Varie, 20 febbraio 2002
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Colletti Lucio
• Roma 8 dicembre 1924, Venturina (Livorno) 3 novembre 2001. Filosofo. Giovanissimo antifascista, nel 1943 aderì al Partito d’Azione e subito dopo la fine della Seconda guerra mondiale si laureò alla facoltà di Filosofia dell’Università di Roma. Iniziò la carriera universitaria a Messina, quindi ottenne la cattedra all’Università di Roma, dove ha insegnato filosofia della storia e filosofia teoretica fino al ”95. Si sposò in prime nozze con la signora Irina, scomparsa una decina di anni fa, da cui ebbe la figlia Elisabetta. Attualmente era sposato con la psicoterapeuta bolognese Fauzia Gavioli, dalla quale aveva avuto la seconda figlia, Giulia, 17 anni. Studioso di Engels e del marxismo, Colletti dapprima svalutò l’importanza di Hegel in Marx rivedendo poi le sue conclusioni. La sua opera ha dato un grande contributo alla conoscenza e alla diffusione del pensiero di Marx nel mondo. Nel 1974 l’ Intervista politico-filosofica fattagli da Perry Anderson per la New Left Rewiew segnò la rottura definitiva col pensiero marxista. Tra le opere, tradotte in molte lingue, Il marxismo ed Hegel, 1969; Ideologia e società, 1969; Il marxismo e il "crollo" del capitalismo, 1975; Intervista filosofico-politica, 1974; Tra marxismo e no, 1979; Tramonto dell’ideologia, 1980; Pagine di filosofia politica, 1989; La fine della fil osofia, 1999. Negli anni ”80 si avvicinò al Psi e a Craxi. Ma il debutto nella politica attiva avvenne nel ”94 quando entrò nella pattuglia dei professori vicini a Berlusconi e Forza Italia. Nel ”96, poi, accettò la candidatura come deputato per Forza Italia. Fu eletto e riconfermato nel maggio 2001 • «[...] Non era della ”razza di chi rimane a terra”, odiava i distinguo e si buttava. Era un intellettuale italiano che compendiava quasi tutti i vizi del suo ceto, prima di tutto la vanità, ma possedeva l’unica virtù che manca rigorosamente a tutti loro: la spavalderia [...] Fu un pentito, questo Don Giovanni dell’intelligenza? Sì, ma solo nel senso che rifiutava di mascherare il suo viaggio filosofico e umano, il suo errare tra gli errori, e di edulcorarlo. Non era di quei tiepidi che hanno saputo cambiare nome al comunismo senza tradire la sostanza di quell’illusione collettiva, che invece andava obliterata senza pietà. Non cercava rifugio in quell’appartenenza militante che chiamava ”lo sciame”. Era un cattivo maestro fatto e finito, trasgressore di ogni regola corporativa,uno che amava ingaglioffirsi tra la gente come Machiavelli a Sant’Andrea in Percussina, ma non vestiva mai ”panni curiali”. Voltò la gabbana, e prese a sparare dalla parte giusta”» (’Il Foglio” 6/11/2001) • «Mi iscrissi al Pci quando franò il Partito d’Azione. Non potevo stare con Pio XII, perché da parecchi anni ero un miscredente. Restava l’Unione Sovietica, ma già allora avevo tutte le riserve mentali possibili sullo stalinismo [...] Amici a sinistra? Con Michele Salvati e Sergio Sabattini siamo, diciamo così, amici [...] Però il rapporto più simpatetico ce l’ho, almeno apparentemente, poi va’ a capire, con Fausto Bertinotti. Qualche tempo fa ero a cena con Marcello Pera, da Fortunato al Pantheon. A un certo punto entrano Armando Cossutta e Fausto Bertinotti, che ancora non si erano scissi. Io mi alzo per salutare e Cossutta mi presenta: ”Il professor Colletti’, dice. A quel punto Bertinotti mi salta al collo, abbracciandomi e dicendomi che si era formato sui miei scritti’. Nel 1985 esce su ”Repubblica” l’intervista intitolata ”Meglio ladri che rossi’: ”Una mignottata inverosimile. Giorgio Bocca venne da me senza neanche un taccuino. Quando uscì vidi che l’intervista era inventata, incluse alcune domande mai fatte. E il titolo era ”Meglio ladri che rossi’, frase a me attribuita tra virgolette. Bocca mi disse che lui era arrabbiato moltissimo con Scalfari, che, secondo lui, aveva fatto il titolo e aggiunto a sua insaputa domande per le quali aveva scritto anche la risposta [...] E a quest’impresa si aggiunse Biagi. Infatti scrissi subito a Scalfari per dire che non mi riconoscevo in quell’intervista, e davo la mia parola d’onore di non aver mai detto la frase ”meglio ladri che rossi’. Ma Biagi non tenne neppure conto che un professore dava la sua parola d’onore, e fece un pezzetto con quelle sue riflessioni da Geppetto, in cui diceva: eh, questi professori che dicono meglio ladri che rossi e celebrano il furto… Roba da mettersi le mani nei capelli. Dopo quell’intervista incontrai Scalfari a casa di Francesco Rosi, nessuno disse ”ti sfido a duello’, però fu un casino [...] In Forza Italia ho fatto il rompighiaccio per due anni e mezzo, poi ho constatato che il ghiaccio si richiudeva immediatamente e ho venduto il rompighiaccio [...] Quelli di sinistra ogni tanto mi fanno una domanda che mi manda in bestia: ”Ma tu vuoi veramente bene a Berlusconi? Io rispondo sempre: no, voglio bene a mamma mia’”» (Antonello Capurso, ”Il Foglio’ 7/11/2001).