varie, 21 febbraio 2002
CURZI
CURZI Sandro Roma 4 marzo 1930, Roma 22 novembre 2008. Giornalista. Ex direttore di ”Liberazione”, ex direttore del Tg3. Dal maggio 2005 consigliere d’amministrazione Rai. «Telekabul, simbolo di un tg schierato, di parte. Quando Giuliano Ferrara inventò quella definizione spregiativa, per il Tg3 di Alessandro Curzi arrivò un successo travolgente. Curzi il comunista, senza nessuna macchia nel passato, falce e martello fin da quando portava i calzoni corti. Nessun cedimento. [...] ”[...] A 13 anni sono entrato nel Pci. [...] Ero condirettore dal 1976. Nel 1987 scoppiò una grande discussione se potevo fare o no il direttore, come proposto da Agnes e Manca. [...] Dicevano che era troppo compromettente. Giancarlo Pajetta sosteneva che era come entrare nel governo, ma Natta disse sì [...] Facemmo inchieste sulle cooperative rosse. Le dirette da piazza Tienanmen, Scoprimmo e parlammo di Bossi. Il Tg3 era il preferito dai giovani missini. Ho preso il Tg3 al 2% e l’ho portato al 24% di share. Durante la guerra del Golfo una volta superammo il Tg1. Solo l’imbecillità del centro-sinistra smantellò il Tg3 [...] Sono nato nel ”30, da famiglia agiata. Andavo al Tasso, col mio amico Citto Maselli. Lui mi ha portato a certe idee di sinistra. Miti? Piola. La Lazio. Sono sempre stato laziale nonostante tutto [...] I comunisti tifavano Roma. La lazio era la squadra dei fascisti [...] Nel mio palazzo abitavano tutti fascisti. Il 25 luglio 1943 diventarono tutti antifascisti e buttarono dalla finestra tricolori, quadri di Mussolini, orbaci. Per poco non diventai fascista io. Appena arrivai in Rai mi venne subito in mente quella scena. Quando sembrava che stessimo per vincere venivano da me e mi strizzavano l’occhio. [...] Sapevo che il comitato centrale del partito comunista polacco era stato fucilato. Era una delle mie angosce. Ricordo tante passeggiate fatte con Pajetta, l’ultimo anno della sua vita, a discuterne [...]”» (Claudio Sabelli Fioretti, ”Sette” n. 13/2001). «Mi piace la vita e per questo sono un comunista. Gli uomini in partenza dovrebbero essere tutti uguali, poi dovrebbero andare avanti quelli più intelligenti […] Non sono un credente, ma non mi dichiaro nemmeno un ateo. Sono un uomo fragile come miliardi di altri uomini […] Per fare il giornalista ci vuole tanta curiosità, tanta voglia di cercare, di capire e di essere partecipi di tutto. Non capisco il giornalista che dice: di sport non mi intendo, di giudiziaria non so niente» (Alain Elkann, ”La Stampa” 6/12/1998). «Io stavo con Ingrao, ma quando Amendola passava dalla mia stanza, mi dava una scoppola sulla testa, con simpatia: ”Ciao, ingraiano di merda” [...] l’uomo che, ai tempi di Telekabul, chiamavano Kojak. [...] ”Io mica nasco Gandhi: a 14 anni, in mezzo ai gappisti, sparavo” [...]» (Maria Latella, ”Corriere della Sera” 24/9/2004).