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 2002  febbraio 22 Venerdì calendario

DEAGLIO

DEAGLIO Enrico Torino 11 aprile 1947. Giornalista. Ex direttore di ”Diario” (1996-2008) • «[...] Nato nel 1996 come supplemento dell’Unità per iniziativa di Deaglio, Luca Formenton e Amato Mattia, dopo poco tempo Diario venne lanciato in edicola come magazine autonomo. Sino al gennaio 2008, quando è stato trasformato in quindicinale anche per le difficoltà economiche, Diario si è imposto come il settimanale che ha rilanciato un genere tanto lodato quanto negletto dai giornalisti di oggi, ”l’inchiesta vecchio stile”, oltre che come il magazine più antiberlusconiano d’Italia. Con un’ottima sezione culturale, una redazione piccola e combattiva, Diario settimanale vendeva poco più di diecimila copie, ma alcuni numeri monografici, come quelli dedicati alla memoria dell’Olocausto il 27 gennaio di ogni anno, hanno sfiorato quota centomila. Un picco toccato anche con i numeri di denuncia sulle violenze compiute dalla polizia al G8 di Genova nel luglio 2001 (’un servizio reso alla nazione”, dichiara con orgoglio Deaglio), con la controversa inchiesta sui presunti brogli elettorali alle elezioni del 2006, e con gli appassionati approfondimenti nell’estate delle scalate bancarie. La cicatrice più grossa è rappresentata dalla scomparsa nel 2004 in Iraq del medico e collaboratore della rivista Enzo Baldoni. ”Il suo corpo – [...] dice Deaglio – è ora sepolto in un deserto. Noi abbiamo fatto tanti appelli per recuperarlo, ma questo Paese se ne frega”. Deaglio, laureato nel 1971 in medicina, professione abbandonata per la passione giornalistica, diresse il quotidiano Lotta continua dal 1976 alla chiusura, nel 1982. Furono gli anni del riflusso, della fine di Lc come movimento politico, ma anche del grande successo di un giornale che riuscì a descrivere il lato privato e sentimentale di una generazione che sino ad allora aveva creduto soltanto nella politica. L’ultimo numero di Lotta continua, dedicato alla vittoria dell’Italia ai mondiali di calcio in Spagna, era intitolato ”Rossi, Rossi, Rossi”. [...]» (Dino Messina, ”Corriere della Sera”9/9/2008). «Giornalista torinese di grande talento. Ama i dettagli, i piccoli indizi, i particolari. Da quelli parte, ragiona, stringe, passando dal minimo al minore e accompagnandovi per fatti successivi alla questione generale, importante. Sa che un delitto rivive sul tavolo dell’anatomopatologo meglio che sulla scrivania del magistrato competente, tra le stoviglie dell’osteria dov’è sprizzato il sangue più che nella tenenza dei carabinieri. Lui approda allo sbarco in Normandia partendo dall’abete del Quebec con cui, non a caso, costruirono il timone di un anfibio qualsiasi; può svelarvi il mistero del Gattopardo scovandolo nella trama della tovaglia che Burt Lancaster piazzò, non a vanvera, sotto l’unico albero del latifondo. Solo un sabaudo raffinato e un veneratore del grande inglese poteva assorbire il metodo minimalista di sir Arthur Conan Doyle e strizzarlo sui valori etici del diritto positivo e del controllo giornalistico di qualità. Come poi un libertario naturale come lui abbia potuto negare se stesso fino a trascurare, dettaglio dopo dettaglio, il corpo grosso dei diritti individuali, questo è un rebus. Solo Sherlock Holmes potrebbe spiegarci come mai l’ex direttore di ”Lotta continua” e di ”Reporter”, l’ex umanitario del caso Moro, l’ex sciasciano, l’ex antiautoritario che aveva in uggia l’amendolismo della polemica su Nicodemo, l’ex amico dei socialisti e perfino un po’ ex amico dei soldi (già mafiosi?) di Silvio Berlusconi, sia caduto vittima dell’egemonia culturale dei Caselli, dei Davigo, dei Maddalena, dei Di Pietro, dei Rinaldi e, spiace infierire, perfino di un perfido Travaglio. Un indizio, consiglierebbe Watson, potrebbe celarsi nell’inguaribile attrazione che sui piemontesi istruiti, un po’ come sugli intellettuali amburghesi, esercita la Sicilia misteriosa e criminale. Un secondo, nel legame che un cultore del particolare non può non stringere con chi, dei particolari, controlla il negozio. E lui, annoterebbe ancora Watson, spiccò il volo verso la Sicilia mafiosa dopo un rifornimento ad Agrigento, dove i dettaglianti erano i ragazzi della Criminalpol. Ricordi, Sherlock, quelle Piccole storie di mafia scrutate da Deaglio a modo tuo con un microscopio messo a fuoco dai funzionari? Il terzo indizio affaccia la collaborazione, cementata dall’amicizia, tra la vittima e i dottori del dettaglio, Gianni De Gennaro, Manganelli e Pansa: vale a dire i tre polmoni investigativi di una dettagliatissima strategia giudiziaria pensata a Torino e svenduta sulle bancarelle della procura di Palermo. Spalmato, farcito, soffritto e affogato dai cento particolari preziosi con cui l’adorato Conan Doyle aguzzava la vista su colpevoli non scontati, il direttore del ”Diario” potrebbe invece aver perso di vista l’insieme. E, con esso, le inchieste che una volta faceva. Quelle vecchio stampo» (’Dizionario dei nuovi italiani illustri e meschini”, 10/10/1998).