Varie, 19 febbraio 2002
Tags : José Luis Chilavert
CHILAVERT José Luis Luque (Paraguay) 27 luglio 1965. Ex calciatore. Portiere famosissimo per i numerosi gol e su rigore e, addirittura, su punizione • «Dopo il ritiro di Maradona è il calciatore che meglio rappresenta la benedizione e la maledizione dell’America Latina
CHILAVERT José Luis Luque (Paraguay) 27 luglio 1965. Ex calciatore. Portiere famosissimo per i numerosi gol e su rigore e, addirittura, su punizione • «Dopo il ritiro di Maradona è il calciatore che meglio rappresenta la benedizione e la maledizione dell’America Latina. Il genio che la illude e che la condanna. L’estro che la riscatta e che la perde. El Capitan perennemente sospeso tra l’eroe e il cialtrone. Dopo due uscite a farfalle ai mondiali 2002 che sono costate due gol, con la Spagna e con la Slovenia, qualsiasi altro portiere sarebbe stato messo fuori squadra. Provate a chiedere a Beppe Dossena, il vice del ct Maldini, perché non l’ha fatto. Leva gli occhi al cielo, con un gesto di impotenza e di rassegnazione all’ineluttabile che si impara in pochi mesi di Sudamerica, e risponde: ”Non si può. E’ troppo importante per gli equilibri della squadra”. E dei suoi: cacciare Chilavert equivale a essere cacciati. E provate a chiedere a Maldini perché la punizione dal limite contro la Germania, a dieci minuti dalla fine, sullo 0 a 0, è stata affidata a lui anziché allo specialista Arce; costringendo 4 compagni a presidiare la metà campo vuota, per consentire a Chilavert di tornarsene a passo pesante in porta, dopo aver regolarmente spedito la palla in tribuna. Maldini, che è rimasto in Sudamerica più a lungo di Dossena, non risponde neppure: si limita a levare gli occhi al cielo. Se poi chiedete a Chilavert se non si senta in colpa, o almeno triste alla fine del suo ultimo Mondiale, vi replica scuotendo la collana d’oro da mezzo chilo: ”E chi ha detto che è stato il mio ultimo Mondiale? Tornerò tra 4 anni, da ct”. Al posto di Maldini, appunto. Come primo passo da borghese. Il suo vero obiettivo è più ambizioso: ”Mi piacerebbe fare il presidente della Repubblica”; e non c´è niente da ridere. Programma ovviamente populista: «Non sopporto che tanti paraguayani siano ignoranti, perché così subiscono i torti dei potenti». Ha coraggio, e non solo a parole: nel ’99 rifiutò di giocare la Coppa America, organizzata in casa, per non correre il rischio di riceverla dalle mani del generale golpista Lino Oviedo: ”Non sopporterei di stare sullo stesso palco con chi ha versato il sangue del popolo”. Siccome è una storia sudamericana, è molto amato e molto odiato. Come El Diego. E a lui piace. El Chila è il Paraguay. Nel resto del Sudamerica lo odiano. Dall’Argentina ha dovuto andarsene: lo beccavano in ogni stadio, e lui alimentava l’astio provocando il pubblico. Gli hanno lanciato di tutto, anche un coltello e una bomba carta. Tentò di uscirne emigrando in Spagna, nel Saragozza, ma tornò. Adesso gioca nello Strasburgo. Quelli che lo odiano di più sono gli altri portieri: perché li critica; e perché gli fa gol. E prendere un gol da un altro portiere è atroce. Segnò anche alla Seleccion argentina, a Buenos Aires (1 a 1: l’almanacco non riporta lo stadio, ma lo scenario adatto sarebbe stato il Monumental). E’ stato eletto per due volte miglior portiere del mondo, anche se non lo è. Come ogni vero calciatore sudamericano, sputa. A un giornalista che l’aveva demolito. A un raccattapalle troppo lento (anche ieri si è arrabbiato con un ragazzino coreano che pretendeva di fornirgli un pallone nuovo: le mani e soprattutto i piedi si erano abituati all’altro, e con quello si doveva giocare). A Roberto Carlos: ”Ha offeso il mio paese e mi ha mostrato i testicoli”. Del resto uno che ha avuto come maestro Milutinovic e come idolo Higuita dev’essere così, felicemente folle. Nella sua ultima partita mondiale da giocatore, contro i tedeschi, è stato bravo. Considerata la stazza - dichiara 89 chili, ma li porta male -, cura molto la posizione: più che parare viene colpito; una volta si è anche tuffato. Sul gol di Neuville è rimasto immobile come una statua di sale tipo sposa di Lot. Adesso, fuori dai pali, tanta fermezza gli tornerà utile» (’La Stampa”, 16/6/2002).