Varie, 20 febbraio 2002
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CLINTON
CLINTON Bill (William Jefferson Clinton) Hope (Stati Uniti) 19 agosto 1946. Politico. Ex presidente degli Stati Uniti dal (1993-2001) • «Scoprì la propria vocazione politica a sedici anni, nel 1962, quando in occasione di una gita studentesca a Washington ebbe la ventura di stringere la mano di John Kennedy alla Casa Bianca. Di quell’episodio mantenne sempre vivo il ricordo e quando presentò la sua candidatura per la presidenza fu a Kennedy che si ispirò – come questi si era a sua volta ispirato a F. D. Roosevelt – proponendo al paese un New Covenant, un nuovo patto in grado di restituire all’America quello sviluppo economico assicurato dalle risorse del paese. Certo, tra Kennedy (e Roosevelt) e Clinton le differenze sono notevoli. I grandi presidenti democratici venivano da famiglie appartenenti all’élite del paese; Bill Clinton ha alle spalle un tirocinio assai duro. Nato a Hope, un villaggio sperduto in uno degli Stati più depressi dell’Unione, l’Arkansas, e benché la sua fosse una famiglia della piccola borghesia, egli parve avere un destino avverso dalla sua parte. Suo padre, un commesso viaggiatore, restò vittima di un incidente stradale prima ancora che egli venisse alla luce e l’uomo che sua madre sposò in seconde nozze si rivelò un violento alcolizzato. Bill dovette intervenire più volte in difesa della madre. Ottenne i pieni voti all’Università dei gesuiti di Georgetown e si diplomò in scienze politiche; una borsa di studio gli permise di passare un anno a Oxford, in Inghilterra. Negli anni della guerra del Vietnam fu tra i giovani che animarono le manifestazioni pacifiste e brigò addirittura per non essere tra i militari inviati nel Sud-Est asiatico. Si laureò in legge a Yale e si dedicò all’avvocatura con un certo successo; partecipò alle campagne elettorali a favore di McGovern (1972) e di Carter (1976) finché nel 1978 fu eletto governatore dell’Arkansas. Non riuscì a ottenere un secondo mandato, ma l’abilità di correggere i propri errori gli consentì di riproporre la propria candidatura con successo: fu rieletto ininterrottamente per cinque volte e nel 1990 i governatori dei vari Stati lo proclamarono ”miglior governatore dell’anno”. Come Kennedy, Clinton è affiancato da una moglie destinata a colpire l’interesse dei media e degli elettori: la sposò mentre ancora si stava laureando a Yale, era una sua compagna di studi, Hillary Rodham, avvocato come lui, dotata di fascino, lavoratrice instancabile e, secondo qualcuno, più ambiziosa del marito: dietro ai successi elettorali c’è sempre stata lei, uno dei legali meglio pagati d’America. Nel 1991 Clinton ottenne senza troppe difficoltà l’investitura del Partito democratico alla Convenzione di New York; abbinato al suo nome ci fu quello di Al Gore, che si rivelerà un vicepresidente dalla spiccata personalità. Alle elezioni Clinton totalizzò il 43 per cento dei suffragi contro il 38 per cento di Bush; l’altro 19 per cento andò ad un terzo uomo, il ricchissimo demagogo texano Ross Perot. L’esordio presidenziale non fu dei più brillanti e il suo smalto rischiò di restare appannato perfino dall’attivismo della first lady, il cui ruolo di suggeritore e di consigliere parve metterlo in ombra. La verità è che è stato costretto a lottare, fin dalle elezioni di medio termine, con un Congresso in cui è cospicua la maggioranza Repubblicana. Ciò gli ha imposto di segnare il passo a proposito dei punti più qualificanti del suo programma, ossia quelli di carattere sociale, tra i quali il piano per la salute pubblica doveva essere il più importante» (Mario Francini, Storia dei presidenti americani, Newton&Compton, 1996). Qual è il successo più grande della sua presidenza? «’La risposta convenzionale credo sia l’economia, l’aver creato 22 milioni di posti di lavoro, l’aver fatto registrare un record nella proprietà edilizia e i tassi di interesse più bassi. Il più grande insuccesso? Sul fronte interno non essere riusciti a varare l’assistenza sanitaria e non aver riformato l’assistenza sociale. Sul fronte internazionale rimpiango il fatto che non siamo riusciti a catturare Osama bin Laden. Mi dispiace anche molto di non essere stato abbastanza capace da convincere israeliani e palestinesi a fare pace” [...] Sua madre finì con lo sposare l´uomo che poi divenne il suo patrigno, Roger Clinton. Era un alcolizzato, un donnaiolo, un violento. ”Non credo che lo avrebbe sposato se prima del matrimonio fosse stato violento - si tratta di qualcosa che è accaduto in seguito. Ma forse si può affermare che a mia madre piacessero i tipi un po’ spregiudicati - probabilmente pensava di poterli mettere in riga. Le piacevano così [...] Potrà sembrare strano, ma non ho mai odiato il mio patrigno. Anche dopo che egli da ubriaco le sparò e la picchiò, anche dopo essere diventato sufficientemente grande da potergli evitare di picchiare mia madre. In fondo in fondo sapevo che era un brav’uomo e non riusciva a tenere a freno il suo problema con l’alcol. Era pieno di demoni che non riusciva a controllare e li lasciava liberi di uscire in modi distruttivi o odiosi. Ho odiato quello che ha fatto, ma non ho mai odiato lui” [...] Bill Clinton ha avuto due padri: il violento Roger Clinton. e Blythe, suo padre biologico, morto prima ancora che Clinton nascesse. ”Mia madre venne qui perché era incinta di me. Lui stava venendo a prenderla, ma rimase ucciso sull’autostrada: una gomma scoppiò sull’asfalto bagnato e lui finì in un fosso del Missouri. Non era ferito, ma svenne e alla fine morì per annegamento. [...] mia madre si sposò cinque volte con quattro uomini diversi, perché sposò due volte il mio patrigno Roger Clinton. Sì, divorziarono e poi si risposarono. Mia madre rimase vedova tre volte. Nella sua vita c’è stata molta tristezza, ma lei è sempre andata avanti”» (Dan Rather, ”la Repubblica” 21/6/2004). «Non so se era davvero uno che tendenzialmente, quando arrivava nei paraggi di una donna, ci provava; ma del cosiddetto Sexgate non se ne poteva più e sulle pretese evasioni erotiche del primo cittadino degli Stati Uniti stava fiorendo un’industria. Monica Lewinski è uscita di scena, mentre lui è rimasto un protagonista della politica americana e del Partito democratico. Ha avuto dalla sua gran parte dell’opinione pubblica, anche se molti hanno criticato il suo comportamento e certe sue discutibilissime interpretazioni dell’atto sessuale. Aveva anche mentito sotto giuramento, tradendo la fiducia dei suoi elettori e il prestigio della Casa Bianca. Ha avuto dalla sua anche Hillary, la moglie, che non solo è un grande avvocato, ma ha anche dato prova di essere una grande donna: si è preoccupata più del presidente, bravo, che dello sposo, banale e libertino» (Enzo Biagi, Dizionario del Novecento, Rai-Eri Rizzoli, 2001). «Senza potere, senza Studio Ovale, senza scandali e praticamente ormai senza Hillary che fa vita completamente separata a Washington in un matrimonio del tutto formale è, nel deserto di leader democratici, il solo, vero antiBush […] Non potrà mai più essere presidente degli Stati Uniti, per esplicito divieto della Costituzione, ed è difficile immaginare che possa accontentarsi di un seggio in Senato o di una poltroncina di governatore o sindaco» (Vittorio Zucconi, ”la Repubblica” 31/7/2001).