Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2002  febbraio 22 Venerdì calendario

DELL’OLIO Anselma

DELL’OLIO Anselma. Nata a Los Angeles (Stati Uniti). Moglie di Giuliano Ferrara dal 1987. Arrivata a Roma a 13 anni, vive tra l’America, l’Italia e la Francia. stata protagonista a New York delle battaglie femministe negli anni ’60 e ’70. giornalista, autrice di cinema e teatro, scrittrice e traduttrice. In Italia ha presentato, insieme con il marito, una trasmissione televisiva sul sesso. - «E’ una donna strana, affascinante. Femminista storica, protagonista delle battaglie per i diritti civili in America negli anni Sessanta e Settanta, autrice di cinema e di teatro, scrittrice e traduttrice, viene spesso presentata soltanto come ”la moglie di...” , Giuliano Ferrara, direttore del ”Foglio” e vulcanico scrittore-politico-giornalista. Figlia di Gerry, un pugliese immigrato in California negli anni Trenta, in città è una signora raffinata, vestita con sete e sciarpe, tendenza Greta Garbo. Ma quando è nel suo casale, con la lupa Ester e la bassotta Giustina accanto, i jeans beige e la camicia fuori, i capelli chiusi in una lunga coda, gli stivali da cavallo, sembra proprio una donna del West. Nelle pause di lavoro, in una Maremma che lei trova simile ”alle campagne della mia adolescenza, quelle sperdute a 4 ore da Los Angeles, quelle che nessun turista ha mai visitato, le terre che dettero un futuro e una speranza ai disperati che arrivavano dall’Est”, prende la sua jeep e va sul fiume Albegna. ”Ho il mio rifugio segreto, si cammina e ci si arrampica per un po’... E’ lì che amo fare il bagno, l’acqua è riscaldata dalle fonti calde di Saturnia e diventa tiepida. Poi mi fermo a guardare i vecchi alberi. Adoro la solitudine e i tempi morti, quegli spazi vuoti che ti riaccendono la fantasia...”. [...] Piccolissima entra nel collegio cabriniano e passa lì tutte le sue prime estati: ”Papà e mamma erano impegnati con il raccolto. Noi bambine - eravamo tutte femmine, l’unico maschio era il prete che arrivava a dire messa, faceva colazione e poi ripartiva subito - correvamo sul playground, sul prato attrezzato per gli sport. Ma il nostro passatempo preferito era giocare alla messa con le ostie non benedette. Una recita perfetta, con i tempi e i ruoli assegnati. Puro teatro. Un altro divertimento era pelare le patate nel vicino orfanotrofio, insieme alle suore. Dopo il raccolto, finalmente, tornavo a casa. Le vere vacanze, d’inverno, quando rientravamo in Italia e si saltava la scuola”. A tredici anni si innamora dell’Italia. ”Arrivai per la prima volta in luglio, con mio fratello. Il mare blu della Puglia, le biciclette, la pizza, il riposo al pomeriggio, dietro le persiane socchiuse, i ragazzini che mi guardavano... Dimostravo 18 anni, sembravo grande. Da quell’estate, mi sono legata per sempre al paese d’origine della mia famiglia”. Molti anni dopo, un’altra estate da ricordare: ”Era il 1987. Avevo adocchiato Giuliano, mio vicino di casa nel cuore di Roma, abitavamo in via dell’Orso e in via del Cancello. Ero in crisi con il mio fidanzato di allora, ci stavamo lasciando. Ero sola a casa, lavoravo come dialoghista per un film di Madonna: traducevo e adattavo dall’inglese all’italiano. Ogni tanto, uscivo in terrazza a dare l’acqua alle piante e sbirciavo le sue finestre. Sua madre Marcella, mia complice, mi raccontò che era andato nella beauty-farm di Chenot e che sarebbe tornato verso il 10 agosto. Giuliano tornò, mi chiese: cosa fai a ferragosto? Io vado a trovare degli amici... Accettai. I primi giorni, in Toscana, dormivamo in camere separate. Finché, il 19, arrivammo di sera a Scario, a casa del giornalista Lino Jannuzzi. E lì c’era una sola stanza libera... Pochi giorni dopo quella notte, mentre eravamo in gozzo a Porto Ercole, inseguiti dai paparazzi, lui mi ha chiesto di sposarlo. Ho detto sì e ho chiesto soltanto il tempo di far arrivare le mie amiche e i parenti dall’America. A dicembre ci siamo sposati”. Sul motorsailer dei Ferrara, ”Maria Christina”, rivendica ”il diritto di non fare nulla. Riempio una sacca di libri. Quando li ho finiti, scendo a terra. Fa tutto Giuliano, spegne il telefonino e si distende, finalmente. E’ un marito meraviglioso (nel corso della nostra conversazione avrà telefonato almeno tre volte e lei si illumina quando legge sul display che a chiamarla è proprio lui). Gli altri uomini, d’estate, mi sembrano pessimi: comandano, danno ordini alle loro donne, non sono mai contenti. In vacanza, senza i loro strumenti di lavoro, senza scrivania e senza poteri, sono inquieti e se la prendono con le mogli. Fingono comprensione, ma non muovono un dito. Arrivano al mare, lei carica di asciugamani come una mula e lui con la mazzetta dei giornali e le sigarette. Sono ancora più tremendi di sera, quando ricevono. Le mogli vorrebbero, dopo cena, togliere i piatti dal tavolo apparecchiato subito, per poi tornare alla conversazione. E loro: ma no, cara, lo facciamo insieme dopo... La poveretta resiste fino alle due di notte e poi le tocca lavare i piatti quando è stremata. E da sola. Lui, intanto, si è addormentato”» (Barbara Palombelli, ”Corriere della Sera” 22/7/2002).