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 2002  febbraio 19 Martedì calendario

CIPOLLINI

CIPOLLINI Mario Lucca 22 marzo 1967. Ex ciclista. Campione del mondo 2002. Professionista dal 1989, ha corso per Del Tongo, MG- Bianchi, Mercatone e Saeco, nel 2002 all’Acqua& Sapone-Cantina Tollo. Ha conquistato al Giro d’Italia 40 successi di tappa, ben 6 nell’ultima edizione. Solo Alfredo Binda, con 41 vittorie, ha fatto meglio di lui. Al Giro d’Italia ha indossato per complessivi 6 giorni la maglia rosa: una nel 1995, due nel 1997, una nel 1999, una nel 2000 e una quest’anno dopo la vittoria in volata nella prima tappa Groningen ( Ola)- Münster ( Ger). Ha vinto per tre volte la maglia ciclamino: 1992, 1997 e 2002. Alla Grande Boucle è andato a segno 12 volte ( nessun italiano come lui), vestendo la maglia gialla per complessivi 6 giorni: due nel 1993 e quattro nel 1997. La sua stagione migliore è stata il 1995 ( 18 successi), mentre l’anno successivo si è imposto, tra l’altro, nel campionato italiano a Monteveglio ( Bologna). Nel 2002 è riuscito a sfatare il tabù della Milano-Sanremo: dopo un lungo inseguimento ha vinto la corsa a lui più cara. Inoltre si è aggiudicato la Gand-Wevelgem, già sua nel 1992 e 1993, una tappa del Giro del Mediterraneo, una della Tirreno- Adriatico, tre della Vuelta. «Da Re Leone a Re del mondo. Cosa volete che sia per Mario Cipollini: il ”di tutto e di più” è diventato il suo motto, la sua regola di vita, prima ancora che la Rai lo scegliesse come slogan pubblicitario. SuperMario è un uomo di mondo, sa adattarsi a tutte le situazioni: in sella a una bici è il più veloce, ma fa la sua figura anche quando sfila con un cappotto di pelliccia e scende senza impacci la scalinata di Trinità dei Monti sotto i riflettori della Tv, in una serata di luglio. Lo chiamano Re Leone, ma è un camaleonte. Con la stessa naturalezza con cui batte gli avversari in volata sa muoversi nel ”jet-set”, fatica sette ore in bici e poi sale sull’aereo privato di qualche suo amico miliardario di Montecarlo e vola in Costa Smeralda, al ”Billionaire” del suo amico Briatore. Vestito da Cavalli, lo stilista che ha disegnato anche la divisa della sua squadra. Quando partecipa ai talk show televisivi riesce a tener botta ai tuttologi di professione, agli intellettuali del gettone di presenza con una naturalezza disarmante, accattivante. un gran gigione: gli piace stupire, però non è mai banale. Donne e champagne, bici e motori (possiede anche una splendia Harley-Davidson) accompagnano la sua vita, ma anche una serietà professionale incredibile: non si resiste 14 anni sulla breccia vincendo 180 gare e diventando campioni del mondo a 35 anni se non si è seri. […] un guascone, ma poi si commuove quando parla del padre Vivaldo, semincosciente su una sedie a rotelle. […] Donne, con loro SuperMario ha un successo incredibile. Lui ovviamente gradisce molto, ci mancherebbe. Sui palchi delle premiazioni e negli alberghi (a volte anche durante il Giro) ne succedono di tutti i colori. Lui è però fedele a Sabrina, sua moglie. […] lontano anni luce dal prototipo del corridore abbrutito dalla fatica e dai chilometri percorsi, quello con la faccia cotta dal sole, con l’abbronzatura disegnata e limitata dalla maglietta da corsa. Quando c’è il sole Cipo tira su le maniche, non rinuncia mai all’estetica. A costo di litigare con i giudici di gara, parrucconi abbarbicati a vecchie tradizioni. Per loro è il diavolo in bici, una trasgressione continua e insopportabile, con quei travestimenti che gli fanno avere tante multe, ma che fanno anche tanta beneficenza» (Walter Gallone, ”Il Messaggero” 15/10/2002). «Al Tour indossò per 6 giorni la maglia gialla di leader, prendendosi 12 tappe, il 7 luglio del ”99 vinse a Blois la frazione più rapida della storia della Grande Boucle (media 50,355 km/h). […] Ha un fisico esagerato, nonostante sia sposato resta il sogno erotico delle italiane, inserito tra i 50 uomini più belli del pianeta. Quando aveva 20 anni, però, si muoveva timido, introverso: il suo ex ct Gregori (che lo svezzò) racconta che delle donne parlava con fastidio. Ora invece ha posato nudo davanti a fotografi di ambo i sessi e quando la parte femminile tra quelli apprezzò ogni sua misura, se ne vergognò prima di ammettere che il complimento più garbato ricevuto avrebbe imbarazzato anche Richard Gere. Sembra eterno, infinito: a 18 anni si laureò campione del mondo nel quartetto juniores, aveva cominciato giovanissimo con Ivano Fanini con cui ha promesso di tornare nell’ultimo anno di carriera. Conosce la riconoscenza, adora i bambini, che preferisce quando c’è da firmare autografi. Nel Giro d’Italia 2002 ha messo insieme 6 tappe, come nessuno mai: sommate alle altre diventano 40, una sola meno del record di Binda (41) che sembrava inattaccabile leggenda. Non ama subire prepotenze, da saloon i duelli dentro e fuori l’asfalto con Abdujaparov, a bastonate finì con Giovanni Lombardi (lo stesso che, diventato amico e compagno di squadra, gli ha tirato la volata mondiale), nel 2000 fu espulso dalla Vuelta dopo aver scambiato lo spagnolo Cerezo per un punching-ball. Per puro caso non subì sorte simile Enrico Lucci, inviato de Le Iene che apostrofò alla partenza dell’ultimo Giro prima che qualche anima pia glielo sfilasse dalle mani, portandolo in salvo. Gli orologi sono la sua passione, la moda il suo chiodo fisso, maniacale l’attenzione ai particolari, ”soprattutto scarpe e cinture”. Il suo look preferito: stivali neri a punta, jeans chiari, camicia bianca e giacca scura, foulard a mo’ di cravatta. Nel club indossa una maglia da corsa che sembra una zebra animata. Quando la presentò, si circondò di vestali in topless. ”Un mondo paludato, gonfio di vecchi schemi”, chiosò in faccia a chi, meravigliandosi, non sapeva che il meglio doveva ancora venire» (’La Stampa”, 14/10/2002). Un velocista, un routier sprinter, un kilometrista […] A pieno diritto si accosta ad altri grandi delle due ruote. Il merito fisico: un nome clownesco: il coraggio che, nel ciclismo, è spesso la virtù che le vale tutte. […] Assomiglia a Rik Van Steenbergen, un atleta magnifico, capacissimo di vincere ”sei giorni” e corse classiche e i mondiali, che sarebbe stato buono per ogni sport. Se fosse nato in Belgio, all’epoca delle spettacolari ”sei giorni” - che allora non erano ridotte a mascherate - sarebbe divenuto anche six days man. […] Non si sarebbe mai incipriato della polvere di carbone, del paesaggio delle miniere: e per sfuggire all’inferno del nord, avrebbe accettato di vincere pure una gara a tappe. […] Testimonia di particolari valori, di una intimità tutta umana: che non teme comunque l’affronto. Polemizza con proprietà. Ha fatto capire a dirigenti, a moralisti, che i corridori non sono stati forse i soli a sbagliare: sono stati sicuramente i soli a pagare. La rovente campagna del doping! […] I suoi scudieri sanno che il capitano arrischia la pelle con disarmante disinvoltura, che è un primo attore della moderna velocità ciclistica, fatta di uno scatto che non finisce in calando ma all’opposto esige una distribuzione delle proprie forze impiegate tutte sulla stessa distanza e alla stessa intensità» (Mario Fossati, ”la Repubblica” 14/10/2002). «Sembra Ganimede, il coppiere degli dèi, rapito alle corse di questo mondo e consegnato definitivamente alle esuberanze dell’Olimpo. Come Ganimede anche Cipollini è di una bellezza assoluta, antica, perfettamente levigata fuori da ogni scoria del passato e da ogni ingiuria del futuro» (Giancarlo Padovan). «Non esitò un istante a fare la cosiddetta scelta di vita, quando ancora ragazzo barattò i libri di scuola con la bicicletta. Certo non immaginava, allora, che a furia di pedalare avrebbe percorso molta strada anche nell’area scolastica, come dimostra la laurea ”honoris causa” che gli è stata conferita dall’Isfoa, istituto superiore di finanza e organizzazione aziendale con sede a Civitanova Marche. Un riconoscimento, va detto, del tutto meritato, visto che la laurea è in scienze aziendali con specializzazione in tecnica della comunicazione. E di comunicatori come lui nel mondo dello sport non se ne trovano molti. Per attirare maggiori attenzioni sul ciclismo (e su di sé naturalmente, perché certi atteggiamenti aiutano anche ad aumentare gli ingaggi...) negli anni si è inventato tutti gli abbigliamenti più strambi. Si è presentato al via delle corse con addosso la maglia di Ronaldo, vestito da Giulio Cesare, con un body-radiografia che segnava costole e ossa... Un giorno alla punzonatura la sua bici si librava in aria sostenuta da tanti palloncini per promuoverne la marca; lanciando nuove calzature fece il verso a James Bond presentandosi al braccio di una bionda e una bruna vistosissime; si vestì da sultano, allungato sui cuscini e circondato da belle donne a seno nudo... Dentro al buffone che spesso diverte i tifosi c’è un cuore grande: perché quel body da scheletro andò all’asta e fruttò 100 milioni a scopo benefico, tanto per dirne una. Un’altra: si ricordò del medico che lo salvò da ragazzino, quando aveva una brutta pleurite ed era in sanatorio, quel medico che un giorno gli disse, sei guarito, puoi tornare in bici, sei più forte di prima, fra qualche anno conquisterai la Maglia Gialla al Tour. La conquistò davvero nel 1993, e intanto il medico era morto di tumore. Appena tornato in Italia, andò al cimitero e mise quella Maglia Gialla sulla tomba. Re Leone, lo chiamano anche così, ha un cuore, e anche molto cervello. Perché altrimenti non si vincono le volate a 70 l’ora sfiorando le transenne; altrimenti non si resta campioni a 35 anni compiuti. Ha una fama probabilmente meritata da gaudente, ma sa separare bene i tempi del divertimento con quelli del lavoro. un vero professionista, quando è l´ora di entrare in forma per centrare gli obiettivi controlla anche il bicchier d’acqua e la vuole alla temperatura giusta. Quell’aria scanzonata nasconde un perfezionista come pochi» (’La Stampa”, 9/5/2002). «Sono salito in bici a 6 anni e non sono più sceso. Quando qualcuno mina la credibilità del ciclismo mi incazzo. Ho dato la vita a questo sport e per colpa di qualcun altro mi considerano solo un drogato? Eh no, non mi sta bene. E mi batto […] Il problema è che noi ciclisti siamo culturalmente limitati, siamo ignoranti, nel senso che non conosciamo le nostre doti e capacità. Non contiamo nulla. Se avessimo un unico modo di pensare e di comportarci, non saremmo arrivati a questo punto. Ma mi dispiace soprattutto un’altra cosa... In questo modo stiamo distruggendo il patrimonio che il ciclismo ha regalato alla cultura italiana. Così manchiamo di rispetto a Coppi e Bartali […] Siamo atleti che hanno la forza di gestire se stessi. Perché, per esempio, non possiamo essere giudicati con lo stesso metro dei calciatori? […] Nel ciclismo ci sono squadre che non meritano di essere professioniste, c’è gente che non ha niente da perdere e quindi si comporta male […] L’accesso al professionismo deve essere più selettivo. Lo sbarramento deve avvenire a livello juniores: se ti beccano col doping, ti fermi lì. A correre sul serio deve arrivare solo gente per cui la bicicletta è vita, non business […] Il ciclismo è fatto soprattutto da gente seria: non sarebbe stato giusto punirla per le fesserie di quattro persone […] Voglio eguagliare Binda e batterlo. che io non mi accontento mai: voglio il Mondiale, voglio correre la Sanremo con la maglia iridata, voglio battere tutti i record al Giro d’Italia...[…] un’eterna lotta con me stesso: a quarant’anni vorrò ancora battere gente che ne ha quindici meno di me […] Come vorrei essere ricordato? Mario Cipollini, quello che gli hanno sempre battuto le mani» (Gaia Piccardi, ”Corriere della Sera” 19/6/2002). «Si mormora che perda la testa per le donne. Come quella volta, Tour del `92, in cui lo attesero invano al traguardo, perchè il suo traguardo lui lo aveva adocchiato alla partenza da Bruxelles, dove stazionava una provocante Miss Belgio. Oppure perde la testa quando il suo mondo lo cancella, quando la tivù offre agli sportivi le volate del Tour ed esalta i suoi rivali. Così lui reagisce d’istinto, come quel 9 luglio 2002, quando attraverso il suo sito annuncia che va in pensione. Non sapremo mai la verità sui motivi che lo indussero al colpo di teatro inscenato quella sera. L’istinto e la rabbia hanno certamente avuto un ruolo, ma qualche maligno sussurra che ci fosse un preciso disegno, dietro. Che in quel modo avrebbe mandato a gambe all’aria la squadra dell’Acqua & Sapone, colpevole di avere sponsor troppo taccagni. E dalle ceneri sarebbe nato un altro team benedetto dall’amico Briatore, ricca sponsorizzazione Renault, garanzia per il Cipo dopo un anno ancora di corse di diventare il manager del team. Ma ci rifiutiamo di credere che l’abbia fatto per i soldi, accomulati già a sufficienza per mantenere la residenza di Montecarlo e la sontuosa villa in Toscana, oltre alle auto di grossa cilindrata e al guardaroba da damerino. Come non sapremo mai la verità sui motivi del ritorno, alla base dei quali c’è di sicuro una rivincita sportiva da consumare contro Zabel, Freire e compagnia, e poi un forte messaggio a quelli del Tour che non l’hanno voluto, e una voglia matta di conquistare la maglia iridata. […] Papà Vivaldo gli appiccicò addosso la voglia di pedalare quando lo portò sul Turchino a veder passare la Sanremo vinta da Gomez nell’82. Faceva molto freddo, c’era nebbia, i corridori erano un impasto di marziani e fantasmi, per il ragazzo quindicenne. ”Voglio diventare come loro”, disse il piccolo Mario a papà ”voglio vincere questa corsa”. L’ha vinta a 35 anni. Non è mai troppo tardi per uno come lui, uno che non si è mai consumato. Per scelta ha fatto sempre e soltanto le volate, anche se il fisico poderoso gli avrebbe consentito di diventare un uomo da Roubaix. Mario Cipollini è un puzzle di logica, furbizia, istinto e sentimento. D’altra parte chi rischia la vita per vincere le volate a 70 l’ora non dev´essere logico, furbo, istintivo, sentimentale?» (’La Stampa” 10/9/2002).