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 2002  febbraio 20 Mercoledì calendario

COVA

COVA Alberto Inverigo (Como) 1 dicembre 1958. Mezzofondista. A Mariano Comense ha scoperto l’atletica alla quale è stato avviato all’età di 15 anni da Carlo Pozzoli, già azzurro dell’asta. Il primo risultato di rilievo internazionale è stato il quinto posto nei 5.000 ai campionati europei juniores del 1977. Ma la sua prima grande affermazione è la conquista della medaglia d’oro nei 10.000 metri nell’Europeo di Atene ’ 82. Nella stagione successiva ha centrato l’oro mondiale di Helsinki sempre sulla stessa distanza; infine, compie il capolavoro della sua strepitosa carriera all’Olimpiade di Los Angeles del 1984 quando vince ancora la medaglia d’oro. Cova ha conseguito anche brillanti risultati nelle gare di cross e su strada. Tra questi spiccano il secondo posto nella «Cinque Mulini» del 1982 e la vittoria nella Stramilano nel 1983, oltre a una medaglia d’argento nei 3.000 metri agli Europei indoor del 1982 disputati a Milano. «Prima edizione dei Mondiali di atletica e Alberto Cova vince l’oro nei 10.000 metri: era il 9 agosto 1983. Un giorno indimenticabile per Cova. [...] ”Interminabili le ultime ore prima della gara - rammenta - . C’era tensione nell’aria, anche perché avevo vinto gli Europei ed ero il favorito. Io ero convinto di poter ottenere un grande risultato, ma avevo anche rispetto per gli avversari. [...] In quel periodo stavo leggendo un libro giallo, ero in camera con Scartezzini e lui si preoccupava perché mi vedeva troppo tranquillo, lì, sul letto, a leggere. Ma non ero calmo: leggevo per estraniarmi dalle emozioni che mi assalivano. [...] Il libro giallo mi ha portato in una situazione particolare, che poi è successa anche in gara: il killer che uccide l’avversario all’ultimo metro, all’ultimo secondo. [...] All’inizio la velocità non era elevata e la cosa mi rasserenò perché, avendo una volata importante, potevo arrivarci nelle condizioni giuste. [...] Con mia grande sorpresa i giri passavano e la velocità non cambiava. A un certo punto cerco di far capire agli avversari che ci sono anch’io. Mi ritrovo davanti, ma non era una cosa voluta. [...] Gruppo sempre compatto, c’era molta tensione tra noi. Ognuno cercava di intuire cosa potesse fare l’altro. Una partita a scacchi. Non soltanto le gambe, lì conta anche la testa. Io mi stavo concentrando sugli ultimi 400 metri: sapevo che Schildhauer e Kunze erano gli uomini da battere, dovevo inserirmi nella volata giusta. [...] Schildauer mi ha sorpreso! Invece di aspettare l’ultimo giro si lancia prima, esce dal gruppo e passa come una scheggia. Mi ha colto davvero in contropiede, tant’è che mi prende subito una ventina di metri, la mia fortuna è stata che tra me e lui c’erano tre avversari: Kunze, Shahanga e Vainio. vero che la distanza era tanta, ma questi tre atleti avevano creato come una catena tra me e lui, me lo sentivo più vicino. [...] Ultimo giro. Dalla campana in poi Schildhauer correva a una velocità incredibile, Kunze vicino a lui, gli altri due erano il riferimento per il bronzo. [...] Negli ultimi 150 metri mi sono accorto che rallentavano e io producevo una velocità che non era in aumento, ma mi consentiva di guadagnare terreno. In quegli attimi non senti nulla, sprigioni energia, senti solo le gambe che girano a mille e la testa che le spinge per cercare il massimo della coordinazione. stata sempre una mia dote: correre nell’assetto giusto anche ad alta velocità. Non credo di essere stato più veloce degli altri, è stato questo meccanismo di economia delle forze che mi ha permesso di essere più veloce. Corri guardando il traguardo e non più gli avversari. Solo quando ho affiancato Schildhauer, c’è stato un attimo in cui l’ho visto alla mia sinistra con la coda dell’occhio e ho capito che la mia velocità era tale che l’avrei superato proprio sul traguardo. Lì ho alzato le braccia: un’emozione forte. [...] Per un attimo avevo pensato che l’oro fosse impossibile. [...] Sono impazzito di gioia. Sì, proprio io che per tutti ero il ragioniere, sia per il diploma, sia per la condotta in gara”» (Gabriella Mancini, ”La Gazzetta dello Sport” 1/2/2004).