varie, 22 febbraio 2002
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DE MITA Ciriaco Nusco (Avellino) 2 febbraio 1928. Politico. Nel 2009 eletto al Parlamento europeo (Udc)
DE MITA Ciriaco Nusco (Avellino) 2 febbraio 1928. Politico. Nel 2009 eletto al Parlamento europeo (Udc). Dal 1963 al 1994 deputato della Dc (partito di cui fu segretario dal 1982 al 1989), nel 1996 fu eletto con Democrazia e libertà, nel 2001 e 2006 con l’Ulivo. Ministro per gli Interventi nel Mezzogiorno nell’Andreotti III e IV (1976-1979), fu anche presidente del Consiglio (13 aprile 1988-22 luglio 1989) • Indispettito per la decisione di Veltroni di non ricandidarlo alla Camera (troppo vecchio), il 20 febbraio 2008 lasciò il Pd e si candidò con l’Udc (capolista al Senato in Campania). La lista ottenne il 6.8%. Vigendo al Senato lo sbarramento dell’8%, De Mita non venne eletto per la prima volta dopo 11 legislature. Il Pd aveva candidato al suo posto la giovane Pina Picierno, autrice di una tesi di laurea sul linguaggio politico dello stesso De Mita e sua allieva («L’ho cresciuta io. Ha scritto una tesi sulla mia oratoria. Che dire? Il nuovismo al posto del progresso. Il Nuovo è corruzione di minorenni») • Fu eletto segretario della Dc nel 1982 sull’onda dello slogan «demitizziamo Craxi». Nel 1983 la Dc perse due milioni di voti alle elezioni politiche, ma non a vantaggio del Psi. «Nei sei anni che seguono, fino al 1989, succede di tutto: Craxi va alla guida del governo nel 1983 e ci rimane quattro anni. De Mita prima lo lascia passare poi lo disarciona. Nelle elezioni anticipate del 1987, la Dc recupera e i socialisti arrivano al loro massimo storico. De Mita rivendica il ritorno di un democristiano a Palazzo Chigi, va prima Goria, un premier debole, poi va lo stesso De Mita, che resta in carica giusto il tempo di piangere ucciso dalle Brigate Rosse il suo amico Roberto Ruffilli, il costituzionalista teorico delle riforme, e di vedersi togliere la sedia di sotto dal suo partito, che lo depone prima da segretario e poi da presidente del consiglio. La stagione del duello De Mita-Craxi è l’ultima prima di Tangentopoli e della caduta della Prima Repubblica. Forse è anche quella in cui con più convinzione, anche se con non altrettanta determinazione, si cercherà di riformare il sistema, intuendone il collasso. Ciriaco pensa a un cancellierato, cioè a un rafforzamento del premier e a una legge elettorale con premio di maggioranza, che renda più stringente il legame interno delle coalizioni e tenga i socialisti saldamente ancorati al centrosinistra. Bettino punta più sull’elezione diretta del presidente della Repubblica e vuole tenersi ”le mani libere”, governare insomma con la Dc fino a che non saranno realizzate le condizioni (un’evoluzione e un ridimensionamento del Pci, con il prevalere, a sinistra, delle idee riformiste e socialiste) per un’alternativa modello Mitterrand. Con la caduta di De Mita e la fine del duello, anche le ambizioni di cambiamento verranno meno. I sopravvissuti ballano sulla tolda del loro Titanic senza accorgersi del naufragio che li aspetta e che arriverà di lì a poco. [...]» (Marcello Sorgi, ”La Stampa” 3/2/2008). «C’è stato un momento in cui era uno degli uomini più potenti d’Italia: presidente del Consiglio e segretario della Dc. ”Non me ne sono accorto [...] Ho sempre pensato che chi è dentro ad una struttura di potere svolge semplicemente una funzione”. [...] Il suo linguaggio non è semplice. I suoi ragionamenti seguono percorsi tortuosi. Lui obbietta: il mondo è complesso e sbaglia chi sceglie la strada della semplificazione. [...] ”Io non escludo che il mio modo di esprimermi, volendo recuperare la complessità non delle astrazioni, ma delle analisi e della situazione... [...] Una professoressa dell’università di Roma, ha scoperto che il mio linguaggio è innovativo rispetto alla realtà, perché non è la liturgia del suono, ma il tentativo di analizzare le situazioni [...] Potrei riempire un elenco telefonico con tutte le persone che sono andate in Rai grazie alla mia indicazione. Marzullo e Pionati si distinguono perché sono di Avellino. Marzullo ha conservato un rapporto di rispetto nei miei confronti. A differenza di Pionati che invece ha un’opinione mutevole. [...]”. era un grande amico di Scalfari. ”Lui mi chiedeva notizie, io gli davo notizie. Ogni tanto organizzava una cena a casa sua. Ne ricordo una con Asor Rosa, Giampaolo Pansa, Italo Calvino. Clima difficile. Asor Rosa pensava che la Dc fosse il male e lui il bene. Calvino si esprimeva in termini non entusiasti e io rispondevo dialetticamente finché la sua donna, una sudamericana, mi disse: ”Ma guardi onorevole che Italo è a suo favore’. Pansa era intermedio. Antidemocristiano ma con simpatia nei miei confronti. Il difensore della Dc era proprio lui, Scalfari. Votò Dc nel 1987. [...] Mi ha detto: ”Tu sei è un insieme di arcaicità e modernità. Quando le due cose sono insieme dai il meglio di te stesso, altrimenti no’. [...]”» (Claudio Sabelli Fioretti, ”Corriere della Sera” Magazine” 10/2/2005). «[…] Dici De Mita e naturalmente pensi a Craxi: agli anni del governo di Bettino, ad una guerra senza esclusione di colpi, a paci impossibili e a tregue non credibili. Al di là di una collaborazione politica resa indispensabile dagli equilibri degli anni ”80, cosa pensava davvero, in privato, De Mita di Craxi? Lo dice fuori dai denti a Pasquale Nonno (poi direttore de ”Il Mattino”) che in una calda mattina di maggio, in pieno governo Craxi, gli chiede quand’è che la Dc lo manderà a casa: ”Craxi è un fascista - risponde De Mita - un fascista come stile, come modo di fare. Ma oggi non può cadere per iniziativa della Dc: cavalcherebbe il qualunquismo che ha già aizzato contro il Parlamento e che è diffuso tra la gente”. E straordinari, a proposito di Craxi, sono i resoconti che Sangiorgi fa degli incontri riservatissimi che si svolsero - per esempio - alla vigilia della nascita del governo De Mita. Venerdì 18 marzo 1988, alla Camera, il leader socialista incontra per la prima volta il presidente incaricato. I colloqui si svolgono alla Camera. ”Craxi sembra molto nervoso. Entra tossendo forte e fuma una sigaretta dopo l’altra... seduto di fianco a me, balla con le gambe sotto il tavolo e in poco tempo lascia nel posacenere una decina di Salem. Fuma in un modo curioso: accende, dà qualche tirata, poi spegne la sigaretta e la mette in tasca. Dopo un po’ la riprende e la riaccende...”. Alla fine Craxi dà il via libera al governo, che però affonda nel giro di un anno per la nascita dell’alleanza con Andreotti e Forlani, poi divenuta nota come Caf. […] Oggi viene da sorridere di fronte al racconto di Berlusconi e Confalonieri costretti a fare lunghe anticamere a piazza del Gesù per esser ricevuti da Clemente Mastella (allora factotum di De Mita per l’informazione), ma all’epoca era così che andavano le cose. E che idea aveva, allora, Ciriaco De Mita di Silvio Berlusconi? ”All’inizio mi stava anche simpatico. Ha sempre avuto la mania di convincermi che era democristiano, mi raccontava sempre di avere sei zie suore. E invece non è vero, è socialista. Ma io glielo dicevo: non m’importa che lei non sia democristiano, le chiedo solo di avere con noi rapporti leali... Poi c’è stata la questione della Sme, in pochi giorni è venuto da me quattro o cinque volte...”. […] Le liti con Indro Montanelli, che lo additava a simbolo del malaffare: ”Quando il giornalista è entrato nella sua stanza, lui gli ha dato la mano e si è presentato così: ”Piacere, Raffaele Cutolo’...”. Le polemiche con l’avvocato Agnelli che però, dopo la pesante sconfitta della Dc alle elezioni del 1983, disse ”di preferire una Dc ridimesionata ma con De Mita segretario, a una più grande ma senza De Mita”. Il feeling e poi la lite con Eugenio Scalfari dopo la nomina di Mazzotta a presidente della Cariplo […] Il travagliatissimo rapporto con la vicenda Moro. […]. Le leggendarie partite a carte per scaricare la tensione, il modo complicato di parlare, il coraggio dell’innovazione (in materia di riforme istituzionali e di rapporto col Pci) e i modi e le abitudini da capo-clan. […] Grandi amicizie e grandi rotture. Come quella che, progressivamente, consuma con Clemente Mastella, che pure fu il primo e più fedele dei collaboratori. […]» (’La Stampa” 5/3/2005). «[...] racconta così la sua cacciata dal partito democratico. ”Il segretario regionale, che purtroppo ho fatto mettere lì io, Iannuzzi, ha tentato di trattenermi con questa motivazione: ”Resta con noi anche se non ti candidano; tanto Veltroni perde, e dopo torna D’Alema, con cui hai un buon rapporto’. Gli ho risposto che dovrebbe dimettersi. vero che D’Alema ha avuto buone parole. Per i miei ottant’anni mi ha anche fatto un regalo: la pagina dell’Unità con il titolo ”De Mita si è arricchito con il terremoto" e un biglietto di scuse, ”Con il tempo si riconoscono gli errori’. Firmato dall’autore dell’articolo Federico Geremicca, peraltro uno dei rari giornalisti che mi ha capito, e dall’autore del titolo. D’Alema, appunto. [...] Il merito della Dc non è nelle cose fatte; è stato creare la democrazia in Italia, portare su posizioni democratiche un popolo istintivamente reazionario”. [...] ha punti di riferimento ambiziosi. ”Mozart. Perché l’armonia non nasce dalla linearità del suono, ma dai contrasti. Van Gogh. Era sua la prima mostra che vidi in vita mia, a Milano: entrai senza sapere nulla, uscii in lacrime; perché le cose vere non si spiegano, si intuiscono. Lizzani. Mi sento come il partigiano di Acthung Banditen, che si avvia da solo verso il patibolo nazista e poco per volta si ritrova dietro l’intero paese. cechov. Da ragazzo non perdevo uno spettacolo di Strehler al Piccolo teatro, ad esempio le Tre Sorelle: all’inizio la confusione è massima, i protagonisti raccontano ognuno la sua storia, man mano il quadro si ricompone; come nell’Angelo sterminatore di Buñuel, dove tutti perdono e ritrovano la memoria, ancora mi riecheggia dentro quel grido, ”Fuori le autorità! [...] Quand’ero ragazzo io, mi verrebbe da dire secoli fa, ebbi una discussione con un compagno della Cattolica, un marxista. Gli esposi – il discorso durò ore – la mia idea della politica, e lui mi disse: ”Ciriaco, tu sei crociano’. Io non avevo mai studiato Croce, ma compresi che alcune cose si respirano nell’aria, si sedimentano, ritornano anche senza evocazioni solenni o spiegazioni teoretiche [...]”» (Aldo Cazzullo, ”Corriere della Sera” 11/4/2008).