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 2002  febbraio 21 Giovedì calendario

Dafoe Willem

• Appleton (Stati Uniti) 22 luglio 1955. Attore • «Una predilezione per i personaggi eccentrici e il record di morti sullo schermo, ha spaziato tra generi, ruoli e registi molto distanti far loro. Platoon 1986 Il film che ha fatto interrogare l’America sulla guerra del Vietnam, e ha reso il regista Oliver Stone una star. È anche quello con cui Dafoe si è imposto al grande pubblico. Grazie al sergente Elias, antimilitarista un po’ spinellato. Con Stone tornerà a lavorare nell’89, interpretando il reduce paralizzato di Nato il 4 luglio. L’ultima tentazione di Cristo 1988 Sofferente, tormentato, poi condannato e torturato, per Martin Scorsese Dafoe è un Gesù di Nazareth da scandalo. Che in croce vagheggia di negarsi al sacrificio e vivere concedendosi a Maria Maddalena. Mississippi Burning - Le radici dell’odio 1988 Razzista del Ku Klux Clan nel Mississippi del ’64. Dafoe, tenace e idealista agente dell’Fbi, indaga in coppia con il ben più navigato e pragmatico Gene Hackman. Regia di Alan Parker. L’ombra del vampiro 2000 Calvo, magrissimo e assetato di sangue, Dafoe è un terrificante signore della notte, che nella Germania del ’21 il regista Friedrich Wilhelm Murnau (Malkovich) assume come protagonista di Nosferatu. C’è chi dice che il maestro del cinema tedesco si stia ancora rivoltando nella tomba. Spider-Man 2002 Dal fumetto della Marvel, l’eterna lotta tra Bene e Male, versione ragnatele ed effetti speciali. Dafoe è il perfido Green Goblin, degenerazione dell’uomo d’affari Norman Osborn colpito da un gas nervino. Soccomberà all’eroico Uomo Ragno-Tobey Maguire» (“L’Espresso” 18/11/2004) • «È uno degli attori più presenti di Hollywood. [...] Dafoe ha dato vita a outsider indimenticabili. Lo aveva capito Sergio Leone, dopo averlo visto nel ruolo del tormentato Gesù in L’ultima tentazione di Cristo di Martin Scorsese: “Questo non è il volto del nostro Signore”, aveva detto il grande regista: “È il volto di un serial killer”.Protagonista del teatro off Broadway (ha fondato l’eccentrico Wooster Group di New York), Dafoe si è imposto nel cinema con Platoon di Oliver Stone (1986): per il ruolo dell’eroico sergente Elias era stato candidato all’Oscar. Nel 2000 arriva la seconda nomination per il ruolo di Nosferatu in Shadow of the Vampire di Max Schreck. Anche se l’Oscar non l’ha ancora vinto, Dafoe è un attore versatile, tanto impegnato e cerebrale, quanto capace di incursioni fra generi opposti. Cattivo da cartoon in film a grande budget (come Speed 2 e XXX 2); ambiguo depresso e afflitto, come lo spacciatore di Light Sleeper [...] in film a basso budget e indipendenti. Riservatissimo, Dafoe ha sempre mantenuto un profilo basso. La sua vita è priva di scandali. Per oltre vent’anni ha vissuto con la sua partner del Wooster Group, Elizabeth LeCompte, da cui ha avuto un figlio. [...] Beve esclusivamente tè alle erbe, è vegetariano, è un assiduo praticante di yoga. “Sono il tipo della porta accanto, se alla porta accanto c’è un mausoleo”, dice di sé con ironia. [...] “In genere io non scelgo un film solo dal copione, guardo il regista, la gente coinvolta, l’avventura del progetto. È raro che sia un copione ad affascinarmi [...] Fin dall’inizio ho scelto di fare film sempre diversi uno dall’altro, di non identificarmi con questo o quel ruolo. Se avessi avuto un enorme successo sono certo che mi avrebbero offerto solo un certo tipo di film, mentre il segreto della longevità è fare tante cose diverse. Ma paghi un prezzo: raramente sei la prima persona cui pensano per qualsiasi cosa” [...]» (Silvia Bizio, “L’Espresso” 18/11/2004) • «È identificato con personaggi cattivissimi o buonissimi: il sergente di Platoon, Gesù nell’Ultima tentazione di Cristo di Scorsese... “In genere mi offrono ruoli da tipo poco rassicurante, non sono così bello da poter essere un eroe romantico. Ma mi piacciono gli outsider che, essendo fuori dalla norma, sconvolgono le certezze, le mie e quelle degli spettatori, costringono a pensare, a riconsiderare cose date per scontate”.[…] Da 25 anni ha la sua Woostel Company di teatro a New York. “Fa parte della mia vita. Siamo insieme da sempre, ogni tanto qualche attore cambia, ma quattro sono sempre gli stessi. È un approccio speciale ai testi, classici o scritti per noi, usiamo la fisicità e le teconologie moderne, siamo spesso in tournée, siamo stati anche all’Elfo di Milano. Amo il cinema, ma il set è una famiglia che si scioglie, la compagnia è una famiglia che resiste al tempo […] Sono cresciuto con sei sorelle, adoro le donne, credo di essere uno dei pochi uomini ad avere solo amicizie femminili. Il direttore della mia compagnia è una donna, ed è anche la persona con cui vivo da 25 anni […] Non ho mai pensato alla regia, mi diverte di più l’irresponsabilità dell’attore, la libertà di abbandonarmi all’immaginazione e al dialogo con me stesso, senza dover decidere per gli altri”» (Maria Pia Fusco, “la Repubblica” 11/7/2002) • «Mah. Io mi sento un attore molto fluido, uno la cui faccia può perfino esser dimenticata dal pubblico, ma il cinema per sua natura tende a cristalizzare gli attori. Del resto se uno non è un bel ragazzino romantico, in principio di carriera, o viene usato per essere l’antagonista dell’eroe, o fa figure di contorno, da caratterista. Tra le due, meglio fare il cattivo […] Certo la banalizzazione non mi lusinga, ma anche interpretare sempre il bravo ragazzo senza conflitti può essere noioso» (Simonetta Robiony, “La Stampa” 11/7/2002) • «Ha cominciato la sua carriera di attore in un capolavoro sfortunato, e la sua prima apparizione sullo schermo venne bloccata sul nascere da una risata lunga e irrefrenabile. Non si trattava neanche di un vero e proprio ruolo, e la sceneggiatura non prevedeva per lui alcuna battuta, ma Willem Dafoe era entusiasta di lavorare con il regista del Cacciatore in un western che avrebbe raccontato uno degli episodi più drammatici e inquietanti della storia americana. Il perfezionismo estenuante di Michael Cimino e le lentezze infinite sul set dei Cancelli del Cielo avevano sfiancato tutti i componenti della troupe, e in una notte di ripetizioni e cambiamenti impercettibili Dafoe sfogò la propria stanchezza con uno scoppio di risate, che dapprima sconcertò il regista, e quindi lo mandò su tutte le furie. Cimino lo aveva fortissimamente voluto per il suo volto da angelo caduto, e si era reso immediatamente conto di un talento che meritava ben più di una comparsata, però quella risata offendeva non soltanto il suo orgoglio ma il film che stava tentando di completare contro l’intera Hollywood, e con il quale avrebbe voluto ridefinire il genere western. Dafoe venne cacciato dal set tra le urla [...] “Non posso dire che mi sia comportato con grande professionismo, ma ero giovane, inesperto e un po’ sconsiderato. Su quel set si respirava un’aria che non ho mai più visto: un misto di tensione e sacralità, di perfezionismo e ossessione, e Cimino era l’unico a sapere cosa volesse, ma si guardava bene dal parlarne con gli altri”. Chi pensa che questa ricostruzione sia solo un alibi deve ricordare che stiamo parlando di un film che causò il fallimento di una major gloriosa come la United Artists, e che sul set il regista invitò le attrici che interpretavano il ruolo di prostitute ad esercitarsi realmente nel mestiere più antico del mondo. [...] quell’avvio traumatico ha pesato non poco su una prima parte di carriera in cui veniva scritturato perennemente per ruoli da “villain”, meglio se sadico e senza la minima ombra di scrupolo o pentimento. Da quando è arrivato a New York dalla cittadina di Appleton nel Wisconsin (è il luogo che ha dato i natali a Joe McCarthy e Harry Houdini) ha espresso tenacemente la volontà di sperimentare nuovi linguaggi recitativi, privilegiando in un primo momento il teatro sul cinema: è uno dei fondatori di un’istituzione di culto come il Wooster Group, ed è riuscito a conquistare un pubblico estremamente variegato con spettacoli che vanno da The Hairy Ape di Eugene O’Neill, nel quale si esibiva nudo, a To you birdie!, basato sulla Fedra di Racine. [...] dedica molto tempo al teatro d’avanguardia, e tra gli attori statunitensi è quello che alterna con maggiore efficacia il lavoro nelle grandi produzioni mainstream a memorabili interpretazioni nel cinema indipendente. Dopo l’incidente dei Cancelli del Cielo ha interpretato un piccolo ruolo in The Hunger di Tony Scott, ma la scoperta della qualità della sua recitazione si deve a due tra i registi più interessanti tra quelli nati negli anni Ottanta: Kathryn Bigelow, che lo volle come protagonista in The Loveless, e Walter Hill, che lo scritturò come perfido antagonista in Streets of fire, nel ruolo di un personaggio chiamato Raven, il corvo. [...] “[...] Vivere e morire a Los Angeles: mi trovavo di fronte a William Friedkin, uno dei registi che avevano rivoluzionato Hollywood dopo il crollo dello studio system, e ricordo che rimasi colpito dalla sua assoluta padronanza del mezzo cinematografico. Friedkin aveva realizzato Il braccio violento della legge e L’Esorcista, ma nell’ambiente era noto in particolare per le scene di inseguimento. Il film ne prevedeva un paio, e ricordo il disappunto nello scoprire che non partecipavo a nessuna delle due”. In Vivere e morire a Los Angeles, Dafoe interpreta la parte di un falsario perverso e leggendario, che sfoga nel crimine le frustrazioni procurate da malriposte ambizioni artistiche. “Mi resi conto che non si trattava di un qualunque film di genere quando lessi il modo in cui era presentato il mio personaggio, chiamato Rick Master - racconta come se dovesse ancora studiare il ruolo -. In una delle scene iniziali incendio un quadro subito dopo averlo completato. Viene spontaneo da chiedersi: Rick è consapevole di non avere talento? O c’è qualcosa di perfino più profondo e inquietante: è consapevole della fallacia del talento? Si tratta di un personaggio complesso, che nasconde una voragine di tormento dietro la sua spietatezza e la sua perversione”. Con quel film Dafoe rubò la scena al protagonista William Petersen ma il grande successo, e la prima candidatura all´oscar, arrivarono l’anno successivo quando Oliver Stone ebbe l’intuizione di scritturarlo finalmente against type in Platoon. Furono in molti ad obiettare che era impensabile prendere un attore con un volto così diabolico per un personaggio assolutamente positivo come il sergente Elias, ma Stone si ricordò della descrizione di “angelo caduto” dell’amico Cimino e dimostrò quanto possa essere efficace sorprendere le aspettative dello spettatore. Tre anni più tardi, Martin Scorsese portò questa intuizione alle estreme conseguenze, e lo chiamò ad interpretare addirittura Gesù. Le infinite polemiche che accolsero L’ultima tentazione di Cristo non intaccarono la reputazione dell’attore e [...] l’interpretazione di questo Cristo umano, troppo umano, riesce a trasmettere tutte le angosce di un regista che sente il richiamo del messaggio evangelico mentre vive il tormento di una natura violenta e dalle passioni incontrollabili. “Lavorare con Scorsese è una gioia ed un privilegio: è sorprendente vedere come riesca ad ottenere delle interpretazioni straordinarie dando una quantità minima di informazioni ai propri attori [...] Nella mia vita mi sarei aspettato di tutto, ma non di interpretare Gesù, specie in quel momento della carriera”. La scelta di Scorsese cambiò radicalmente la sua immagine, e nel giro di pochi mesi venne chiamato in Mississippi Burning da Alan Parker per un ruolo di poliziotto probo che cerca di calmare gli eccessi del partner Gene Hackman. E poi in una serie di ruoli positivi, addirittura di vittime: un uomo internato in un campo di concentramento in Triumph of the spirit, un reduce del Vietnam in Nato il 4 di Luglio ancora una volta con Oliver Stone. Per tornare ad interpretare ruoli diabolici ci volle l’ironia di John Waters in Cry Baby (il credit di Dafoe nei titoli di testa è “guardia odiosa”), e quindi il genio visionario di David Lynch che in Cuore Selvaggio gli affidò il personaggio malefico di Bobbi Peru dopo averlo truccato con denti marci e sopracciglia cespugliose. “Un altro grande regista che sa ottenere il meglio dando poche indicazioni [...] Io ricordo solo che continuava a sorridere, e che quando si divertiva significava che era buon segno. Una volta, in una scena di prova con Laura Dern, mi misi a cantare le mie battute e fui bloccato da un urlo. Per un attimo mi venne in mente quanto era successo con Cimino, ma David invece era assolutamente entusiasta: decise di girare la scena, ed è un peccato che poi non l’abbia montata”. L’alternanza tra ruoli diabolici e messianici convinse molti altri cineasti della duttilità del suo talento, e da quel momento ha cominciato ad interpretare personaggi segnati sempre da forti personalità, ma certamente meno estremi, come il Thomas Stearn Eliot di Tom & Viv, lo scrittore della Notte e il momento ed il personaggio denominato Caravaggio nel Paziente inglese. “Minghella appartiene a quella razza di registi che ti mettono la mano sulla spalla e parlano nell’orecchio [...] è l’opposto dei cineasti che urlano, ma non per questo è meno motivato o competente. È un uomo tenero e gentile, in particolare con le attrici”. [...] nelle Avventure acquatiche di Steve Zissou di Wes Anderson ha l’intelligenza di interpretare un personaggio totalmente privo di carisma, che tuttavia dimostra una commovente abnegazione nei confronti del suo capo. Gli appassionati di aneddotica cinematografica sanno che questo attore dai lineamenti estremi e dal corpo incredibilmente agile (pratica lo yoga quotidianamente) è il primo ad essere mai stato candidato all’Oscar per aver interpretato un vampiro (Shadow of the Vampire) ed è probabilmente la star che ha collezionato sullo schermo il maggior numero di morti violente: oltre ai film citati, la lista si può estendere a Speed 2, eXistenz, Spiderman, C’era una volta in Messico. [...]» (Antonio Monda, “la Repubblica” 8/5/2005).