bene preferirei la repressione. Allora sì che potrebbe esserci vera satira, una ”tivù” d’opposizione e quindi più coraggiosa» (Alain Elkann, ”La Stampa” 19/2/1996) • «Chi fa questo mestiere sa bene che è sempre al centro di un possibile attacco dei cloni. Nessuno mi ha mai attaccato in modo plateale: mentre io parlo sempre di fronte agli interlocutori, a me gli assalti più pericolosi capitano fuori dalla telecamera. E sono dimostrazioni di forza. Ma vivo l’incongruenza del nostro mondo senza vittimismi […] Lavoro su idee inusuali. La Swatch, sponsor ufficiale delle Olimpiadi di Atene, ha chiesto a cento artisti di realizzare con suoi materiali altrettante sculture ispirate alle discipline delle Olimpiadi. Io ho scelto il pugilato, e ho costruito un marghingegno curioso: c’è una scatola con una mia foto a figura totale, poi piano piano si arriva al particolare di un occhio blu, con fuori un uccellino che fischia con un meccanismo Swatch. E poi il Comune di Torino mi ha chiesto di fare comunicazione sulla nostra città, che continua ad essere vista solo come una città della crisi, mentre si sa che esiste un rinascimento che nasce dalle ristrutturazioni, dal piano regolatore, dalle prossime Olimpiadi della neve» (Marinella Venegoni, ”La Stampa” 2/6/2002) • «Era una continua provocazione. Piero Chiambretti lasciava sempre a bocca aperta, sia quelli a cui piaceva sia quelli a cui andava indigesto. Il divano in piazza, Prove tecniche di trasmissione, Complimenti per la trasmissione, Il portalettere, Tg0, Il laureato. Irriverente, trasgressivo. All’assalto dei luoghi comuni, senza rispetto per i potenti, noncurante delle regole della televisione, spesso con una telecamera a spalla e un microfono. [...] ”Per un certo periodo ho rischiato anche molto. Quando ho cominciato a frequentare il mondo del calcio, non erano pronti ad accettare che si rompessero schemi e liturgie. Quando cercavo di entrare con le telecamere nelle stanze dei giocatori in ritiro succedeva il finimondo. Li mettevo nel panico solo chiedendo: ”Come va’ [...] Mi infilai sulla panchina del Lecce guidata da Carletto Mazzone che è metà Hulk e metà Schwarzenegger. E cominciai a dare ordini alla squadra. ”Garcia vai sulla fascia!’. [...] Garcia andava sulla fascia. Mazzone mi guardava minaccioso ma il Lecce vinceva due a zero. Poi il Genoa segnò. Io continuavo a dare ordini ma capivo che stavo rischiando. Il vecchio Mazzone si agitava. Come Dio volle la partita finì. [...] Mi consigliarono di comprare un cane di razza per rimorchiare le ragazze. Ma io non avevo una lira. E decisi di fare il disc jockey. [...] Perché lo faceva anche il mio macellaio e mi segnalò che al Ritual ne cercavano uno. [...] Tutti neri. San Salvario al confronto sembrava la Svezia. Piano piano, cambiando musica, introducendo il cabaret, il pubblico divenne misto. Al Ritual passavano i migliori comici, Verdone, i Giancattivi, Troisi. Lo stesso Baudo, Grillo, Franca Valeri. Poi le radio libere. La prima fu quella dei preti. Radio Torino Centrale. Molto rigore. Certe parole pesanti non si potevano dire. Tipo minigonna e gambe. A scuola? Mia madre mi iscriveva a tutte le scuole possibili. Liceo linguistico, corrispondente in lingue estere, cartellonista pubblicitario, odontotecnico. Diceva: l’importante è partecipare. Ogni tanto facevo quattro anni in uno, tre anni in uno, due anni in uno. Qualcosa portavo sempre a casa. La televisione? Cominciai nella più sfigata di Torino, Tele Manila. Mi inventai la candid camera visibile. Feci comprare al proprietario un cavo lungo centinaia di metri e andavo per le strade con la telecamera di studio coinvolgendo i passanti. Beccavo una vecchietta che arrivava da lontano, e cominciavo a dire: ”Buongiorno da Stoccolma. Vediamo una vecchietta italiana. Andiamo a intervistarla. Buongiorno. Vi parlo da Oslo. Vediamo una vecchietta italiana. Andiamo a intervistarla’. Il grande momento fu il concorso Rai. Nove mila partecipanti. Vincemmo in quattro, io, Cecchi Paone, Fabio Fazio e Corrado Tedeschi. Mi arrivò una bella lettera: ”La chiameremo per inserirla nei nostri futuri programmi’. Mai più sentiti. Mi imbarcai su una nave da crociera. Cantavo canzoni francesi come Berlusconi e girai il mondo. Feci moltissima attività sessuale. Scoprii sul mar Mediterraneo che i bambini non nascevano sotto i cavoli. Quali navi? Shosta Rustaveli, Ivan Franko. Navi da crociata non da crociera. Scartate dalla marina sovietica. [...] Mi telefonò uno da Torino. ”Si è ammalato un valletto, venga a fare un provino’. Dovevo dire: ”Pronto, da dove chiama’? Mi presero. Ma non piacevo al capostruttura, un democristiano di ferro, Luciano Scassa. Io mi ero un po’ allargato e lui per castigo decise che il mio intervento doveva essere registrato. Corinne Clery apriva una cesta di vimini. Uscivo fuori io e dicevo: ”Che numero è?’ E Corinne richiudeva la cesta. Tutto registrato. Finito il programma Scassa mi offrì un ruolo prestigioso. Avevo 29 anni. Dovevo fare il bambino col grembiulino al Sabato dello Zecchino. Avevo come partner un asino il quale nei momenti più impensati, quando i bambini cantavano ”Quaranta quattro gatti in fila per tre col resto di uno’, sfoderava la sua sessualità. Io dovevo coprirla con la cartella. Poi arrivò Angelo Guglielmi a Rete Tre. E Bruno Voglino. Volevano facce nuove. E feci Il divano in piazza. [...] Fermavo una passante: ”Signora sono un giovane intervistatore, dovevo intervistare la madre di Rambo che non è potuta venire, io perdo il posto, potrebbe recitare la parte della mamma di Rambo? Tanto non se ne accorge nessuno’. E lei nel giro di trenta secondi diventava la madre di Rambo. [...] La prima volta ho votato liberale. Mi avevano detto: vota liberale perché i liberali sono eleganti. Poi sempre a sinistra: pci, pds, ds, quercia, cosa uno, cosa due”. [...]» (Claudio Sabelli Fioretti, ”Sette” n. 19/2000).