varie, 20 febbraio 2002
CORDOVA
CORDOVA Francesco Forlì (Cesena e Forlì) 21 giugno 1944. Ex calciatore. Di Catania, Inter (squadra con la quale vinse lo scudetto 1965/66), Brescia, Roma (Coppa Italia 1968/69), Lazio, Avellino. Due presenze in nazionale. Ex marito di Simona Marchini e Marisa Laurito • « il famoso, discusso, idolatrato, sbeffeggiato, ”Ciccio”, popolare su entrambe le sponde del Tevere dopo un passaggio molto fugace (una sola presenza) nell’Inter di Herrera. Alto, dinoccolato, ma ha piedi d’oro e buona visione di gioco. Solo che non ama allenarsi e i tifosi non mancano di ricordarglielo. Soprattutto quando sposa, per la gioia dei rotocalchi, la bella figlia del presidente Marchini, Simona, futura star televisiva e regista teatrale che ancora oggi dolcemente lo rimpiange, pur definendolo ”un bambino mai cresciuto”. Bernardini lo chiama in nazionale, all’insegna ”del centrocampo con i piedi buoni”, ma colleziona soltanto due presenze. Fa scalpore il passaggio alla Lazio, dove rimane per tre anni» (Dizionario del Calcio Italiano, a cura di Marco Sappino, Baldini&Castoldi 2000) • «Il più popolare giocatore della Roma prima di Falcao [...] era il regista della Roma (’direttore d’orchestra, prego: ha presente Von Karajan?”) [...]» (Gabriele Paci, ”Sette” n. 7/1999) • «[...] Divide il mondo in campioni e no. Lui è con i grandi. ”Lo dico io, ma lo hanno scritto e ripetuto tanti [...] Non ho mai dormito. Da calciatore facevo le cinque nei locali. Non bevevo, mi divertivo. Non mi serviva riposare. Tanto quella Roma giocava per il nono posto. Per l’undicesimo. Magari contro la Ternana o l’Ascoli per non retrocedere. Per quei traguardi potevo anche far tardi e saltare un paio di allenamenti. Bastava. Se avessi potuto giocare per lo scudetto, sarei rimasto a letto anche quattro giorni di fila”. All’età di Totti, capitan Cordova passò alla Lazio. ”Io sono romanista. Non credo che Francesco potrebbe fare lo stesso percorso. Non sarei mai andato, non volevo. Mi hanno costretto. Si comportarono malissimo con me e io per orgoglio, dispetto, puntiglio rifiutai il Verona e scelsi la Lazio. Della mia vita rifarei tutto, anche quello”. Il primo derby da rivale in trance. ”Non mi volevo infilare quella maglia. Ci riuscii nel sottopassaggio. La Lazio mi trattò meglio della Roma, ma per me quella prima partita fu l’unica difficile della carriera. Stefano Pellegrini, mio amico, in campo mi disse: ”Guarda che stai con loro, non la devi più passare a noi...’. Non capivo niente. Vincemmo”. Gol di Giordano, in fuorigioco. Al ritorno, Roma-Lazio 1 a 0 con rete di Bruno Conti: ”Mi stuzzicò De Sisti in campo: ”Lo senti l’inno, canti anche tu...’. Con la Lazio di Vinicio andai in Uefa. Eravamo forti. Wilson, Re Cecconi, Garlaschelli, D’Amico e i giovani Manfredonia, Agostinelli e Giordano. Tre grandi stagioni, ma alla Roma non mi avevano voluto. Ero ancora il più bravo [...] Ma ero ancora il genero del presidente. Via per una decisione uterina [...] Simona non l’avrei mai vista presidentessa. Donna di altra cultura, artista ed estroversa. Non per i conti. Il padre poteva far grande la Roma, ma era una bandiera del Pci, nella città del Papa e della Dc. Quando andò via lui, io giocavo in nazionale, nell’Under 23, e non nella Roma. Poi Liedholm, la ragnatela e arrivammo terzi. Mi impose il Barone. Con lui stavano tutti zitti, perché conosceva il calcio. Calciava meglio di noi e a fine allenamento ce lo faceva vedere. [...] Herrera: lui sì che ha portato novità. Facchetti, un terzino che spingeva, e il modo di attaccare la palla. Io ero troppo giovane per la Grande Inter. Mi hanno dato via. Ma non perché non ero capace... [...] Quando ho sposato Simona non lo feci per soldi come dissero. Sennò lo avrei fatto a Milano... Una grande storia quella con la Marchini. D’amore. Ho cresciuto sua figlia, Roberta che ora è una donna. Ho sposato la Laurito, ma non per scherzo. Un mese e mezzo e via. Troppo diverso da Marisa. Mi sono svegliato e non sono tornato più a casa [...]» (Ugo Trani, ”Il Messaggero” 10/4/2009).