varie, 20 febbraio 2002
COMPAGNONI
COMPAGNONI Deborah Santa Caterina Valfurva (Sondrio) 4 giugno 1970. La più grande sciatrice italiana di tutti i tempi. Esordì in coppa del Mondo nel 1987, ultima gara il 13 marzo 1999. La sua carriera è stata rallentata da alcuni gravi infortuni: nel 1988 ai legamenti del ginocchio destro, nel 1992 a quelli del ginocchio sinistro, nel 1995 al menisco del ginocchio destro. Ha vinto tre ori olimpici: Albertville 1992 nel superG, Lillehammer 1994 nel gigante, Nagano 1998 ancora nel gigante, con un argento nello slalom. Tre volte campionessa del mondo: in Sierra Nevada, nel 1996, in Gigante; a Sestriere, nel 1997, in gigante e slalom. Ha vinto 16 prove di coppa del Mondo: tredici giganti, uno slalom, due supergiganti, in totale è salita sul podio 29 volte. «[...] Albertville ’92, oro in SuperG: ”La mia Olimpiade più breve, tutto in due giorni: il trionfo e la corsa all’ospedale con il ginocchio rotto”. Lillehammer ’94, oro in gigante: ”Un sogno. La neve, tanta. Le casette nel bosco. Il rispetto per la natura dei norvegesi. Lì ho davvero pensato: che bello esserci!”. Nagano ’98, oro in gigante e argento in slalom: ”Eravamo isolati, lontani da tutto in un Paese incomprensibile. Avevo l’età giusta e l’esperienza: dal punto di vista tecnico, la mia Olimpiade migliore”. [...] ”Ero in macchina con mio papà, che mi stava portando a una garetta regionale. Ci fermammo in un bar per vedere lo slalom di Lake Placid. No, a quei tempi non mi immaginavo nemmeno lontanamente campionessa di sci: sognavo di vincere il trofeo Topolino, non l’oro olimpico.... [...] a Albertville arrivai in pista così in ritardo, che l’allenatore pensò che mi avrebbero squalificata. [...] a Lillehammer faceva così freddo che tra me e me pensai: facciamo ’sta seconda manche e andiamocene al calduccio [...] paradossalmente, vincere una medaglia ai Giochi è più facile che salire su un podio di Coppa del mondo: gli atleti sono meno, solo quattro per nazione [...] conservo tutti i pettorali della mia carriera, ne ho uno scatolone pieno [...] Papà mi diceva sempre: se hai voglia vai a fare la gara, se poi vinci ancora meglio. Sennò te ne stai a casa. Il segreto è correre senza pressione, come ho fatto io”. Vive con Alessandro Benetton tra la casa di Treviso e la baita di Santa Caterina, colleziona pezzi d’arte contemporanea (’Mi sono appassionata grazie a Ale”), scia nei weekend, muovendo come una ballerina classica le ginocchia di cristallo martoriate dagli interventi, che al freddo scricchiolano paurosamente ma sono ancora capaci di divine geometrie: ”La neve mi dà sempre belle sensazioni”. Se la pista è libera, si butta giù e prende velocità: ”Poi disegno qualche bella curva larga da gigante”. [...]» (Gaia Piccardi, ”Corriere della Sera” 7/12/2005). «A Deborah mancano ottanta centimetri d’intestino: glieli tolse il chirurgo, all’alba degli anni Novanta, intervenendo per rimuovere una gravissima occlusione. Deborah ha le ginocchia di cristallo, opere d’arte dei restauratoru delle cliniche di Lione: il suo infortunio più grave risale all’Olimpiade del ’92. Meribel, un crac crudele, un urlo di dolore che attraversi i televisori raggelò le famiglie italiane [...] L’integralità del prototipo Compagnoni consiste nel progressivo completamento del personaggio. Che dai podi sportivi si è mano a mano trasferito nelle dolci normalità dell’essere e del vivere comuni. E giusto per ciò è diventato sempre più facile tifare per Deborah: una sorella, un’amica, una moglie, un’amante [...]» (Carlo Grandini, ”Sette” n. 5/1998) «Mi piacciono i vestiti, vedere come la gente segue la moda. Nelle città tutti sono vestiti uguali e a me questo non piace. Però non mi sento del tutto a mio agio nel mondo della moda, preferisco quello dello sport. [...] Non sopporto i rumori e la confusione» (Alain Elkann, ”La Stampa” 12/10/1997).