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 2002  febbraio 20 Mercoledì calendario

COLLINA

COLLINA Pierluigi Bologna 13 febbraio 1960. Arbitro. Dal 1991 al 2005 ha diretto 240 partite di serie A e 109 incontri internazionali (fra cui la finale dei mondiali 2002). Miglior arbitro del mondo dal 1998 al 2004. Si è ritirato nel 2005. Dal 2007 è il designatore degli arbitri • «[...] Collina è stato un arbitro inimitabile. ”La mia dote? Decido”. vero: sa andare controcorrente, sempre. La sudditanza psicologica su di lui non ha mai fatto presa: non per niente [...] stava cordialmente antipatico alla Juve (soprattutto per il diluvio di Perugia, nel quale i bianconeri persero lo scudetto del 2000) [...] Lui fischia quello che vede: poco gli importa il colore delle maglie. Per questo, forse, è stato amato più dai club medio-piccoli, che da lui si sono sentiti sempre tutelati. Mai banale, sempre coraggioso: ha fatto togliere gli striscioni (’Casarin pagliaccio”, quando Casarin era il suo capo di allora). Ha spiegato a Hodgson, e poi ai giornalisti, perché aveva annullato un gol a Ganz in Inter-Juve (’96-’97): mai nessun arbitro prima di lui aveva osato parlare. Ha invertito il campo a Foggia per impedire il lancio di oggetti: non previsto dal regolamento ma gli Fifa gli disse bravo. Ha toccato i vertici: finale olimpica ”96, finale Champions League ”99, finale Mondiale 2002, finale Uefa 2004. In campo internazionale, è sempre stato considerato un guru [...]» (Fulvio Bianchi, ”la Repubblica” 19/6/2005). « il primo arbitro della storia a essere diventato veramente un personaggio, quasi quanto un grande campione […] anche un uomo che ha saputo trasformare in qualcosa di positivo una particolare malattia nervosa, l’alopecia, che poco prima dei trent’anni gli ha fatto perdere completamente tutti i capelli e la peluria. Così, promosso da Agnolin, è arrivato alla Can nel 1991 già con il fregio di Kojak del fischietto. […] Internazionale dal 1995, brucia le tappe e per Fifa e Uefa diventa una garanzia: finale dell’Olimpiade di Atlanta 1996 (Nigeria-Argentina 3-2), arbitro dei mondiali di Francia 1998, fischietto della finale di Champions League 1999 (Manchester batte Bayern 2-1 con due gol nel recupero) e negli Europei del 2000. Qui diventa un idolo, i giornali inglesi gli dedicano le copertine scrivendo che è la rappresentazione umana del celebre quadro L’urlo di Munch» (Dizionario del calcio italiano, Marco Sappino, Baldini&Castoldi 2000). « lo Zidane dei fischietti. Forse l’unico che viene fermato per strada. Sicuramente il più intervistato […] ”Anche se qualcuno in Italia la pensa diversamente, non vado in campo con l’obiettivo di essere protagonista. Essere famoso però è bello. Soprattutto è un riconoscimento a tutti quegli arbitri del calcio dilettante che lo fanno solo per passione: la nostra figura non è più odiata da tutti come una volta. Se c’è anche chi paga per usare a fini pubblicitari la nostra immagine ne è un segno […] importante avere più informazioni possibili sulle squadre: conoscerne le caratteristiche tattiche, perché se una fa il fuorigioco o il pressing esasperato, ad esempio, cambia molto il mio movimento in campo. Poi serve conoscere anche le peculiarità tecniche individuali: se un sinistro gioca a destra sai che, ad esempio, sulla trequarti preferisce convergere anziché affondare, tipo Del Piero”» (Emilio Marrese, ”la Repubblica” 31/5/2002). Fu lui l’arbitro della contestatissima Perugia-Juventus dell’ultima giornata del 1999/2000, partita sospesa nell’intervallo per più di un’ora causa un diluvio e poi terminata con la vittoria per 1-0 degli umbri che costò lo scudetto ai bianconeri (vinse la Lazio). «I Mondiali sono davvero affascinanti: peccato però non poterli vivere di più in mezzo alla gente, non poter partecipare alla grande festa. Ma anche noi dobbiamo stare in ritiro, quasi in clausura. Giusto così […] bello dirigere le grandi manifestazioni: lì i calciatori sono attenti a non fare brutta figura, ci tengono molto all’immagine, al fair play, c’è un approccio diverso alla partita... Non dico che sia più facile, o più divertente, arbitrare una gara del Mondiale rispetto ad una partita del nostro campionato. No, questo no. Sono difficoltà diverse, l’arbitraggio deve essere funzionale al gioco, ma è indubbio che da noi ci sono più falli, lo dimostrano inequivocabilmente le cifre, e i motivi sono tanti e diversi. Non farei paragoni, però: io, poi, mi diverto un sacco anche ad arbitrare le partitelle fra ragazzini, sono fatto così... […] Protagonista, io? No, non è così: lo sa bene chi mi conosce. Intendiamoci, però: io sono uno che si prende le sue responsabilità. Non mi tiro certo indietro e credo di averlo dimostrato nella mia carriera. un luogo comune sostenere che l’arbitro migliore è quello che non si fa mai vedere. Dipende dalla partite: se devi dare tre rigori ti fai vedere, eccome […] Mi fa piacere quando un ragazzino mi chiede l’autografo, e non glielo nego mai. Mi sembra una cosa giusta: il calcio esiste anche e soprattutto perché ci sono i tifosi e noi dobbiamo dedicare loro del tempo […] Certo, è capitato anche a me di riconoscere uno sbaglio, ci mancherebbe. Ma credo che il punto importante sia soprattutto un altro: bisogna capire perché hai sbagliato in modo da cercare i rimedi perchè non si ripeta. Questo a me interessa. Ammettere l’errore, non è così determinante se poi si continua a sbagliare... » (Fulvio Bianchi, ”la Repubblica” 9/1/2002). «Ha smesso di essere un arbitro da molto tempo. Alcuni anni almeno. Potrebbero essere due o quattro, nella sostanza è indifferente. Perché è irrilevante stabilire da quando non sia più arbitro. importante capire che cosa sia diventato, perché e attraverso che cosa. Non è stato più un arbitro nel momento in cui è stato definito il migliore di tutti. Un altro si sarebbe accontentato e si sarebbe serenamente consegnato al finale di carriera. Lui no. Ha piegato questo giudizio condiviso al bisogno insopprimibile della nostra èra: non l’essere, non l’apparire, ma il comunicare. Perciò ha comunicato l’idea di arbitro come il marketing avrebbe voluto che fosse. Per esempio longilineo e flessuoso, che già è difficile da trovare. Per esempio calvo e con gli occhi cerulei, che è raro. Per esempio colto e icastico eppure familiare, che è quasi impossibile. Da quel momento di lui si sono tralasciate le straordinarie capacità in campo tecnico-calcistico, forse perché si davano per acquisite. Lo si è percepito come altro: la pubblicità di una marca di orologi in cui filosofeggia sull’entità-tempo; quella di una pay-tv dove recita con Paolo Maldini (anche se la prudenza avrebbe dovuto spingerlo ad evitare quest’involontaria commistione); lo spot dell’Adidas, assai involuto, cerebrale o forse solo infelice, divenuto fonte di sospetti maligni (il suo sponsor è lo stesso di giocatori e squadre che lui ha diretto e dirigerà). La sua designazione alla finale, largamente scontata da quando l’Italia è stata eliminata e la Corea del Sud ha perso dalla Germania, segna dunque il definitivo ingresso di un arbitro, anzi dell’unico che ne possedesse la dimensione politico-simbolica, nello star-system del calcio griffato Blatter. L’occasione, come spesso per i disegni malvagi, cade propizia: ripristinare, al momento dell’epilogo, la credibilità dello spettacolo-giocato; riallacciare i contatti con l’Europa mediterranea delusa e offesa; risistemare il quadro dei favori e delle promesse. Non sarà altro che uno strumento fedele e funzionale. Felice di esserlo, di piacere, di piacersi» (Giancarlo Padovan, ”Corriere della Sera” 28/6/2002). « riconosciuto come numero uno in tutto il mondo tranne che in Italia. Strano, ma è così. Non che la cosa turbi Pierluigi Collina: anzi sotto sotto gli fa piacere perché lui sente personaggio - pur negandolo - e avere qualche nemico illustre, tutto sommato, lo fa ancora più grande. Nemici che non gli mancano soprattutto in casa perché all’estero, risolta la vecchia storia con i cechi (Europeo 2000, partita con l’Olanda), ora lo vogliono tutti, dai turchi agli inglesi. In Italia, invece, ogni tanto cercano di ricusarlo. Nemici che rispondono al nome di Luciano Moggi, Adriano Galliani e Massimo Moratti, tanto per restare a tre grossi calibri e al passato prossimo. Stagione 2001-2002. ”Qui succedono cose strane, due rigori in due minuti è roba da Guiness dei primati”, furono le parole avvelenate di Massimo Moratti. ”Collina il n. 1 al mondo? Non è vero, e se verrà sorteggiato ancora con la Juve toccherò ferro”, fu invece l´ironia di Moggi. La colpa di Collina? I due rigori (che c’erano) per la Roma a Venezia. Roba da scatenare l’ira degli altri due club impegnati nella volata-scudetto. ”Certo, se succedeva a noi chissà quante trasmissioni televisive...”, disse ancora Moggi, che con lui ha sempre avuto il dente avvelenato, sin dalla partita del diluvio di Perugia che costò lo scudetto alla Juventus. Non furono leggere, certo, le critiche dopo il 2-2 di Venezia, tanto che Collina fu congelato per le rimanenti gare-scudetto, per essere poi rapidamente ripescato soltanto su ordine di Carraro. Come si poteva d’altronde mandare in B il n. 1 al mondo? E Adriano Galliani? Pure a lui sta poco simpatico tanto da accusarlo di ”protagonismo” quando annullò un gol di Josè Mari con la Roma all’Olimpico. ”Ha visto una cosa che solo lui può aver visto...”, brontolò l’amministratore delegato del Milan. E l’arbitro n.1 del campionato per un paio di giornate finì ad arbitrare i cadetti (miracoli del sorteggio), dove si guadagna la metà. Non ha tanti amici, nemmeno fra i suoi colleghi arbitri, quelli di vertice, perché gli altri 33.000 sognano di imitarlo: questione di invidia, lui d’altronde non fa gruppo, è un isolato. E guadagna più di tutti, perché in Italia più arbitri e più guadagni. La cosa non andò a genio lo scorso anno a qualche arbitro di rango che ebbe anche a lamentarsene coi designatori. Ma lui è il numero uno. Davvero» (Fulvio Bianchi, ”la Repubblica” 28/6/2002). «Dice che si serve solo di due telecamere, i suoi occhi. Però ama molto stare davanti a tutte le altre. Non gli piace la moviola, ma la tv sì, specialmente in mondovisione. un uomo di polso, infatti reclamizza un orologio. Si indispone quando gli rammentano che per ”assumere” lui hanno ”licenziato” Laetitia Casta, ma non per il paragone, piuttosto perché non ci hanno pensato prima. La cosa più giusta su di lui l’ha detta il turco Senes Erzik, presidente della commissione arbitrale della Fifa: ”Io credo che non sia solo un arbitro”. Infatti non è più solo un arbitro, è un testimonial. Soprattutto di se stesso: è il primo www.fischietto.com, con sito ufficiale e imitazioni del medesimo. All’uomo pelato più affascinante d’Italia (e arbitro più sexy del pianeta per acclamazione femminile) piace studiare il comportamento dei giocatori e la toponomastica degli stadi. […] il primo arbitro-cartone animato (Mic e Mac, la grande avventura del calcio: lui presta la voce a Mac), è il primo arbitro da rotocalco. Certo, le riviste specializzate pagherebbero milioni per vederlo abbarbicato su una bionda procace tra le dune di un isolotto, ma lui è fedele solo alle sue donne, la signora Gianna e le figlie Francesca Romana e Carolina. […] 25 anni fa si mise la casacca nera, allora non c’erano queste assurde tinte fucsia di adesso. Gli sponsor (pare che ”alzi” 500 mila euro all’anno) non l’avevano ancora scoperto, la tv latitava. Il giovane Collina aveva i capelli e studiava economia e commercio. A un certo punto, prima di dedicarsi completamente all’arbitraggio e scegliere una professione (promotore finanziario) che gli consentisse più tempo libero, lavorò nel campo dell’editoria. Di quel periodo gli è rimasta una spiccata sensibilità giornalistica. Il giorno in cui venne comunicato ufficialmente che avrebbe diretto Brasile-Germania, ha rilasciato una ventina di interviste. A ogni interlocutore ha regalato, genialmente, un particolare diverso. Quando arriva nella stanza di un albergo spegne l’aria condizionata e accende la luce. Dipendesse da lui accenderebbe i riflettori degli stadi anche di giorno» (Roberto Perrone, ”Corriere della Sera”, 17/7/2002). «L’azienda da lui diretta e interpretata viaggia in controtendenza rispetto al calcio italiano: produce ricchezza, vive in attivo. La sua pelata è sull’ultima evoluzione della playstation, per girare uno spot l’ingaggio richiesto è di 100mila euro, in uno rimasto celebre l’Adidas lo volle al fianco di Raul e Zidane prima della semifinale di Champions tra Real e Barcellona e in Spagna scoppiò il finimondo perché era già stato scelto per dirigere la sfida. Come arbitro ha vinto lo Slam: finale olimpica (Nigeria-Argentina ad Atlanta ”96), finale di Champions (Manchester-Bayern ”99), finale dei Mondiali (Brasile-Germania, lo scorso anno a Yokohama). Se c’è un match a rischio, eccolo. L’ultima recita è stata Turchia-Inghilterra, a Istanbul: dà un rigore agli ospiti (che c’è ma Beckham sbaglierà), incurante della bolgia dantesca che vorrebbe divorarlo. Da noi è stato testimonial di formaggi, sofficini e carta igienica, ha sfilato a Trinità dei Monti per Laura Biagiotti. In Giappone l’hanno scelto per fare pubblicità alle Tokoyaki, le temute polpette di mare. Ha un sito che cura personalmente (www.pierluigicollina.it), i diritti del suo libro Le regole del calcio sono stati venduti in 9 paesi europei e nei magazzini Harrod’s di Londra gli è stato riservato un intero stand» (Giancarlo Laurenzi, ”La Stampa” 3/12/2003).