varie, 21 febbraio 2002
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Davids Edgar
• Paramaribo (Suriname) 13 marzo 1973. Calciatore. Dal 2010/2011 al Crystal Palace. Con l’Ajax ha vinto la Coppa Uefa del 1992, Champions League, Coppa Intercontinentale e Supercoppa Europea nel 1996, nel 1996 perse la finale di Champions League contro la Juventus, squadra con la cui maglia vinse poi gli scudetti 1998, 2002, 2003 ma perse la finale di Champions del 1998 contro il Real Madrid e quella del 2003 contro il Milan. Con l’Olanda è stato 4° ai Mondiali del 1998, terzo agli Europei del 2000 e 2004. In Italia ha giocato anche con Milan e Inter. 8° nella classifica del Pallone d’oro 1998, 18° nel 2000, 26° nel 1999, nomination anche nel 1996 • «Nonostante i tre scudetti e le innumerevoli vicissitudini (dalla squalifica per doping alla pioggia di cartellini rossi) passate insieme, El Grinta non è mai stato un rappresentante dello stile Juventus, tutto salamelecchi e dichiarazioni soporifere. Anzi il suo carisma, oltre che sullo svellere i palloni dai piedi degli avversari e sulle fenomenali progresssioni e sui tiracci, era basato su un caratterino difficile in campo e fuori (da qui il soprannome Pitbull) ed è esploso principalmente con gli spot pubblicitari di una marca d’abbigliamento sportivo dove Edgar faceva il fenomeno col pallone. Era arrivato nell’estate `96 al Milan come uno dei principali artefici della coppa intercontinentale dei lancieri ma si era subito intristito tra Milanello e dintorni, giocando spesso fuori posizione in una mediana rossonera che funzionava poco. Dopo 19 partite sole in quasi due stagioni, nel dicembre `97 il passaggio alle zebre e la rinascita, dopo le solite becere accoglienze degli avversari con buu buu a ogni pallone toccato. Piazzato davanti alla difesa, l’olandese con treccine intercettava chiunque capitasse nel suo raggio d’azione con tackle interminabili e una volta ripreso il pallone, dettava i tempi del contropiede con estrema velocità. (ed era amatissimo pure dai giocatori del Fantacalcio, la sua media-voto sempre elevata, anche se spesso sporcata da ammonizioni e cartellini rossi). Anzi anche i suoi compagni dovevano guardarsi dal suo incendiario temperamento (e un suo famoso pugno a Balleri in un Juve-Lecce di qualche anno fa mise fine a un parapiglia di giocatori). Anche il suo distacco dalla Juve sembra essere uno di quei tackle lunghissimi dove Davids tornava ripetutamente sull’avversario fino a rubargli il pallone per sfinimento. Nel 2000 è stato operato improvvisamente di glaucoma (una pericolosa malattia legata alla pressione interna dell’occhio che porta alla cecità) e da allora ha indossato un paio di occhiali “da motociclista” per difendersi da eventuali pallonate o colpi agli occhi, occhiali diventati un marchio di fabbrica tanto che il suo ultimo sponsor aveva intenzione di metterci il logo sopra. Una lunga ombra, però, accompagna uno strano episodio “italiano”.Nella primavera del 2001 viene trovato positivo al nandrolone. La difesa del giocatore produce una documentazione che attesta l’assunzione di sciroppi e medicinali per il glaucoma che potrebbero contenere le sostanze incriminate (peccato che, negli stessi giorni, venga trovato positivo anche Frank De Boer, suo compagno di nazionale in Olanda-Turchia giocata pochi giorni prima). E perciò Davids se la cavò con soli quattro mesi di squalifica. Poi la rottura» (Flaviano De Luca, “il manifesto” 13/1/2004) • «Un tipetto da trattare con estrema attenzione. Perché, raccontano quanti lo conoscono o l’hanno frequentato, è capace di tutto. Tutto davvero. In campo e fuori. Nel bene e pure nel male. Non conosce le mezze misure: prendere o lasciare. Intrattabile, per certi versi. Irreprensibile, per altri. Un personaggio, comunque. Anzi: un doppio personaggio. Il Davids calciatore è una cosa; il Davids uomo un’altra, diametralmente opposta. In campo, una belva leale. Fuori dal campo, troppo spesso una belva assolutamente sleale. Uno sempre pronto a misurarsi con il prossimo, con qualsiasi mezzo e in qualunque modo. Nessuno, ad esempio, ha dimenticato quando a Milano, una sera come tante di parecchi anni fa, la sua Porsche nera venne tamponata da due cileni un po’ alticci e lui scese dalla macchina e in un attimo li mandò entrambi all’ospedale più vicino con le mandibole spaccate dai pugnidiferro spuntati in un lampo sulle sue mani. A Torino, inoltre, non hanno dimenticato, e mai lo faranno, di quella volta che se la prese con un cronista, reo di aver scritto sul proprio giornale che all’olandese era nato un figlio. “La mia vita privata non ti deve interessare”, gli urlò in faccia Edgar. Il fatto colpì, e non poco, anche i suoi compagni di squadra, che scoprirono la novità solo attraverso il giornale: volevano fargli un regalo per il nuovo arrivato, ma non sapevano come l’avrebbe presa. Così, rinviarono di qualche mese la consegna del pensierino per il pupo e alfine glielo diedero mischiandogli un po’ le carte. Nulla a che vedere, però, con la vicenda giudiziaria che ancora lo vede coinvolto per via delle botte rifilate alla moglie, la modella Sarah H., arrivata al punto di denunciarlo alla polizia olandese con accuse pesantissime. “Voleva strangolarmi”, ha dichiarato la signorina al giornale olandese “Der Telegraaf”.L’altro Davids, il calciatore, nasce a Paramaribo nel Suriname e arriva ad Amsterdam in tenera età. A dodici anni viene tesserato dall’Ajax e con l’Ajax vince poi tutto, dagli scudetti olandesi alla Coppa dei Campioni fino alla Coppa Intercontinentale. È il cocco di Van Gaal, l’attuale allenatore del Barcellona: questi lo guida in campo e soprattutto fuori, obbligandolo a frequentare il college dell’Ajax. Seguito minuto per minuto sia sul campo di gioco che nelle strade di Amsterdam, Edgar cresce giorno dopo giorno e in breve tempo s’impone all’attenzione generale. E comincia a farsi due calcoli...Così, alla scadenza del contratto con il club di Amsterdam (giugno 1996), il passaggio a zero lire al Milan che lo riempie di soldi. Un acquisto voluto da Fabio Capello, già in odore di Real Madrid. Esperienza sfortunata, rovinata dall’infortunio (frattura di tibia e perone) rimediata in una partita a Perugia (febbraio ’97). Messo alla porta dal Milan, ma non da Capello - che intanto era rientrato in Italia - finisce durante il mercato invernale alla Juventus in cambio di 8,5 miliardi di lire. “Dissi ai miei dirigenti di non cederlo ad una squadra italiana - ricorda Capello - ma non mi hanno dato ascolto...”.Ma il Milan, per ovvi motivi, fu quasi “costretto” a venderlo all’amica Juve. Una sorta di regalo di Galliani alla Vecchia Signora. Il primo anno di Davids con la maglia bianconera è addirittura devastante: da solo, o quasi, riesce a tenere a galla la squadra e, alfine, a guidarla alla conquista dello scudetto ai danni dell’Inter di Ronaldo. A centrocampo, Edgar interrompe il gioco aversario e riparte a velocità impressionante verso la porta avversaria, trascinandosi dietro compagni e avversari. Imprendibile. Una forza della natura. Un giocatore unico, nel suo genere: strepitosa forza fisica e alta qualità. Un “Pitbull”, come lo aveva ribattezzato Van Gaal all’Ajax. In Olanda, in una squadra che giocava il 3-3-1-3, Edgar giostrava nella seconda linea, o da centrale oppure spostato a sinistra con accelerazioni terrificanti in verticale. Nella Juventus del primo Lippi gioca da centrale di centrocampo, talvolta da quarto a sinistra garantendo copertura alla difesa e aiuto all’attacco. Nell’agosto del ’99, viene operato per la seconda volta all’occhio sinistro (la prima nel ’95), in questo caso per un glaucoma che lo costringeva a non giocare perché per farlo avrebbe dovuto utilizzare un collirio considerato dopante. Torna in campo ai primi di settembre, con la maglia dell’Olanda, e per la prima volta gioca con gli occhialini neri. E segna un gol letteralmente fantastico dopo avere dribblato cinque avversari. A proposito: cliccando sul suo sito internet www.DavidsShrine.com si possono acquistare quegli occhialini, al costo di circa 95 dollari. E anche le sue scarpe, firmate da una multinazionale statunintese. Il suo rapporto con la Juventus comincia ad incrinarsi subito dopo la positività per nandrolone (e conseguente squalifica). Un colpo inatteso, per lui. “Ho sempre condannato coloro che fanno uso di sostanze dopanti. Considero persi quegli atleti che cercano un aiuto chimico e che vanno contro le regole dello sport. Io non ho mai fatto ricorso a certe sostanze perché danneggiano il mio corpo. Ho un corpo solo, non voglio rovinarlo perché il corpo è la casa della mia anima”, disse pubblicamente. Il suo stupore legato a quella positività non si è ancora placato. E, conoscendolo, mai si placherà. Lippi, una volta tornato alla Juve, non lo considera più titolare inamovibile, così lui non si fa pregare per parlare apertamente di cessione. “Se qui non gioco, vado a giocare da un’altra parte”, il suo slogan. Non sopporta l’idea di star fuori, di fare la riserva: lui è uno che “deve” giocare per star bene. Un agonista puro. E basta seguirlo in allenamento per capire la faccenda: per lui non esistono amichevoli, neppure nelle partitine in famiglia. Mai con il freno a mano tirato, lui. A Torino arrivò quasi alle mani con Pippo Inzaghi per un contrasto durante un innocuo cinque contro cinque. Ma la rottura arriva in occasione della gara di Champions League contro il Deportivo la Coruna: Lippi lo manda in panchina, poi lo spedisce in campo ma lui nel giro di pochi minuti rimedia due “gialli” che gli costano l’espulsione decretata dall’arbitro Frisk (quello di Roma-Galatasaray). E alla Juventus costano l’eliminazione. Negli spogliatoi, Lippi lo riprende a muso duro: ma che hai combinato?! E lui: ma che hai combinato tu, che hai mandato in campo una formazione sbagliata. Il tutto davanti alla squadra intera. Un autentico affronto, per Lippi» (Mimmo Ferretti, “Il Messaggero” 26/6/2002) • «Irascibile e tenero, scontroso e capace di slanci inaspettati. Il Braccio di ferro con le treccine […] Non legò con nessuno al Milan, a parte i connazionali Reiziger e Kluivert, divenne un corpo estraneo al resto della squadra e venne emarginato. “Una mela marcia” lo definì Costacurta, uno dei suoi nemici, dopo l’episodio che lo vide coinvolto in una rissa con un automobilista a Milano. Se ne andò dopo l’ennesima lite con Capello, l’allenatore che adesso sta facendo l’impossibile per portarlo alla Roma, a conferma che nel calcio si dimentica in fretta. Arrivato alla Juve legò con Zidane, ragazzo dal carattere diametralmente opposto al suo. Un’amicizia dettata dalla stima reciproca in campo. Davids e Zizou si capivano con un’occhiata, parlavano la stessa lingua calcistica. C’era una solidarietà tutta particolare. Molto significativa sotto questo aspetto la doppia espulsione dei due giocatori nella partita di Coppa con l’Amburgo. Zidane rifilò una testata a un avversario dopo un fallo subito, pochi minuti dopo Davids vendicò l’amico e pagò a sua volta con il rosso. Andato via il francese, il suo punto di riferimento è diventato Montero: stessa indole guerresca, e feeling anche fuori dal terreno di gioco. […] In realtà non è un corpo estraneo in un gruppo molto compatto come quello bianconero, tuttavia incute timore e rispetto. […] In Italia ha collezionato 12 giornate di squalifica, frutto di raptus agonistici incontrollabili» (“La Stampa”, 5/8/2002).