varie, 20 febbraio 2002
COSMI Serse
COSMI Serse Ponte San Giovanni (Perugia) 5 maggio 1958. Allenatore di calcio. Dalla 15ª giornata del campionato 2011/2012 al Lecce. Dalla 28ª alla 31ª giornata del campionato 2010/2011 sulla panchina del Palermo. Dalla 9ª alla 32ª giornata del campionato 2009/2010 su quella del Livorno ecc. • «[...] Dopo aver allenato Pontevecchio (1990-1995) e Arezzo (1995-2000), la carriera spiccò il volo a Perugia (2000-2004), dove portò gli umbri alla conquista dell’Intertoto. Dopo un campionato di B vinto con il Genoa — la squadra fu retrocessa per una combine —, due tappe sfortunate a Udine e Brescia [...] è diventato un personaggio grazie al libro autobiografico L’uomo del fiume (2001) e alle imitazioni di Maurizio Crozza. [...]» (Stefano Boldrini, “La Gazzetta dello Sport” 21/10/2009) • «[...] di sogni ne ha trasformati in realtà parecchi. [...] l’Arezzo dai Dilettanti alla C2. È stato quello il primo sogno della carriera diventato realtà. Anche se forse la vera impresa fu, per lui che veniva da Perugia, entrare prepotentemente nel cuore dei tifosi amaranto. A quella ne sono seguite altre. Un’ulteriore promozione in Toscana (dallaC2alla C1) e poi l’avventura nella sua Umbria, alla guida del Perugia, che ha condotto sino al terzo turno di coppa Uefa dopo aver vinto l’Intertoto senza subire nemmeno un gol. Il personaggio Cosmi, così come ce l’hanno proposto i suoi cappellini e i suoi mille urlacci dalla panchina, è nato in quegli anni. [...] l’amara parentesi aGenova, dove il sogno di una promozione centrata si è trasformato in incubo [...] l’ingresso in Champions League, con il serio rischio di realizzare un’altra impresa onirica: entrare con l’Udinese fra le sedici migliori d’Europa. Serse Cosmi ogni giorno si relaziona con quello che ha costruito, con i posti e le persone da cui viene, e pensa a ciò che ha in mano ora. Ma spesso non si raccapezza. “In realtà non so ancora dove mi trovo e quindi non posso vivere di certezze. Ecco perché per il momento le cose belle che mi capitano sono sogni che si realizzano”. Il legame con il passato è ancora troppo forte. Forse lo sarà sempre. “Io vivo più di umanità che di campo”, spiega sommesso. È quella l’unica sua certezza, quella che non ha i contorni di un sogno ma di una base solida cui appigliarsi. “Lo faccio tutti i giorni. Mi volto indietro, tutti i giorni. È la mia forza, soprattutto nei momenti difficili. Mi aggrappo ai ricordi belli, ai tanti giocatori con cui hovissuto rapporti di amicizia vera. Ma forse questo è anche un mio limite, perché a volte ci faccio troppo riferimento. Mi viene da pensare ‘se ore ci fosse lui...’, ‘con lui questo non sarebbe successo...’ ed è una cosa che non va bene: perché occorre guardare anche avanti”. [...] è ritenuto un allenatore fortunato: a quanti capita di partire dai dilettanti e finire in coppa dei Campioni? “Ho conosciuto diversi colleghi che avrebbero meritato la mia stessa carriera, ma nella vita a volte si riescono a cogliere le situazioni giuste indipendentemente dal proprio valore. La mia unica fortuna è stata aver trovato le persone giuste nei momenti giusti”. I suoi presidenti. Bastioni, Fondacci, poi Ciccio Graziani e Gaucci, tutti “rapporti umani straordinari”. E ci sono parole dolci, sì, anche per Preziosi. “Al di là di com’è andata a finire, gli sarò sempre grato per avermi dato la possibilità di allenare una squadra come il Genoa [...] se uno riesce ad arrivare dove sono arrivato io, significa pure avere la consapevolezza di essersi costruiti con le proprie mani. Io la mia vita non me la sono inventata. Artefice delle mie fortune, insomma”. Costruite giorno per giorno. Day by day, come il nome della palestra che aprì a Perugia. “Il nome gliel’ho dato io, rispecchia la mia filosofia di vita. Nel mio mestiere vince chi riesce a stare in sella più a lungo, un passo dopo l’altro, in un ambiente che ti stritola. Mazzone e Trapattoni sono i massimi esempi, sono riusciti a rimanere in auge per decenni”. [...] Cosmi è un tipo ancorato a terra. Un tipo da cose semplici. Il mattino dopo la vittoria-qualificazione sullo Sporting Lisbona festeggiò scaricando da un furgone i mobili di casa giunti da Perugia. [...]» (Marco Pasotto, “La gazzetta dello Sport” 24/11/2005). «Vedo le partite di Liga, Bundesliga e Premiership e non è che mi diverta tanto. Sarà che sono nato in questo calcio e sono un po’ provincialotto. Mi piacciono solo alcuni aspetti come, ad esempio, il clima degli stadi. All’estero le partite si vivono come una festa: questo lo abbiamo perso. La tensione intorno influisce sulla spettacolarità: giocatori e allenatori da noi sanno che se sbagliano non vengono perdonati […] Se si dovessero legare gli stipendi ai risultati allora io dovrei chiedere l’aumento del 300 per cento e altri come me. Quando [...] guadagnavo 150 milioni all’anno non ho mai letto in prima pagina qualcuno che si scandalizzasse: ero la barzelletta del calcio italiano. Forse ci sono cose così complicate che io non posso capire. Ma ho la sensazione che se le tv non fossero andate in crisi tutto sarebbe come prima. Si diceva che dovevamo fare tutti un calcio più televisivo: e ora?» (Emilio Marrese, “la Repubblica” 17/7/2002).