22 febbraio 2002
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DelBello Rolando
• . Nato a Roma il 26 ottobre 1925, morto il primo gennaio 2002. Ex tennista. «L’ultimo di una gloriosa squadra di Davis che raggiunse, tra il 1949 e il ’52, due Finali Interzone, come si chiamava allora l’unica semifinale, disputata sul terreno della detentrice, che attendeva senza giocare la finale. Quella squadra era formata da Cucelli, da Canepele, e dai fratelli Marcello e Rolando Del Bello, che avevano lasciato le stagioni migliori, se non la pelle, nel secondo conflitto mondiale. Generazione d’anteguerra, passarono il testimone a Gardini e Merlo, che saldarono insieme a Pietrangeli e Sirola un irripetibile decennio per il tennis italiano. Era il più giovane dei fratelli, Rolando. Papà Oberdan, gestore e allenatore di un circolo romano, costringeva i figli a riprovare i loro colpi di fronte a uno specchio, sicuro che a miglior stile corrispondesse miglior rendimento. Ancora piccolo, Rolando fu travolto da un vagoncino di un’impresa edile, e salvò a stento la caviglia destra martoriata. Su quell’improbabile sostegno raggiunse incredibili risultati, senza mai lagnarsi dei limiti di una malferma deambulazione. Pian piano rosicchiò punti e classifica al fratello maggiore, sino a batterlo in una finale degli Assoluti a Palermo, che Marcello terminò in lacrime: fiducioso nel diritto di primogenitura, aveva creduto che Rolando gli avrebbe fatto omaggio del match. Era il 1950. Difficile dire dove sarebbe giunto senza la menomazione quell’ometto, che raggiungeva a stento il metro e settanta, e parlava di se come di ’Rolando ’o Zoppo’, mentre gli amici l’avevano ribattezzato ’Ercolino’, per qualche somiglianza con un personaggio di un giornale satirico. Vivamente estroverso, Rolando divenne maestro intorno alla trentina, dedicandosi con una umiltà insolita in un campione ad allenare signorini e cumenda, dapprima comacini, poi milanesi. Anche da professionista, mai gli venne meno l’amore per il gioco, e lo si vide spessissimo sui campi dei tornei veterani, con lo stesso spirito e la grinta dei tempi belli. Continuò ad insegnare a lungo al Tennis Club Milano Alberto Bonacossa, un circolo non meno glorioso di lui, un luogo che Rolando aveva trasformato in una seconda casa» (Gianni Clerici, ”la Repubblica” 2/2/2002).