Varie, 19 febbraio 2002
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Ciampi Carlo
• Azeglio Livorno 9 dicembre 1920. Politico. Economista. Ex presidente della Repubblica (1999-2006). Laurea in filologia alla Normale di Pisa. Fonda il partito d’Azione a Livorno e prende una seconda laurea in Giurisprudenza. Vince il concorso alla Banca d’Italia, dove percorre tutto il cursus honorum, fino a diventare governatore nel 1979. Nel 1993 lascia la carica di governatore per diventare presidente del Consiglio. Dopo la parentesi del governo Berlusconi, diventa ministro del Tesoro e del Bilancio nel governo Prodi • « stato eletto alle 13.04 di giovedì 13 maggio 1999, al primo scrutinio, con 707 voti. Voto esplicitamente bipartisan, con l’opposizione della Lega Nord e di Rifondazione comunista, oltre a decine di franchi tiratori a cui evidentemente Ciampi non piaceva. C’erano serie ragioni per non farsi piacere l’ex Governatore, volendo. Una personalità facilmente identificabile, partecipe di una cultura azionista, esplicitamente antifascista: diciamo che farselo piacere, per alcune fazioni del centrodestra, era un compito indigesto. Tanto più che il nuovo inquilino del Colle era stato il ministro del Tesoro del governo Prodi, uno degli artefici del risanamento dei conti pubblici in funzione dell’euro, un banditore di Maastricht che aveva impegnato tutto il suo prestigio, nei faccia a faccia europei, perché la grande Germania e la scettica Francia dimenticassero la montagna incantata del debito pubblico italiano, e consentissero l’adesione alla moneta unica dell´homme malade d’Europa. Vecchia storia, l’antipatia di destra. Nel 1993, allorché Oscar Luigi Scalfaro chiamò Ciampi alla guida di un governo tecnico-politico di garanzia, Umberto Bossi aveva irriso l’ipotesi: ”un professore di latino?”, alludendo alla prima laurea di Ciampi, per poi passare a un atteggiamento più possibilista poche ore dopo, in seguito all’incontro personale con l’ex Governatore. Ancora adesso dai banchi del Parlamento si sentono sovente invettive demagogiche di membri della Casa delle libertà contro ”l’euro voluto da Prodi”, accusato di tutti i mali, e si può immaginare l’insofferenza fisica che espressioni del genere devono suscitare al Quirinale, dato che Ciampi è stato il protagonista effettivo dell’operazione-Maastricht. Oppure la concertazione. Spesso bersaglio del governo di centrodestra in quanto ”residuo del passato”, ”gravame iper-regolatorio”, ”remora alla libertà dell´esecutivo”: se non fosse che Ciampi sulla concertazione ha costruito il suo ”metodo per governare” (da cui il titolo di un suo piccolo libro, specchio della sua esperienza di governo nel 1993). ”Ma non bisogna dimenticare”, ripete spesso il presidente, ”che per me la concertazione non era una discussione senza esito: era chiaro a tutti, a me come a Bruno Trentin o alla Confindustria, che alla fine del confronto ci sarebbe sempre stata una decisione”. Salito al Colle, Ciampi ha cercato in tutti i modi di assumere un ruolo di grande sedatore del conflitto politico. Pochi mesi dopo il suo insediamento, si è accorto di riscuotere una popolarità infinitamente superiore a quella di qualsiasi altro rappresentante delle istituzioni. Così alta da richiedere un’interpretazione. possibile infatti che il capo dello Stato non goda di una popolarità politica, bensì di un consenso addirittura pre-politico. riuscito infatti a trasmettere all’opinione pubblica generale, alle famiglie raccolte la sera di san Silvestro, alle folle plaudenti che lo accolgono nelle visite alle cento città italiane, un’idea in certo modo rassicurante. E cioè che fuori dalle stanze intossicate della politica e dell’informazione, fuori dai corridoi del Palazzo, il paese, cioè l’Italia profonda, è molto meno diviso di quanto non venga dipinto dai giornali e rappresentato dagli scontri quotidiani fra i partiti. Nella visione di Ciampi la comunità esiste, è integrata, solidale nel lavoro, negli atteggiamenti, nella cultura democratica di fondo. Per questo il presidente ha puntato larga parte del suo mandato sullo sforzo di accreditare i simboli di questa unità nazionale, dal Tricolore all’inno di Mameli, insistendo su alcune liturgie e su molte cerimonie nazionali, proprio allo scopo di neutralizzare il conflitto politico che in superficie porta allo scontro le due Italie di destra e di sinistra. Tutto questo certe volte si è evoluto in una specie di ovazione corale. Ad Atene [...] per esempio, durante i primi giorni delle Olimpiadi: prima la festa per la vittoria del ciclista Paolo Bettini, un toscano, nella prova su strada; poi il livornese Aldo Montano, un concittadino del primo cittadino, trionfatore nella sciabola, con Ciampi raggiante e nominato sul campo dalla stampa ”presidente portafortuna”. Poche ore più tardi, in occasione di una nuova vittoria della Ferrari nel mondiale di Formula uno, la telefonata sul cellulare di Luca Cordero di Montezemolo, trasformatasi nei telegiornali in un duplice inno alla forza della tecnologia italiana, rivendicazione in duetto che l’Italia ”può farcela”, altro che declino, altro che cassandre. Detto tutto questo, è risultato chiaro fin dal successo elettorale del centrodestra nel 2001 e dall’insediamento di Silvio Berlusconi a Palazzo Chigi che il compito istituzionale di Ciampi non sarebbe affatto stato semplice. Il centrosinistra ha cominciato a guardare con gli occhi spauriti al Quirinale come al luogo della garanzia estrema rispetto agli sbreghi legislativi della Casa delle libertà, soprattutto in materia giudiziaria: giungendo talvolta a una sorta di petulanza vagamente ricattatoria verso il Colle, ”che cosa fa Ciampi?”, ”speriamo che Ciampi dica, che Ciampi faccia, che Ciampi respinga”. Mentre a sua volta la coalizione di governo non nascondeva la diffidenza verso il presidente ”non di destra”, quel cattolico non bigotto che teneva sotto tiro le leggi più insidiose, e che era arrivato a rivolgere un messaggio importante alle Camere in cui aveva riproposto l´argomento spinosissimo del pluralismo dell´informazione come pilastro di una democrazia normale. Senza dire che con un abile lavoro di diplomazia e di moral suasion Ciampi era riuscito a snidare e abbattere i punti più stridenti in termini costituzionali della legge Cirami, contribuendo di fatto a sterilizzarla. E con assoluta sobrietà ha respinto al mittente la prima deprimente versione della cosiddetta ”legge di sistema” del ministro Gasparri, che implicava il riordino del sistema ricalcando gli interessi berlusconiani. [...] A giudicare dall´atteggiamento dei cittadini nei suoi confronti, Ciampi ha ottenuto il suo primo obiettivo. Basta un sondaggio qualsiasi per mostrare come la fisionomia del primo tifoso del Livorno si stagli qualche spanna sopra la testa degli altri uomini politici. Per certi versi, il suo successo personale descrive anche una visibile stanchezza per la guerra tra fazioni politiche contrapposte. Come gli riconoscono le personalità più moderate dei due schieramenti, la popolarità di Ciampi è anche, simmetricamente, un esito della stanchezza intrinseca nel bipolarismo. Cioè nel bipolarismo degli insulti e delle risse. Il presidente è convinto che la politica italiana imparerà il galateo bipolare, nel lungo periodo. Ma è un esperto di economia troppo avvertito per non sapere il lungo periodo può essere troppo lungo per tutti [...]» (Edmondo Berselli, ”la Repubblica” 24/10/2004). «Soffro le decisioni, a volte non ci dormo. Ma quando l’ho presa provo una grande distensione. Raramente ho sofferto dopo. Vedo le decisioni come un momento di liberazione […] Non ho mai fatto veramente politica. Negli incarichi con contenuto politico che ho avuto non ho cambiato modo esteriore di essere. […] Mi dà fastidio la mancanza d’impegno. Vedere persone che sono addette a fare un certo lavoro che non si sono mai domandate a cosa serva il loro lavoro o se il modo in cui lo svolgono potrebbe essere modificato o migliorato. Detesto la risposta ”è sempre stato fatto così” o ”nessuno me l’ha mai chiesto” […] Tengo a essere vestito in modo rigoroso […] Mi chiamano il solitario ma questo è il modo in cui vivo il mio lavoro. Io non amo la solitudine» (Alain Elkann, ”La Stampa” 31/8/1997). «Lo stile del presidente comincia a uscire dal rigido riserbo della moral suasion e dei contatti discreti al Quirinale, assumendo tratti espliciti e più energici. Aiutando l’opposizione nei suoi rapporti con la maggioranza, e quest’ultima nel sofferto dialogo con la minoranza. Con un ruolo talora anche di correzione verso eccessi e sregolatezze dell´esecutivo. Quasi un’azione di contenimento verso un temperamento debordante. Come dire che quando Berlusconi strappa Ciampi ricuce. In politica estera, anzitutto. […] Anche sul fronte interno le circostanze hanno più volte indotto il presidente a verbalizzare correzioni e aggiustamenti di tiro. Nel novembre 2001, nel pieno dell’ennesima tempesta di poteri, un richiamo forte: ”I magistrati sono soggetti soltanto alla legge”, è ”dovere di tutti rispettare i limiti delle proprie competenze”. Qualche tempo dopo, alla vigilia delle nomine Rai e durante lo scontro sul conflitto di poteri, altro duro messaggio: una democrazia sana ”ha bisogno di pluralismo, di voci indipendenti dalle forze politiche e dalle autorità di governo”. Richiami, esortazioni, trasparenti rimproveri. Come quando ha ricordato a Berlusconi che ”chi ha avuto la maggioranza deve saper governare nella dialettica e nel rispetto delle forze di opposizione. Un uomo politico che ha accettato d’essere eletto deve ragionare in questo modo”. […] Di fronte a queste esternazioni così direttamente politiche sembra perfino affievolito il Ciampi impegnato al recupero dell’identità nazionale, alla rilettura della storia patria. Certo, la riapertura del Vittoriano, la ”riscoperta” del 2 giugno. Ma c´è dell´altro. La rivalutazione del 25 aprile (liquidando revisionismi ed estremismi), confermando in quella festa ”il successo della Resistenza e della lotta al nazifascismo, l´inizio della vita democratica della nuova Italia”» (Giorgio Battistini, ”la Repubblica” 13/5/2002). Vedi anche: Massimo Gaggi, ”Sette” n. 51/1997.