22 febbraio 2002
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Desio Ardito
• . Nato a Palmanova il 18 aprile 1897, morto il 13 dicembre 2001. «L’ultimo grande viaggiatore italiano. Basterebbe il brillante successo ottenuto sul K2, la seconda montagna del pianeta, per assicurargli un posto di primo piano nella storia dell’esplorazione, accanto alla piccola folla degli inglesi che, dall’Africa all’Antartide, si lanciarono alla conquista degli ultimi spazi inesplorati. A guardarlo distrattamente quel piccolo friulano col naso aquilino, classe 1897, sembrava mancasse del phisique du rôle . E invece di che fibra fosse fatto ce lo ha mostrato con la sua stessa esistenza ultracentenaria. Andandosene, ci consegna una biografia che sembra quella di un personaggio uscito da un romanzo di Conrad o di Hemingway. Negli ultimi anni aveva perso qualche colpo e quest’estate aveva subito la frattura del femore. Ma ancora nel 1990, a 93 anni, aveva voluto presenziare all’inaugurazione del laboratorio Piramide, ai piedi dell’Everest, il frutto più prestigioso del progetto Ev-K2-Cnr. L’elicottero lo aveva depositato a Lobuche, a 5000 metri. Incurante del violento sbalzo di quota e della scarsità di ossigeno, si inerpicò per una mezz’ora lungo il sentiero. Trascorse alcune ore alla Piramide insieme agli altri scienziati. Ammirò, discusse, si congratulò, quindi ridiscese tranquillamente per il sentiero e rientrò a Katmandu. E fu proprio la geografia a salvargli una volta la vita. Accadde tra il 1937 e il 1938, in Etiopia, nella regione compresa tra il Nilo Bianco e il Nilo Azzurro. Durante uno scontro con gli sciftà , gli uomini della resistenza etiopica, fu il contenitore delle carte geografiche ad arrestare la pallottola a lui destinata. Quando nel 1954 il suo nome fece il giro del mondo in occasione della vittoriosa spedizione al K2, Desio aveva alle spalle una carriera impressionante. Laureatosi in Geografia a Firenze, di ritorno dalla guerra dove aveva combattuto come sottotenente dell’8° Alpini, conobbe un personaggio destinato a influire molto sulla sua vita: Italo Balbo, il futuro governatore della Libia. Fra le sabbie della colonia tornò a più riprese nel corso degli anni Trenta. Gli obiettivi: l’analisi geologica del territorio, ma anche la scoperta di preziose risorse. Per lunghi anni il professore avrebbe conservato una bottiglia di petrolio grezzo, estratto vent’anni prima che la Esso arrivasse. Nel 1929 il primo incontro con il Karakorum, sulle orme del Duca degli Abruzzi. Ma la scalata del K2 promossa dalla città di Milano fu subito accantonata per l’ostilità del regime dopo la bruciante esperienza di Nobile e della Tenda Rossa. Mussolini aveva sarcasticamente raccomandato ai milanesi di limitare le loro velleità esplorative alla cerchia dei Navigli. Guidata dal Duca di Spoleto, la spedizione portò però a casa importanti notizie, che un quarto di secolo dopo si sarebbero rivelate preziose per la conquista del K2. Sul versante accademico, fin dal 1925 Desio era stato nominato assistente al Politecnico. E a Milano negli anni della guerra fondò il primo corso di laurea in Scienze geologiche. Ma la sua indole inquieta lo conduceva ad alternare senza posa l’insegnamento ai viaggi. Finalmente nel 1954 poté coronare il sogno del K2. Due anni dopo la conquista dell’Everest, anche l’Italia forniva il suo contributo alle grandi spedizioni nazionali. Dopo tre mesi, di cui uno solo di marcia, e settecento portatori, Desio, che era il capo-spedizione della carovana patrocinata dal Club Alpino e dal Cnr, il 31 luglio, insieme a Lacedelli e Compagnoni arrivarono, primi al mondo, agli 8611 metri della vetta. Dopo quella brillante esperienza i viaggi di Desio si susseguirono a ritmo serrato: l’Afghanistan nel 1961, di nuovo il Karakorum e l’Antartide nel 1962, la Birmania nel 1966, il Tibet nel 1980. Poi metodicamente per anni il professore si recò ogni giorno all’Istituto di Geologia di Milano in via Mangiagalli. Arrivava a piccoli passetti, sorridente, con il suo inconfondibile profilo. La scienza, ha scritto citando un grande filosofo, è ricca di dubbi e di interrogativi, ma è anche provvida di doni. E nella sua lunghissima esistenza Desio quei doni ha voluto coglierli tutti» (Franco Brevini, ”Corriere della Sera” 14/12/2001). «Un italiano che ha attraversato imperterrito il Novecento con il passo dell´esploratore e la razionalità dell´uomo di scienza. Ardito di nome e di fatto. Laureato in Scienze naturali, professore ordinario di Geologia all´Università di Milano a partire dal 1931, autore di centinaia di pubblicazioni di geologia, geografia e paleontologia, ha girato mezzo mondo, è stato in missione sui monti dell´Iran, tra le sabbie del Sahara, in Grecia, Turchia, Libano, Siria, Etiopia, India, Kashmir, Afghanistan, ma la sua vita lunghissima e senza tregua si può dire segnata da una regione di picchi e ghiacciai, il Karakorum, e da una cima che è il simbolo di tutte le montagne: il K2. Desio la scoprì nel 1929 con la spedizione geografica italiana del Duca di Spoleto, quando raggiunse la Sella Conway, esplorò i bacini periferici dell´immenso Baltoro e fu tra i primi esseri umani a fotografare il K2 da nord. Venticinque anni dopo, ormai vicino ai sessanta, fu scelto per comandare la spedizione destinata a scalare la seconda vetta della Terra. Erano i tempi dei grandi assalti nazionalisti e sciovinisti ai giganti dell´Himalaya. I francesi si erano aggiudicati l´Annapurna nel 1950, gli inglesi avevano avuto l´Everest nel 1953. Precedenze storiche e ragioni di stato dicevano che il K2 doveva essere italiano, tutto il Paese partecipava emotivamente all´impresa. Così il minuto professor Desio diventò padre e padrone di un piccolo esercito di portatori e alpinisti diretti all´ottomila più difficile, una specie di Cervino moltiplicato per quattro. Fu un generale efficiente e autoritario: così inflessibile da lasciare a casa un fuoriclasse come Riccardo Cassin; così abile da far passare sotto silenzio la denuncia del giovane Walter Bonatti, sacrificato dalla macchina della spedizione; così efficiente da mandare in vetta Lino Lacedelli e Achille Compagnoni, i più esperti, i più resistenti, i più disciplinati. Dopo il ritorno in Italia Desio scrisse: ’Non ho mai inteso e non intendo realizzare con questa impresa il benché minimo profitto personale. Io però sono turbato, non dal clamore che ha suscitato e suscita tuttora la spedizione, ma dal chiasso che si fa intorno alla mia persona. Chi ama in purezza la montagna, fonte di gioia serena e di perfezionamento spirituale, chi ama la natura con le sue leggi eterne ed i suoi enigmi, chi sente il fascino misterioso dell´ignoto, della scoperta, dell´avventura e riesce a seguire e ad appagare i suoi impulsi, ha la vita - credete pure - già tanto piena di per sé stessa che nulla ha a desiderare al di fuori di quelle intime e supreme soddisfazioni’. Tornò vincitore, divenne personaggio pubblico e famoso, poi convisse per quasi mezzo secolo con un successo che avrebbe potuto appagarlo e spegnerlo rapidamente. Continuò i suoi studi geologici e topografici, prima in Hindukush e poi di nuovo nel Karakorum. Nel 1962 raggiunse una stazione scientifica americana in Antartide, e siccome restava secco e resistente come le sue rocce, nel 1980 fu invitato dal governo cinese ad attraverare l´altopiano meridionale del Tibet. Aveva ottantatré anni. Dal 1987 si è dedicato al progetto EV-K2 per conto del Centro nazionale di ricerca, ideando una piramide di cristallo ai piedi dell´Everest e creando un laboratorio d´alta quota dove sofisticate apparecchiature e faticosi esperimenti medici hanno messo alla prova gli alpinisti di fine secolo. La piramide trasparente dell´Everest ha fatto il giro dei giornali del mondo come simbolo della modernità abbinata agli ambienti estremi, anche se ormai ai piedi dell´Everest ci vanno i turisti in comitiva e con il satellite sembra di essere a casa, anzi in un caotico ospedale di frontiera. Un anno fa il custode della piramide annotava sul suo diario: ’Ore 20.30, devo andare a cena, una delle sherpani della spedizione femminile sta male, è arrivata qui la notte scorsa, l´abbiamo trattata con la camera iperbarica, ora è a Pheriche, adesso ho qui una giornalista dello stesso gruppo, mi sa che dovrò mettere in camera iperbarica anche lei, poi forse potrò andare a dormire qualche ora...’. Ma Desio non c´era più, la sua epoca era finita. Ritornava qualche volta nelle interviste, nei ricordi, nelle osservazioni argute e inguaribilmente antiromantiche. La voce era sempre più fragile ma la memoria non lo tradiva. Testimoniava volentieri, e senza apparente nostalgia, di un secolo che si allontanava insieme a lui. Raccontava di quando c´era ancora un mondo da scoprire e uno scienziato affrontava lunghi viaggi avventurosi, sentieri a precipizio, guadi di torrenti, animali selvativi, temporali, bufere e notti all´addiaccio. Doveva saper camminare sui ghiacciai e arrampicarsi sulle rocce, doveva calpestare il terreno per capire la Terra. Era un altro mondo, era un´altra scienza» (Enrico Camanni, ”La Stampa” 14/12/2001). «Aveva partecipato, nel 1929 alla spedizione del Karakorum, del duca di Spoleto, che scoprì i bacini periferici del Baltoro, la sella Conway, il passo Mustagh eccetera eccetera. Lo cito a memoria: non potrebbe essere altrimenti ché, nel ’29, avevo sette anni e me ne parlava mio nonno, indicandomi il profilo delle Grigne, facendomi un po’ tossire fra nuvolette di toscano. Poi (ricordo) Desio eseguì viaggi di studio e spedizioni in Iran, nel Sahara, in Etiopia: percorse il Pakistan, il Kashmir, l’Afghanistan. Nel 1954 comandò dittatorialmente la spedizione italiana vittoriosa sul K2, la seconda montagna del mondo. Nel ’62 studiò l’Antartide. Il progetto suo più recente è la realizzazione di un laboratorio di studi delle alte quote al campo base dell’Everest. datato 1987. I meriti di Desio furono, nel caso del K2, di valenza diplomatica. Se l’Italia ebbe licenza di attaccare il K2 prima di altri Paesi lo si deve al prestigio scientifico di cui l’uomo internazionalmente godeva. Se non ci fosse stato Ardito Desio nessuna spedizione italiana avrebbe potuto accostare il gigante himalayano. Non eravamo ancora usciti totalmente dalle umiliazioni procurateci da una guerra sciagurata: e gli americani, che avevano fallito per tre volte consecutive il K2, rintuzzavano rozzamente la nostra candidatura. Ebbe ragione, Desio. Il Desio diplomatico e geologo era di ben altra levatura che il Desio capospedizione dispotico. Lo prova la relazione ufficiale, da lui redatta, che ha fatto seguito alla spedizione. Compagnoni e Lacedelli avevano raggiunto la vetta del K2. Ma perché mai la verità ufficiale posta agli atti, la verità della relazione Cai, quando non è addolcita e affumicata, è storpiata e contraffatta? Il più giovane componente della spedizione, Walter Bonatti (anni 24) è subito insorto. Per quarant’anni Bonatti ha scritto, raccontato l’autentico K2, traendone l’amara conclusione, che nel nostro Paese, la verità fatica ad affermarsi proprio quando l’evidenza la soccorre, e ancora: che al mondo si viene immancabilmente puniti per le proprie buone azioni. Nel ’95, Bonatti, vinse (’il caso K2, quarant’anni dopo’), la menzogna, anche alla luce di testimonianze (impressionante, quella del dottor Marshall, di Melbourne) che sono inconfutabili. Fu un giallo ad ottomila metri, il K2. Il fuoco centrale del ’giallo’ è risaputo. Bonatti ha assunto volontariamente il ruolo estremo di trasportare fino ad una quota limite (metri 8100), nono campo base, il treppiede e le bombole d’ossigeno, che sarebbero servite a Compagnoni e a Lacedelli per l’ultimo balzo. Con Bonatti sale l’hunza Mahdi. Compagnoni e Lacedelli hanno spostato la tenda (per evitare una zona franosa, dicono) così che quando Bonatti e Mahdi giungono al punto convenuto, nell’oscurità incombente non possono che constatare l’assenza dei compagni. dramma pieno ad un’altezza abissale, oltre ottomila metri, con un freddo polare. Richiami ed urla. ’Lino e Achille dove siete, fatevi vivi’. Finalmente nel buio il brillio di una luce e la voce di Lacedelli: ’Non vorrai che stiamo fuori tutta la notte a gelare per te. Avete l’ossigeno? Lasciate le bombole e scendete subito’. ’ impossibile’, replica Walter. ’Mahdi è impazzito, farnetica, minaccia’. Non riesce a Bonatti di trattenere Mahdi fino al sorgere del sole. A quel... tepore, Bonatti miracolosamente si riprende. Pone in bella mostra il treppiede e le bombole così che Compagnoni e Lacedelli le trovino. Muniti di ossigeno i due raggiungono la vetta. La storia che ne segue è risaputa. Un perfido silenzio circonda dapprima Bonatti, a cui la relazione nega il fondamentale apporto all’exploit. Il cortometraggio ufficiale lo ignora. Bonatti ne scrive da pari suo (I giorni grandi). Lo accusano di avere sottratto ossigeno dalle bombole disposte da Compagnoni e Lacedelli. Un reato impossibile a verificarsi essendo gli erogatori in possesso esclusivo di Compagnoni e Lacedelli. La testimonianza cronometrica del dottor Marshall e una sentenza del Tribunale di Torino depongono a favore di Walter Bonatti. Ardito Desio non è più. Ha ricevuto onorificenze. Ho chiesto un giorno di poterlo intervistare. Nessuna risposta. Il dirigente del Cai, che aveva promesso di intercedere per me, è rimasto muto. ’Era un dirigente piuttosto su’ mi hanno riferito. Piuttosto su, appunto» (Mario Fossati, ”la Repubblica” 14/12/2001).