Varie, 19 febbraio 2002
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Chirac Jacques
• Parigi (Francia) 29 novembre 1932. Politico. Ex presidente francese (1995-2007). Ha studiato alla prestigiosa scuola di amministrazione Ena. Cresciuto all’ombra di Georges Pompidou, che lo considerava come un figlio, fonda nel 1976 l’Rpr, il partito neogollista. E’ prima sottosegretario, poi ministro e per due volte primo ministro, dal 1974 al 1976 con Giscard d’Estaing e dal 1986 al 1988 in coabitazione con il socialista François Mitterrand. Per 18 anni, fino al 1995, è stato sindaco di Parigi. E’ stato a lungo l’antagonista di Mitterrand, che per due volte lo batté nella corsa all’Eliseo. Il 14 luglio 2002 è sfuggito a un attentato (un estremista di destra tentò di ucciderlo a fucilate) • «Da ragazzo, per pochissimo tempo, aveva venduto per le strade il quotidiano comunista l’’Humanité” e chiesto firme in sostegno dell’appello di Stoccolma contro la bomba atomica.[...] La stoffa, senza dubbio, ce l’ha. Fin da giovane, ha avuto una sola ambizione: sedurre uomini e donne, vecchi e giovani, poveri e ricchi, città e campagne, conservatori e riformisti con l’unico obiettivo di raggiungere il potere. [...] Ha battagliato sempre, contro tutto e tutti. Come i vecchi radicali francesi d’altri tempi è stato un uomo di destra, di centro e di sinistra, a seconda delle stagioni e dei suoi interessi. E’ stato di centro quando si è alleato con Valéry Giscard d’Estaing ed è stato con lui primo ministro per due anni, facendo approvare la legge sull’aborto e aprendo le porte della Francia alle famiglie degli immigrati; è stato di destra nell’86-88, quando fu di nuovo primo ministro e il suo ideale era il liberalismo di Ronald Reagan e Margaret Thatcher; infine, è stato di sinistra nel 1995, quando per sconfiggere il suo rivale moderato, Edouard Balladur, puntò tutte le sue carte sulla ”frattura sociale”, fece promesse mirabolanti ai ceti popolari e dimenticò tutto una volta eletto. Non è fuori luogo definirlo una banderuola. Lo è stato spesso, ma forse bisognerebbe chiamarlo Zelig per la sua capacità di indossare sempre nuovi panni. La sua instabilità e i suoi frequenti cambiamenti di idee sono leggendari [...]. ”I francesi non amano mio marito”, disse una volta sua moglie Bernadette. Aveva torto. Perché nonostante i suoi difetti, è amato dai suoi compatrioti. Amano la sua simpatia, il suoi modi semplici, il suo carisma, la sua fedeltà agli amici. E anche i suoi principi. Anche se ha spesso cambiato idea, non si è mai compromesso con l’estrema destra. Ne ha avuto la tentazione, a quel che si dice, ma l’ha sempre respinta. Un rigore che ha pagato caro politicamente, perché gli ha fatto perdere le presidenziali dell’88 e le politiche del ’97, ma al quale oggi tutti rendono omaggio. A quarant’anni esatti dal suo ingresso nel gabinetto di Georges Pompidou, allora primo ministro, sigilla un percorso politico eccezionale per questo figlio di una coppia piccolo-borghese. In Bernadette Chodron de Courcel ha trovato una moglie ideale, che si è sempre considerata ”al servizio delle sue ambizioni”. E non sono in pochi a pensare che proprio la signora Chirac - popolarissima grazie ad alcune iniziative caritative - abbia dato un contributo decisivo alla campagna elettorale del presidente» (Giampiero Martinotti, ”la Repubblica” 5/5/2002). «Nel 2002 è entrato nella competizione in svantaggio; e in una situazione particolarmente sgradevole, poiché i giudici, ansiosi di interrogarlo su presunte irregolarità finanziarie quando lui era sindaco di Parigi, l’aspettavano all’uscita del Palazzo dell’Eliseo, spogliato dell’immunità presidenziale. La sua lunga vita politica sembrava volgere al tramonto. La disgrazia del suo avversario, Lionel Jospin, eliminato al primo turno, l’ha lasciato unico candidato democratico sul campo; e quindi investito di una missione tanto nobile quanto insperata: difendere i principi della Repubblica di fronte al razzista Jean Marie Le Pen. Questo ruolo, svolto con indubbia dignità, l’ha rilanciato a tal punto da consentirgli di conquistare tutti i veri centri di potere. Anzitutto la maggioranza parlamentare, che gli restituisce le prerogative di cui era stato privato negli ultimi cinque anni, durante i quali l’Assemblea Nazionale era dominata dalla sinistra. Adesso il centrodestra, di cui lui è l’incontestato leader, controlla anche il Senato; più della metà dei 36. 861 comuni (ognuno con un sindaco); dei 100 dipartimenti e delle 26 regioni di Francia. E prevale nel Consiglio Costituzionale.[...] Nella sua lunga vita politica ha interpretato tutti i ruoli. E’ stato reaganiano in economia, poi progressista, poi di nuovi liberista, poi di nuovo il contrario...» (Bernardo Valli, ”la Repubblica” 16/6/2002). «Chirac, diceva Edouard Balladur, è come il Beaujolais nouveau, ogni anno ce n’è uno ”nuovo”. [...] Ma qual è l’ultimo Chirac? Lo abbiamo chiesto a Eric Zemmour, che ha scritto L’homme qui ne s’aimait pas, l’uomo che non si amava, biografia psicanalitica di quest’uomo che è entrato in campagna elettorale sbeffeggiato da mezza Francia come ”Supermenteur”, grande bugiardo, e ne è uscito come un monarca. Ma è davvero il nuovo re di Francia? ”Potrebbe esserlo, ma il suo temperamento è piuttosto quello di un super-premier”, dice Zemmour. C’è però una regina, Bernadette, che s’è inventata tale a dispetto del re. [...] ”Aveva molta paura di perdere. E’ un ansioso di carattere, ma questa volta lo era in modo particolare. Temeva Jospin e non immaginava che si sarebbe invece trovato Le Pen al ballottaggio [...] E’ un professionista della politica e da questo punto di vista un uomo freddo, senza emozioni [...] Il suo sogno segreto, come di molti uomini della destra, è quello di essere amati dalla sinistra. Per lui è stata una fantasia realizzata [...] E’ un uomo che vive blindato, il suo entourage ha fatto di lui un prodotto di marketing politico. Era ministro nel ’67... è passata una vita, ha visto tutto, ha toccato tutto. E’ ormai al di là delle emozioni, tutto è calcolo, non c’è più morale. E’ una specie di mostro, come l’ultimo Mitterrand [...] La Quinta repubblica, così com’è stata voluta da De Gaulle, prevede l’esistenza di un ”re”. Il problema di Chirac era proprio quello di non essere mai riuscito a esserlo. Credo che non lo sarà nemmeno questa volta perché ha smania di fare, è un super attivo e vorrà fare il super-primo ministro che decide tutto”» (’La Stampa”, 18/6/2002). «Per il settantesimo compleanno si è offerto un nuovo partito ed anche un nuovo profilo politico. Non c’è male per un’età che, anche al vertice del potere dove la longevità può essere considerata saggezza, lascia intravedere il viale del tramonto. [...] Per lui il destino non è stato né cieco né baro. Gli ha riservato il più generoso verdetto elettorale nella storia universale della democrazia. inutile cercare un precedente negli archivi. Nessun leader occidentale ha mai ottenuto, come lui, in una libera consultazione, più dell’ottantadue per cento dei voti. Un quoziente da raìs mediorientale o da colonnello africano, nel suo caso ampiamente legittimo e incontestato. [...] Ha poi dovuto dimostrare di aver meritato quel successo offertogli dal destino (e dalla debolezza dei suoi avversari di sinistra). Era tutt’altro che scontato. La delusione poteva avvelenare l’avvio del suo mandato quinquennale. Sull’onda del successo alle presidenziali, ha poi conquistato alle legislative la larga maggioranza all’Assemblea nazionale da cui ha tratto un potere che anche suoi celebri predecessori, quali i monarchi repubblicani Charles de Gaulle e François Mitterrand, gli avrebbero invidiato. Restava tuttavia da superare una prova decisiva. doveva rivelare, nell’esercizio dell’ampio potere conferitogli dal paese, di avere capito l’eccezionalità della sua elezione, e le responsabilità, le attese che ne derivavano. [...] Decano tra i leader politici che contano nel mondo (vale a dire tra i capi dell’esecutivo, quale lui è, di fatto, oggi, nella Quinta Repubblica). Bush, Putin, Hu Jintao, Schroeder, Blair, Aznar hanno meno anni di lui. Al tempo stesso, mentre si colloca anagraficamente in quella venerabile posizione, risulta senz’altro uno dei più attivi, dinamici attori della scena internazionale. [...] Per il suo settantesimo compleanno, si è offerto un nuovo partito e un nuovo profilo politico. Il movimento neogollista, l’Rpr (Rassemblement pour la République), da lui stesso fondato nel ’76 sui resti di un movimento protogollista, si è sciolto per dar vita, attraverso vari passaggi, all’Ump (Unione per un movimento popolare) in cui si raccolgono, per la prima volta, le tre anime storiche della Destra democratica francese: quella bonapartista, quella legittimista e quella orleanista. Vale a dire, in termini attuali, quella gollista, quella centrista (democristiana) e quella liberale. [...] Dopo la sonora sconfitta inflittagli da François Mitterrand alle presidenziali dell’88, alle quali si era presentato come una versione francese del reaganismo (e del thatcherismo), ha preso le distanze dal liberismo di stampo anglosassone e al contempo ha respinto la tentazione di un’intesa con l’estrema destra. Sette anni dopo, nel 1995, ha infine varcato la soglia del Palazzo dell’Eliseo grazie a una campagna elettorale singolare per un candidato della Droite (equivalente in Italia al centrodestra). Nei comizi aveva denunciato la ”frattura sociale”, tra ricchi e poveri, e il ”pensiero unico” in favore di un liberismo taumaturgico. Il discorso si rivelò vincente ma non fu tradotto nella pratica dal primo ministro Alain Juppé, anche perché la congiuntura economica non si prestava alla predicata generosità. Il risultato fu la clamorosa sconfitta alle legislative anticipate del ’97, quando per lui cominciò l’ingrato, difficile quinquennio di ”coabitazione” con il socialista Lionel Jospin, diventato primo ministro. Quelle lezioni gli sono servite. L’hanno cambiato. André Malraux diceva che ci vogliono sessant’anni per fare un uomo. Gli capitava spesso di esagerare. Per fare di Jacques Chirac un presidente, un vero presidente, di anni ce ne sarebbero voluti settanta. Questo dice sorridendo, non senza ironia, un suo ex collaboratore. Il personaggio, giudicato a lungo autoritario, instabile, influenzabile, irriflessivo, avrebbe trovato un equilibrio che un cortigiano in servizio definisce ideale. [...] Il nuovo profilo dello ”chiraquismo” è una sintesi tra gollismo sociale, fedele al ruolo dello Stato, e un liberalismo che continua a definirsi francese, pur ispirandosi per alcuni aspetti a quello anglosassone. Senza dirlo, la Parigi di Chirac non perde d’occhio la Londra di Blair. Per gli osservatori americani, che giudicano le politiche europee attraverso il grado di intervento pubblico, il secondo sarebbe più a destra del primo [...] Alcuni dirigenti dell’Ump preferiscono non definirsi di destra. Si dicono ”non a sinistra”. I valori cui si richiamano sono: ”Libertà, solidarietà, responsabilità, nazione, Europa”. L’ordine può cambiare, secondo le correnti» (Bernardo Valli, ”la Repubblica” 27/11/2002).