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 2002  febbraio 22 Venerdì calendario

DEBENEDETTI

DEBENEDETTI Franco Torino 7 gennaio 1933. Imprenditore. Laurea in Ingegneria elettronica al Politecnico, ha lavorato in importanti aziende: Fiat, Olivetti (amministratore delegato e vicepresidente), Sasib (presidente), consigliere d’amministrazione di Cir e Cofide. Nel 1994 fu eletto senatore nelle liste del Pds, rieletto nel 1996 e nel 2001 • «A metà fra industria e politica. Un po’ com’era Bruno Visentini, su una posizione ideologica e politica simile. Del senatore Franco Debenedetti si dice quello che Eugenio Scalfari diceva di Visentini: ” l’uomo più a sinistra della destra e più a destra della sinistra”. fratello di Carlo De Benedetti e con lui ha percorso gran parte della storia industriale del dopoguerra italiano. Ma, a differenza del fratello, a un certo punto ha mollato tutto, fabbriche, consigli di amministrazione, presidenze, e ha scelto la politica [...] ”Da bambino, quando andavo al San Giuseppe di Torino, attaccavo i manifesti dei comitati civici di Gedda. L’ambiente era quello. Si faceva senza pensare [...] Mio padre aveva una fabbrica. Era per metà ebreo ma le leggi razziali in Italia erano blande. Quando scoppiò la guerra scappammo in Svizzera, a Lucerna”. Suo fratello si firma De Benedetti [...] ”In famiglia ci sono degli attaccati e degli staccati, anche tra i fratelli di mio padre. Mio padre si è sempre scritto attaccato. I miei cugini alcuni staccati, altri attaccati [...] A Torino abitavamo in corso Matteotti 26, nella casa degli Agnelli, nell’appartamento di sopra [...] In Svizzera imparai il tedesco. Da allora ho una grande passione per Thomas Mann e Thomas Bernhardt. Ho chiamato mio figlio Tommaso per quello. [...] In Svizzera vivevamo in una passione al secondo piano. Un giorno io e Carlo, dal balcone, sputammo in testa a un soldato. Mio padre ci picchiò, per dimostrare alla recluta svizzera che i padri italiani non transigono [...] Fabbricavamo tubi metallici flessibili, per motori. Durante la guerra la fabbrica fu distrutta. Mio padre la ricostruì, pilastro su pilastro. Vendeva un po’ di tubi e costruiva un pilastro. Ne vendeva altri e faceva la soletta [...] Facevo di tutto, portavo anche alla stazione i pacchi dei tubi da spedire. Andai a studiare una lavorazione in Germania e la introdussi in Italia. Stabilii un cottimo che se lo facessi oggi finirei in galera. Era talmente trainante che gli operai avevano coniato l’espressione ”Pissé ”n ”dla tola’. Pisciare nella tolla. Per guadagnare di più non andavano nemmeno al gabinetto. [...] Gli operai erano contenti... poi alla fine dovemmo smettere... gli operai guadagnavano più dei capi reparto [...] Agnelli aveva adocchiato Carlo. Gli offrì di diventare amministratore delegato e di comprare la nostra fabbrica. [...] Io divenni capo del settore Componenti. Due anni eccezionali. Poi decisi di venir via [...] L’uscita di Carlo era stata vissuta in modo non sereno da entrambe le parti. [...]”. Seguì suo fratello in Olivetti. ”Mi convinse Visentini. Furono anni difficili. L’Olivetti era un’azienda complicata. [..] Feci la scelta della politica. [...] Ho sempre frequentato intellettuali più che colleghi industriali. Pestelli, Vattimo, Mila. Una sera i Pestelli organizzarono una cena per raccogliere fondi per l’elezione di Violante. Io aderii e mio fratello si incazzò molto. In quegli anni essere a favore del Pci non era il massimo”. [...]» (Claudio Sabelli Fioretti, ”Sette’ n. 14/2000).