Varie, 20 febbraio 2002
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Coscioni Luca
• Orvieto (Terni) 16 luglio 1967, Orvieto (Terni) 20 febbraio 2006. Politico. Radicale • «[...] da 10 anni lottava contro la malattia neurodegenerativa che lo aveva progressivamente immobilizzato. Un impedimento che non l’ha fermato nella sua battaglia per la libertà di ricerca scientifica, il diritto all’assistenza personale autogestita, l’affermazione dei diritti umani, civili e politici delle persone malate e disabili. Nonostante le avversità e la contrarietà di buona parte del mondo politico. Un impegno tenace e costante fino alle ultime ore. [...]» (Silvio Buzzanca, ”la Repubblica” 21/2/2006). «[...] cattolico, vicino alle Acli, era un promettente studioso di economia, e correva anche la maratona di New York. A 33 anni gli diagnosticarono una sclerosi laterale amiotrofica, la condanna all’immobilità pressoché completa. ”Come se fossi morto - scrisse poi - Il Deserto è entrato dentro di me, il mio cuore s’è fatto sabbia e credevo che il mio viaggio fosse finito”. Poteva lasciarsi andare: nessuno avrebbe mai avuto nulla da recriminare. Poteva diventare un caso umano, o trasformarsi in un semplice problema clinico: poteva, senz’altro. E invece Coscioni scelse di farsi militante politico nella sua compiuta integrità tanto corporea quanto morale. Di sicuro non cercava, come troppi altri, il potere. Anzi, si può dire che tra i vari partiti trovò calda ospitalità solo in quello che dal potere era il più lontano: i radicali. Questi, così poveri di mezzi, ma così ricchi d’inventiva, hanno sempre mostrato una particolarissima sensibilità per le risorse emotive e narrative dei corpi. Ecco: quel ragazzo in carrozzella, incarnava la necessità pressante di un’iniziativa sulla libertà della ricerca scientifica. Lui comprese con lucidità l’occasione: ”Per molti politici e potenti io sono uno scandalo, sono strumentalizzato - ha spiegato una volta - Ma perché non provano anche loro a strumentalizzarne altri, milioni di altri malati come sono io?”. Fatto sta che solo Marco Pannella, al dunque, gli offrì la sua irruenza e l’esclusiva della lotta: mobilitò premi Nobel, lo fece presidente del partito e capolista alle elezioni del 2001. Più che una discesa, disse Emma Bonino, fu quella prova elettorale ”una salita in campo”. [...]» (Filippo Ceccarelli, ”la Repubblica” 21/2/2006). «[...] Cominciò così, era la fine dell’ottobre 2000 e i radicali decisero di eleggere on line il loro comitato di coordinamento. Una lista si chiamava ”Radicali 3000”, da un’idea di Bruno Zevi, che andava oltre il secondo millennio, e a quella lista arrivò una mail di adesione: ”Sono Luca Coscioni, ho 33 anni, vivo a Orvieto. Sono impegnato nella lotta quotidiana alla sclerosi laterale amiotrofica. Il mio programma può essere riassunto in una parola: antiproibizionismo. In particolare, antiproibizionismo nella scienza”. [...] Coscioni s’era presentato nella sua regione, l’Umbria, nella lista Bonino e aveva ottenuto 179 preferenze, ma quella mail gli apre la porta della politica nazionale. [...]» (A. Gar., ”Corriere della Sera” 21/2/2006). «Si allenava per la maratona di New York, quando per la prima volta sentì le gambe di marmo. All’università affascinava le studentesse - aveva sposato una di loro, Maria Antonietta Farina - con la voce che d’un tratto si era fatta flebile, sino a sparire. Cominciò allora la seconda breve vita di Luca Coscioni. Una morte pubblica, messa al servizio della politica e del partito radicale. Un politico senza voce, senza parola, impresentabile in televisione, che parlava con l’accento metallico di un sintetizzatore. Una politica fatta con il proprio corpo, attraverso la propria malattia. In un mondo che non era il suo e che l’aveva respinto, senza dichiararlo, ricorrendo a cavilli e pretesti. Gli unici a trovargli un posto - da presidente -erano stati gli irregolari come lui, gli imprevedibili, i fuori dai giochi: i radicali. Due mesi dopo la prima fitta al ginocchio destro, nell’autunno del ’95, un neurologo scrisse la diagnosi in una busta chiusa, da consegnare al medico di famiglia. ”La busta conteneva la mia condanna a morte”. Sclerosi laterale amiotrofica. Una malattia degenerativa: non poteva che peggiorare. I motoneuroni, le cellule nervose che trasmettono i comandi dal cervello ai muscoli, avrebbero funzionato sempre meno. Respirare, parlare, deglutire, mangiare, le cose più banali si facevano a poco a poco impossibili. ”Come vivere prigioniero dentro un gigante di pietra”. Aveva 28 anni. Racconta Marco Pannella che la prima mail arrivò nella primavera del 2000. ”Avevamo deciso di eleggere parte del nostro consiglio nazionale via Internet”. Coscioni spedì un messaggio, propose una lista, fu eletto. ”L’anno dopo lo volli capolista alle politiche, nel posto che era stato di Leonardo Sciascia. Dissero che lo avevamo strumentalizzato. Rispondeva che era lui a strumentalizzare noi. Non era un testimone; era un lottatore. A trattarlo da malato si arrabbiava come un bufalo. Talvolta qualcuno chiedeva alla moglie se riuscivano a fare l’amore. Lui replicava che tutto il kamasutra magari no, ma comunque se la cavava meglio degli interlocutori curiosi”. Quando perse la voce cominciò a parlare attraverso il sintetizzatore. Coscioni digitava al computer, la voce metallica traduceva il suo pensiero in suoni comprensibili. [...] Per il Vaticano lui non aveva invettive. Semmai, humour: ”Non posso aspettare che i prossimi papi ci chiedano scusa”. Sugli avversari coniava giochi di parole, li chiamava Bindibondi, dalla crasi tra la pasionaria Rosy e il devoto Sandro. Si batteva per l’abolizione della legge 40, in particolare le norme che vietano la ricerca sulle migliaia di embrioni destinati a non uscire mai dai congelatori, se non per essere gettati via. Lo spiegava con pazienza, senza sprecare le parole che gli costavano energia e tempo: ”Le cellule staminali, ricavate da embrioni ai primi stadi di sviluppo, possono essere usate per riparare organi o tessuti danneggiati. Potrebbero curare malattie come l’infarto, il diabete, il Parkinson, l’Alzheimer, le lesioni del midollo spinale, la sclerosi laterale amiotrofica”. La sua la metteva per ultima. Molti cattolici si schierarono dalla sua parte. Altri contro. ”Non posso credere che soffrano per l’embrione. La sofferenza, la compassione per gli altri sono legati a sentimenti, idee, emozioni che si incrociano nel mondo delle persone, non in cellule osservate al microscopio”. A votare per il referendum l’aveva portato di peso la moglie. ”Come un cieco cui viene chiesto cosa prova davanti a un tramonto”. [...]» (Aldo Cazzullo, ”Corriere della Sera” 21/2/2006). «[...] nome, simbolo, persona e figura politica [...] quel ragazzo in carrozzella che è costretto a parlare con un sintetizzatore elettronico e si batte per la libertà di ricerca scientifica [...] è il segno di una volontà, di una lotta, di una speranza, di una possibile guarigione. E lo è fino al punto che i pannelliani lo hanno nominato loro presidente (come già nominarono Tortora) e presentato capolista alle elezioni del 2001. [...] La sua è una storia triste, però anche eroica, e certo istruttiva. Fino al 1999 Luca era un promettente studioso di economia, lavorava all’università, correva anche la maratona di New York. A 33 anni gli scoprirono una sclerosi laterale amiotrofica, era la condanna all’immobilità pressoché completa. ”Come se fossi morto. Il Deserto è entrato dentro di me, il mio cuore s’è fatto sabbia e credevo che il mio viaggio fosse finito”. Poteva lasciarsi andare. Invece rifiutò di farsi caso umano e clinico per divenire militante politico. Più che una discesa, ha detto una volta Emma Bonino, quella di Luca Coscioni fu una ”salita in campo”. [...]» (’la Repubblica” 24/2/2005). «Lo capiscono in pochi, la moglie Maria Antonietta, la madre, i colleghi del partito radicale. ”La vita per me è il superamento dei limiti che la malattia mi sta imponendo”. La vita, e la politica, come sfida. [...] condannato a morire se la scienza non farà progressi nello studio della sua malattia, che è la sclerosi laterale amiotrofica, la stessa che ha colpito il fisico inglese Stephen Hawking. Le speranze potrebbero arrivare da nuove terapie cellulari legate allo studio e all’utilizzo dei cosiddetti embrioni soprannumerari, quelli cioè destinati alla distruzione perché scarto dei programmi di fecondazione assistita. [...] Non è più libero di muoversi, tranne che per quell’unico dito della mano destra aggrappato al mouse del portatile. Chi vuol conoscere la sua storia può leggerla sul sito www. radicali.it. Tutto è cominciato nel ’95. Luca insegnava politica economica all’università di Viterbo. Nel tempo libero coltivava la sua passione, la maratona: ”Dentro la maratona c’è tutto, lungo quei 42 chilometri e 195 metri si nasce e si muore, si ama, si spera e ci si dispera, si piange e si ride. Certe volte mi domando cosa mi tenga in vita. la maratona. l’averla corsa che non mi fa chinare il capo”.Una gamba che non si piega più durante gli allenamenti e la sentenza di un medico, così imbarazzato da metterla in busta chiusa: sclerosi laterale amiotrofica o malattia dei motoneuroni. Paralisi progressiva, inesorabile, della muscolatura volontaria» (Alessandra Longo, ”la Repubblica’ 19/4/2001). Vedi anche: Michele Anselmi, ”Sette” n. 15/2001;