Varie, 20 febbraio 2002
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Clinton Chelsea
• Little Rock (Stati Uniti) 27 agosto 1980. Figlia di Bill e Hillary. Il nome viene da Chelsea morning, una canzone del 1969 scritta da Joni Mitchell molto amata dai genitori (Imma Vitelli, ”Sette” n. 8 /1999) • «Gran brutto mestiere quello di figlio. Specie se si hanno fra i 13 e i 20 anni. Specie se si hanno genitori ingombranti. Specie se si è femmine. [...] aspirante medico [...] Se si parlava di lei era solo per raccontare le prodezze del suo gatto Sock, i buoni risultati scolastici, i piccoli riti di passaggio verso l’età adulta (l’ingresso alla scuola superiore; la prima discoteca; la prima uscita serale) o per magnificarne le doti. Se a 14 anni prende in mano una macchina fotografica ha lo scatto così felice che il padre stesso si premura di far pubblicare l’istantanea su ”Esquire” (è la famosa foto di Bill con la mazza da golf nello studio ovale); se a 16 trova il coraggio di aprire bocca in pubblico durante l’annuale Renaissance Weekend, seminario per teste d’uovo frequentato dai Clinton, viene subito definita un’oratrice eccellente; se a 17 si toglie l’apparecchio per raddrizzare i denti, si grida alla nascita del magnifico cigno sulle ceneri - ora si può ammetterlo - del brutto anatroccolo. Solo l’America politicamente più scorretta aveva infranto il tabù Chelsea. Ma sono casi che si contano sulle dita di una mano: un comico televisivo che la definisce racchietta; un settimanale che la mette in copertina con la domanda ontologica: ”Perché le figlie dei presidenti americani sono così brutte?”.; una canzonaccia con l’imitazione perfetta della sua voce che canta rivolta al padre: ”Ti ho sentito al telefono, ho sentito i tuoi gemiti”, mandata in onda da alcune radio locali. Per il resto un vero innamoramento per una brava first daughter che sembrava ripagare il pubblico americano della fatica di dover accettare un presidente piacevole ma sessuomane e una first lady antipatica e pure algida. [...] Non deve essere stato facile per lei trascorrere tutta l’adolescenza alla Casa Bianca, anche se essere ricchi e famosi non è certo peggio per la salute mentale che essere poveri e reietti. Ma ”vivere nella vasca dei pesci rossi”, come diceva la figlia di Dwight D. Eisenhower, Anna, ha anche i suoi inconvenienti. Si diventa ostaggio del paese e della curiosità nazionale, mentre ogni desiderio viene anticipato su un piatto d’argento, e ogni piccola tappa della crescita vissuta con assordante magniloquenza. Se sei la prima ragazzina d’America e t’innamori, come capita a tutte, dell’attore del momento, non puoi mica sognartelo in santa pace allenandoti a quelle salutari ginnastiche del cuore che ti faranno poi amare un uomo in carne e ossa, perché te lo invitano a cena in un batter d’occhio. andata così con Kevin Spacey che infatti ancora si vanta: ”Sono stato sempre ben accolto in famiglia perché ho la fortuna di essere l’attore preferito di Chelsea”. Se hai il primo afflato umanitario verso i poveri del mondo e ammiri da lontano modelli irraggiungibili, ecco mamma Hillary che ti porta con sé in India e ti presenta direttamente Madre Teresa di Calcutta. Se fino a ieri hai sognato i re e le regine delle fiabe, eccoti accolta, in un qualsiasi weekend famigliare, da Juan Carlos e Sofia di Spagna direttamente nel palazzo che fu di Carlo V. Se compi 13 anni e puoi vedere il primo film proibito della tua vita, mica puoi andare al cinema, magari di nascosto, con le amichette, perché te ne viene recapitata direttamente a casa una copia firmata dagli autori (per la precisione: Arma letale 3). Se infine stai pensando di andare all’università e ti guardi un po’ intorno per scegliere, ecco i più prestigiosi atenei d’America (quelli che non ti pigliano sotto i 100 mila dollari e sotto un quoziente d’intelligenza alla Einstein) che fanno a gara per invitarti. Sarà per questo che quando ti decidi, scegli la più lontana da Washington, laggiù in California vicino a Palo Alto, dove però arriverai non in una station wagon piena di scatoloni come tutte le matricole accompagnate dalla famiglia, ma con un corteo di limousine e una scorta di uomini del servizio segreto che mangeranno vicino a te, dormiranno nelle stanze accanto alla tua e sottoporranno alla macchina della verità la tua compagna di stanza, dopo averla estratta a sorte tra le coetanee del campus. Vestiti in jeans e maglietta ti seguiranno in aula e ai giardini, spiando con microfoni e infrarossi anche il tuo primo bacio con l’intemerato Matthew. E alla domenica, papà e mamma scenderanno ogni tanto nel vicino aeroporto militare dall’Air Force One e verranno a messa con te e il fidanzatino [...]» (Stefania Rossini, ”L’Espresso” 7/1/1999). Vedi anche: Benedetta Pignatelli, ”Sette” n. 31-23/2000;