Varie, 20 febbraio 2002
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Coburn James
• Laurel (Stati Uniti) 31 agosto 1928, Los Angeles (Stati Uniti) 18 novembre 2002. Attore. Dopo aver seguito i corsi di recitazione al ”Los Angeles City College”, debutta come attore a teatro e appare in alcuni episodi di celebri serial, come Perry Mason (’57) e Bonanza (’59). I titoli Al cinema si fa notare ne I magnifici sette (1960); sempre con Steve McQueen e Charles Bronson recita ne La grande fuga (1963). Ottiene successo con Il nostro agente Flint (’65), e con Giù la testa (’71), diretto da Sergio Leone. Nel ’99 riceve l’Oscar come miglior attore non protagonista per Affliction. «Aria indolente e disincantata, ghigno quasi satanico, capelli quasi candidi, è stato uno degli ultimi duri di Hollywood. Allevato nel Nebraska, figlio dello spiritoso Charles Coburn, commediante col monocolo [...] Allevato dal teatro universitario e poi dai mitici serial tv di Hitchcock, di Perry Mason, di Bonanza (ci tornerà 10 anni dopo come il detective Sam Spade di Hammett), ha appreso da Stella Adler, uno dei pilastri dell’Actor’s Studio, i segreti di quella flemmatica, cinica, raffinata espressività che metterà a frutto nei migliori film di Sturges, Brooks, Peckinpah, i suoi registi di fiducia. Come gli altri eroi violenti e caparbi della sua generazione Bronson e Lee Marvin, anche lui fece una lunga gavetta da caratterista prima di affrontare il peso del protagonista che arrivò solo nel ’66-’67 con due film dell’agente Flint di Daniel Mann, clonazione parodistica del super agente alla Bond che però nel tempo libero si dedica al balletto classico. Coburn, forse pigro per reggere la storia da solo, era specializzato nei film collettivi, nelle avventure, spesso di guerra, in cui i destini di molti uomini si intrecciavano inesorabilmente. E’ il quieto e terribile lanciatore di coltelli dei Magnifici sette nel ’60, è uno dei prigionieri che evadono dal lager nella Grande fuga nel ’63, il sergente tedesco Steiner della Croce di ferro, il capitano Maddos della Battaglia di Midway, lo scout di cavalleria di Sierra Charriba , il pirata pessimista nel Ciclone della Giamaica, il ribelle irlandese rivoluzionario in Messico in Giù la testa di Sergio Leone, che già l’aveva adocchiato ai tempi dei primi western spaghetti. Doppiogiochista e killer indifferente al bene, poi minacciò la povera Audrey Hepburn in Sciarada di Donen, diede del filo da torcere a Charlton Heston in Gli ultimi giganti e fece a pugni con Bronson in L’eroe della strada; in Rebus per l’assassino è lui a dover trovare il colpevole. I suoi grandi, epici ruoli solitari sono legati a un West ormai al crepuscolo, visto dopo il ’68: il cowboy esistenzialista che nel primo ’900 affronta con Hackman e la Bergen la gara di 600 miglia nel bellissimo Stringi i denti e vai di Brooks; e il Pat Garrett della ”ballata” di Peckinpah musicata da Bob Dylan, indimenticabile ritratto autodistruttivo di un’amicizia virile e pessimista con Billy the Kid, Kris Kristofferson. Attivo anche nella commedia senza particolare risalto (ma gli sarebbe bastato poco a fare il salto nell’humour di cui era portatore sano), girò due film minori di Blake Edwards, il divertente Tempo di guerra, tempo d’amore di Hiller e il satirico La seconda guerra civile americana . E trovò la consacrazione dell’Oscar da non protagonista quando accettò nel ’97 di essere il manesco padre di Nick Nolte nella bellissima tragedia americana di Paul Schrader Affliction, prestazione di altissima classe che suggella, comprende e riassume un’intera carriera con una maschera di nobile, sofferta, antica tristezza» (Maurizio Porro, ”Corriere della Sera” 20/11/2002).