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 2002  febbraio 20 Mercoledì calendario

Biografia di Sean Connery

• Edimburgo (Gran Bretagna) 25 agosto 1930. Attore. Diventato celebre con il personaggio di James Bond, si è poi imposto anche in altre parti. Oscar miglior attore non protagonista per Gli Intoccabili. «[…] il ”più grande scozzese contemporaneo” […] un metro e 91 […] nel ”50 il ragazzo Connery, ancora Thomas, fu terzo a Mr Universo […] l’unico spunto da cronaca pettegola fu uno schiaffo alla prima moglie, Diane Cilento, madre del suo unico figlio Jason; e ci fu un’esplosione di femminismo indignato per le sue affermazioni maschiliste (’non è violenza, uno schiaffo è l’unica cosa che placa certi momenti isterici o capricciosi di una donna”) in seguito ritrattate: ”Sono parole che avrebbe detto Bond, allora mi divertiva esprimermi come il personaggio, un grande seduttore, ma non certo un tipo capace di dolcezza o di grande amore. […] Mio padre lavorava solo saltuariamente, era mia madre che portava avanti la famiglia e io preferivo guadagnare qualcosa consegnando il latte la mattina piuttosto che andare a scuola, detestavo lo studio. Però non sento tristezza al pensiero del freddo e dei disagi di allora, era così e basta, i poveri non hanno tempo per gli stati d’animo, per sentirsi allegri o depressi. Ricordo solo la felicità dei momenti liberi passati a giocare a pallone. A 13 anni ho lasciato definitivamente la scuola e ho fatto mille lavori con in testa una sola idea, forse comune ai bambini di allora: andare in guerra. Sono entrato in Marina a 16 anni, a guerra finita. La mia carriera militare è durata tre anni, stroncata da un’ulcera che mi costrinse a una lunga degenza in ospedale”. Ci sono due tatuaggi sulle spalle di Sean Connery, che riflettono i suoi valori di allora: Mum and Dad e Scotland forever. Valori semplici mai rinnegati, ed è forse nella forza di questo legame con le radici l’impressione di freschezza e di spontaneità che resta da un incontro con lui. […] ”La mia scuola è stata la vita”. Ricorda senza falsi pudori suo padre ”che non è mai venuto a trovarmi in ospedale, non aveva tempo né soldi, ma so che mi voleva bene, l’ho capito quando è mancato, è stata una delle poche volte in cui ho pensato seriamente di lasciare il cinema”. Oppure sua madre: ”[…] non mi ha mai abbracciato, mai un gesto affettuoso. Un po’ per carattere un po´ perché era sempre troppo stanca. Chissà, forse questo ha influenzato la mia vita affettiva e il mio rapporto con le donne”. Scotland forever. Il nazionalismo di Sean Connery non ha mai avuto cedimenti. Anzi, di sir Sean Connery, un titolo che lo inorgoglisce, è il segno di un percorso trionfale, dalla povertà di Edimburgo al successo nel mondo, ma è anche un onore attribuito dalla regina di quell’Inghilterra che ”opprime” la Scozia. ”Quando me l’hanno proposto ho chiesto una settimana per riflettere. Poiché non mi hanno imposto di modificare nessuna delle mie opinioni, né artistiche né politiche, alla fine ho accettato il titolo. […] se si è intelligenti bisogna dimenticare le cose cattive o le occasioni perdute e tenere a mente le cose belle. Solo così si va avanti. La mia vita è un misto di casualità e di fortuna”. La fortuna per esempio è che Broccoli e Saltzman, produttori storici della serie di Bond, non furono d’accordo con Ian Fleming che come interprete del suo eroe voleva Cary Grant o David Niven. Ma dopo i primi minuti di 007 licenza di uccidere, alle parole ormai mitiche: ”Mi chiamo Bond, James Bond”, lo scrittore si ricredette, anzi diede al suo eroe la nazionalità scozzese. ”Sono legato da odio e amore per Bond. Gli devo tanto, tutto, ed è bello sapere che una persona su quattro nel mondo mi conosca per lui. Ma mi addolora pensare che, avendo fatto oltre quaranta film - e alcuni mi sono più cari di altri, come Il nome della rosa o L’uomo che volle farsi re o Indiana Jones - sarò ricordato solo per 007”. anche vero che ”Bond ha significato per me la scoperta del cinema, prima il mio sogno era di fare il calciatore, avrei giocato nel Manchester United se non avessi avuto uno strappo muscolare. […]” […]» (Maria Pia Fusco, ”la Repubblica” 27/3/2005). «[...] non conservo nulla del passato, ho un animo da zingaro, amo spostarmi senza bagagli pesanti [...] ero un bambino che moriva dalla voglia di andare in guerra, poi solo nel ”47, a guerra finita, sono entrato in Marina. E ho scoperto il mondo solo uscendo dalla Scozia [...] mi appassionava il calcio, giocavo sempre, detestavo la scuola, mi piaceva di più consegnare il latte per guadagnare qualcosa, in casa lavorava solo mia madre. Poi ho fatto i soliti mille mestieri, finché non sono entrato in un teatro e ho deciso di provarci. Il cinema è arrivato dopo, con Bond [...] Lo ricordo con simpatia, ma non con nostalgia [...] Mi mortifica l’idea di essere ricordato solo per Bond, ho fatto oltre quaranta film, spero di aver dimostrato qualcosa di più della licenza di uccidere [...] penso che un buon attore abbia una sua specificità, sia unico. Ci sono attori che mi piacciono, alcuni mi ricordano me giovane, la stessa passione e curiosità, come Ewan McGregor o Colin Farrell, ma non li considero eredi [...]» (Maria Pia Fusco, ”la Repubblica” 10/12/2004). «[...] ”Il primo impatto che ebbi col cinema fu un film che vidi da piccolo. C’era un cane, un bambino e un padre. Il padre voleva educare il cane all’obbedienza e il bambino voleva solo giocarci. Ricordo che detestai il padre, ma imparai ad amare il cinema […] Non ho un film preferito tra quelli che ho girato, quando mi rivedo trovo sempre qualcosa che avrei potuto fare meglio. Ci sono film che mi sono più cari di altri perché è bello il ricordo della lavorazione. Indiana Jones, per esempio, con Spielberg e Harrison Ford, è stata un’esperienza molto divertente. Un altro bel ricordo è L’uomo che volle farsi re, con John Huston e Michael Caine in Marocco vivemmo una splendida avventura. […] Il mio impegno politico esprime il mio desiderio insopprimibile dell’indipendenza della Scozia e poiché tutto quello che si fa nella vita influenza il lavoro di un attore, qualche conseguenza negativa c’è stata. Ma finché sarò vivo, lotterò per l’indipendenza scozzese. […] Quando mi hanno proposto il titolo di Sir ho chiesto una settimana per pensarci. E siccome non mi è stato imposto di modificare nessuna delle mie opinioni, né politiche né professionali, ho deciso di accettare il titolo. E nessuno è venuto a togliermelo, almeno finora» (Maria Pia Fusco, ”la Repubblica” 17/2/2001).