Varie, 22 febbraio 2002
DE CRESCENZO Luciano
DE CRESCENZO Luciano Napoli 20 agosto 1928. Scrittore. «Capita a volte di sentir dire che è un uomo assai simpatico e uno scrittore quasi inesistente. Ma per pensare questo occorre non conoscere né l’uomo né lo scrittore. Chi conosce l’uno e l’altro sa infatti che è vero il contrario: l’uomo è pressoché insopportabile, mentre lo scrittore è eccellente. Che l’uomo sia molto simpatico può immaginarlo soltanto chi lo abbia visto e sentito parlare in qualche talk show televisivo. Coloro che lo conoscono di persona, compresi quelli che più gli vogliono bene, sanno invece che per sopportarlo ci vuole molta pazienza. Giacché lui, ogni volta che incontra un amico, non riesce mai a parlare che di se stesso e i propri libri, dei quali non manca mai di evocare, con raffiche di cifre favolose circa le copie vendute in Italia e all’estero, la strepitosa carriera nel mondo. Che come scrittore valga poco è invece un’idea scaturita dall’efficacia congiunta di due micidiali passioni: l’invidia, che intossica il vasto popolo di quegli autori di ogni genere e lignaggio che i dispettosi numi del mercato letterario si ostinano a torto o a ragione a escludere dall’eldorado delle tirature miliardarie; e lo snobismo, che istiga al disprezzo legioni di scrittori che, essendo al tempo stesso grossolani e schifiltosi, non possono sottrarsi al pregiudizio secondo il quale successo e qualità sono per definizione incompatibili. Del resto, di essere un vero scrittore accade a volte di dubitare anche a lui. Dev’essere proprio per questo che il successo planetario dei suoi libri è il solo argomento di cui davvero gli piace parlare. Può darsi, cioè, che De Crescenzo non smetta mai di evocarlo proprio per esorcizzare il sospetto che una fortuna così sfacciata potrebbe essere immeritata [...] Della sua prosa limpida e leggera lui dice sempre che gli costa inimmaginabili sudori. Ma la fatica, se c’è, non si vede. E certo è anche per questa sua dote di cancellare ogni sforzo che è riuscito a conquistare dappertutto armate di lettori [...]» (Ruggero Guarini, “Panorama” 2/7/1998). «Di fronte al palazzo dove abito c’è una casetta chiamata “Casetta degli anziani”.Quando scendo, la mattina, li vedo arrivare: alcuni si appoggiano al bastone, quasi tutti sono piegati in due. E io mi dico: “Così non ce voglio arriva’”.Ho amici addirittura super intelligenti che hanno 92 anni, come Norberto Bobbio, come Rita Levi Montalcini: anche loro, fisicamente, non è che se la passano bene. L’organo che funziona più di tutti è il cervello. Se qualcuno mi chiedesse: “De Cresce’, ma tu, fino a che età vorresti campare? Dì un numero. Dì un numero”.Se potessi decidere, forse direi 85. Comunque: o 80 o 85 o 90, ho già vissuto quasi il 90 per cento della vita. Sono come uno che ha avuto quattro settimane di ferie e ne ha consumate tre. Ce stanno pochi giorni, eh? Mannaggia la miseria...[…] Eeeh… Tre-quattro volte al giorno ci penso e dico: “Oh, e se dopo non c’è niente?”.Perché le due domande fondamentali della vita sono: Dove stavamo prima? Dove andremo dopo? E queste due paroline: prima, dopo, hanno a che vedere col tempo. Quindi, prima di capire la vita, bisogna capire che cos’è il tempo […] Sant’Agostino, il mio filosofo preferito del Medioevo, nelle sue Confessioni dice a Dio: “Signore mio, sono stato troppo un peccatore nella mia gioventù per pretendere di andare in Paradiso. Ma non sono nemmeno così cattivo da dover finire all’Inferno. Avrei bisogno di un luogo di mezzo, dove attendere ed espiare, per poi raggiungere in Paradiso i miei amici più buoni”.Sant’Agostino è stato l’inventore del Purgatorio. Io, ove mai esistesse l’aldilà, non potrei che andare in Paradiso. Perché credo di non aver commesso nemmeno un peccato. Mai. Il peccato è uno solo: fare male a qualcuno e fare soffrire. Se tu non hai mai fatto male a nessuno, volontariamente, e non hai fatto soffrire, non hai commesso peccato. Dirò al Padre Eterno: “Signore mio, come lei sa, non ho fatto peccati”.Basta vedere il film Il cielo può attendere per capire che dovrei andare diretto in Paradiso. Sant’Agostino dice anche: “Io so che cos’è il tempo. Ma, se qualcuno me lo chiede, non glielo so spiegare. Il passato non esiste più. Il futuro non esiste ancora. Il presente, come separazione tra due cose che non esistono, come fa a esistere? […] Non esistono il passato, il presente e il futuro. Esistono: il presente del passato, che è la memoria; il presente del futuro, che è la speranza; il presente del presente, che è l’intuizione. Io, con le parole, ti posso spiegare tante cose. Ti potrei addirittura spiegare l’esistenza di Dio e dell’aldilà. Ma non arriverei mai alla dimostrazione. Posso soltanto aiutarti. Nel mio bagno, sopra la vasca, ho un dipinto: riproduce, sulle mattonelle, il disegno di una tomba di Pestum. Si vede un uomo che, da un muro, si tuffa. Dove si tuffa? Nell’immortalità. Sta andando nell’aldilà con gli occhi aperti. Al mattino, quando faccio i miei bisogni (ride), uno sguardo all’aldilà glielo do […] Non sono credente. Esistono le persone che hanno la fede, e le invidio. Non posso decidere: da domani mattina l’avrò anch’io. Io sono dubitante: ho sostituito il verbo credere col verbo sperare. Spero che ci sia qualcosa, ma non lo so […] La morte mi scoccia. Se è come spegnere la luce, non mi spaventa affatto. Mi spaventa il dolore, per cui sono un sostenitore dell’eutanasia anche per quelli che stanno bene […] Invidio, ti ripeto, quelli che hanno fede, perché mi sono accorto, a cominciare da mia madre, che vivono gli ultimi anni, e anche gli ultimi istanti, meglio di come non li vivrò io, che dubito. Mamma era talmente sicura di quello che avrebbe trovato, che ha vissuto benissimo le ultime ore […] La prima voglia è rivedere i miei genitori. Se dovessi fare una scala di preferenze, chi metto al primo posto? Mamma. Poi papà: è morto 40 anni fa, m’ha visto ingegnere. Gli direi: “Papà, sai?, non ho fatto più l’ingegnere. Ho fatto lo scrittore”.“E che si’ scemo, te metti a fa’ lo scrittore?”.“Papà, facendo lo scrittore si può guadagnare pure un miliardo se un libro va bene”.Papà direbbe: “Un miliardo? E che cos’è un miliardo?”, perché lui non sa nemmeno la parola (sorride). Al terzo posto non ho dubbi: vorrei incontra’ Federico Fellini, perché gli ho voluto un bene dell’anima. Ci si vedeva la mattina, alle sei e mezza, in piazza di Spagna e andavamo a prendere il cappuccino insieme. Mi ha lasciato telefonate... Ne ho una, registrata, te la faccio senti’, che mi vale più di tutte le recensioni che potrei avere dai giornali. Se dovesse scoppiare un incendio, prima di scappare, salvo questa cassetta: “Ciao Luciano, sono Federico... Ho letto subito il tuo libro: l’ho letto d’un fiato. Hai questa qualità straordinaria di essere proprio amico del lettore… È una lettura coinvolgente, come i romanzi di Simenon, che uno non può certamente lasciarli a metà. Hai scritto un racconto tenerissimo e crudele che mi ha confermato questo tuo talento e questa tua vocazione: di metterti immediatamente sotto braccio col lettore. Sei proprio bravo. Spero comunque di vederti e di dirtelo a voce, guardandosi negli occhi... Ti volevo dire bravo. Ciao, Luciano. Ti richiamerò. Ciao”.Quando uno ha avuto una telefonata così, eh?, che me ne fotte dei critici. Allora poterlo rincontrare... Per me i tre esseri umani più importanti sono, nell’ordine: Fellini, Socrate e Gesù […] Non metto in dubbio che sia esistito un uomo che si chiamava Gesù, che diceva le cose importanti che ha detto e che sia stato crocifisso: per l’amor di Dio. Credere che sia risuscitato, beh... Dire che è il figlio di Dio mi sembra superfluo, perché siamo tutti figli di Dio. Cioè: Dio o c’è o non c’è. Se c’è, è il padre di tutti. Gesù è stato importante. Come Fellini. Come Socrate» (Luigi Vaccari, “Il Messaggero” 10/6/2002).