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 2002  febbraio 19 Martedì calendario

CIMOLI

CIMOLI Giancarlo Fivizzano (Massa Carrara) 12 dicembre 1939. Manager. Ex presidente e amministratore delegato di Alitalia (maggio 2004-febbraio 2007). Ex amministratore delegato (1996-2004) e presidente (2001-2004) delle FFSS • «Un manager pubblico considerato ”tosto” [...] un ”Enrico Bondi” delle imprese pubbliche, il ”risanatore totale” chiamato in causa nei momenti più drammatici. [...] Figlio di un ufficiale di marina, e secondo molti il piglio militaresco gli è rimasto. Sarà per le prove a cui lo sottopose il padre, che gli fece preparare l’esame di maturità con sveglie alle 6, e interminabili sessioni di studio inframezzate da marce per i campi. Fatto sta che ”da grande”, se ha un impegno di lavoro programmato ci va comunque, anche se malato. Delega molto ai suoi collaboratori. Se si fida, dicono, li lascia fare. Salvo massacrarli se il rapporto si rompe. Frequenta i salotti: non è un uomo tutto casa e ufficio, gli piacciono i buoni ristoranti. E anche se fa di tutto per qualificarsi come ”manager puro”, capisce la politica e sa mantenere i rapporti che servono. Il curriculum professionale di Cimoli è di tutto rispetto. Laureato al Politecnico di Milano con il premio Nobel Giulio Natta. Alla Sir (progettazione impianti chimici) nel ”66; dal ”68 al ”74 alla Snia Viscosa; poi, nel 1985, comincia la carriera di manager come ad di Montefibre. Passa alla Montedison nell’87 a occuparsi di energia, e dopo un ritorno alla chimica dall’87 al 1991, va alla Edison sempre come ad. qui che gli giunge nell’ottobre del 1996 la telefonata di Romano Prodi. Lorenzo Necci era appena stato arrestato nel suo ufficio, le Ferrovie erano in crisi: la scelta del premier - ma anche del suo ministro del Tesoro, Carlo Azeglio Ciampi - cadde proprio su di un manager senza grandi agganci politici. Lo sbarco alle Fs fu scioccante. Come confidò ai suoi collaboratori, appena arrivato ebbe un’impressione terribile: trovò in corridoio gente che giocava a pallone, l’usciera che faceva la calza. Lui decise come prima mossa di ”passare l’aspirapolvere”, e oggi spesso ricorda le giornate in cui convocava nel suo ufficio sfilze di dirigenti per congedarli in terribili colloqui di pochi minuti. Il bilancio, a dire dei più, è positivo: il personale ridotto di 30.000 unità (sempre con accordi); la società riorganizzata in una holding che controlla tante diverse aziende specializzate (lui lo definisce ”avere fatto a fette l’elefante”). E soprattutto, un innegabile recupero di efficienza e i conti finalmente in attivo per tre anni consecutivi. Difficile capire che idee politiche abbia Cimoli. Oggi come oggi qualcuno gli attribuisce una simpatia per Alleanza Nazionale, ma è difficile provarlo, e c’è chi dice che sia piuttosto il partito di Fini a volerselo ”attribuire”. Sicuramente non è di Forza Italia, e in più di un’occasione ha avuto commenti tutt’altro che lusinghieri su di certi esponenti del partito di Silvio Berlusconi, con il quale però ha rapporti ”molto rispettosi”. Per farla breve, Cimoli non sopporta - cordialmente ricambiato - il ministro delle infrastrutture Pietro Lunardi, di cui (si racconta) contesta l’approccio e le amicizie ”affaristiche”. Durissimo è stato lo scontro con il viceministro all’Economia Mario Baldassarri: i due hanno duellato sulla nomina (contestata) alla presidenza della partecipata Sogin di Daniela Scurti, già capo delle relazioni esterne Fs. Baldassarri voleva nominare il suo capo di gabinetto. Buoni sono invece i rapporti con Giulio Tremonti, con Rocco Buttiglione, e soprattutto con Gianni Letta. Ottimi, da sempre, i rapporti con il Presidente Ciampi, attraverso il segretario generale del Quirinale Gaetano Gifuni. Altrettanto consolidato e ”stretto” è il legame con l’ex ministro dei Trasporti, il diessino Pierluigi Bersani. Buono il rapporto anche con Romano Prodi, che spesso incontra a Bruxelles (Cimoli è presidente dell’associazione delle Ferrovie dell’Ue)» (Roberto Giovannini, ”La Stampa” 7/5/2004). «A tirare fuori quel nome, nel 1996, è stato Guido Rossi. Fu lui a parlarne a Carlo Azeglio Ciampi, che allora era ministro del Tesoro. Giancarlo Cimoli a Roma non lo conosceva nessuno, il suo nome non era sulle pagine dei giornali né era di quei manager dei quali si parla nei salotti. Rossi, che era stato presidente della Montedison, lo aveva visto all´opera alla Edison, e si era fatto l´idea che fosse un uomo solido e capace. Ciampi lo incontrò e decise di affidargli le Ferrovie dello Stato. Prodi fu d´accordo. Era l´inizio di ottobre del 1996 e nei corridoi delle Ferrovie circolavano carabinieri e guardie di finanza, che perquisivano gli uffici per le vicende di Necci e di Pacini Battaglia. In più le Ferrovie perdevano più o meno 8 mila miliardi di lire l´anno, e la patata per il governo di allora non era meno bollente di quanto lo sia l´Alitalia per il governo di oggi. Cimoli parla a voce bassa, è calvo e roseo come un cardinale rinascimentale e all´apparenza altrettanto pacato. [...] L´importante, è [...] non avere pregiudizi né il sindacato pregiudizialmente contro, sapendo tutti che o si gestisce un´azienda come il mercato vuole oppure non c´è futuro. Questa logica Cimoli l´ha applicata anche alle Ferrovie, che erano un pezzo di ministero dove non si sapeva neanche quanto costava portare un treno da Roma a Milano. Insieme alla sua squadra l´ha resa un´azienda nella quale i conti tornano e, cosa che in Italia è riuscita a pochi, che ha una grande capacità di investimento. In numeri tutto questo vuol dire che dai quasi 4 miliardi di euro di perdite del 1997 l´azienda è arrivata chiudere in attivo gli ultimi tre bilanci. E vuol dire anche che le Ferrovie dello Stato sono diventate l´investitore numero uno d´Italia con 5,5 miliardi di euro investiti nel 2002 e 7 nel 2003, che diventeranno 8,5 quest´anno. Le ferrovie sono fatte di treni che ci vogliono mesi per costruire e di linee che ci vogliono anni per realizzare. Cimoli ha cominciato nel ”97 e altri raccoglieranno: nel 2005 avremo l´alta velocità tra Roma e Napoli, nel 2006 tra Torino e Novara, nel 2007 tra Milano e Bologna. In questi anni la politica lo ha lasciato lavorare e lui ha saputo tenerla fuori dalla porta. Letta e Tremonti lo stimano, Buttiglione e Fini lo apprezzano, Lunardi e Baldassarri invece non lo amano affatto. Con i sindacati, che erano i veri gestori delle Ferrovie, è stato scontro duro, ma quando Fini ha comunicato che il nuovo presidente dell´Alitalia sarebbe stato lui nessuno ha criticato la scelta» (Marco Panara, ”la Repubblica’ 7/5/2004).