Varie, 22 febbraio 2002
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Degan Raz
• Tel Aviv (Israele) 25 agosto 1968. Modello. Attore • «[...] Bello un po’ svampito dello spot in cui diceva: “Sono fatti miei!” [...] “Il mondo dello spettacolo è tutto un grande mercato e certe volte io mi sentivo come un ‘puzzle’. In ciascuno dei miei momenti pubblici, mettevo un qualcosa di me e un qualcosa che gli altri si aspettavano da me. Ma, sia chiaro, non rinnego niente del mio passato” [...]» (Luciano Regolo, “Chi” 25/7/2001) • «[...] il Gesù di Ermanno Olmi [...] occhi chiari belli, sguardo meno indisponente della sua fama, [...] ex-modello giovane e fatuo della pubblicità (“sono fatti miei”), il bellone con faccia da schiaffi stile ragazzo-menefrego anni Novanta [...] il bel successo di Centochiodi, il film di Olmi che lo ha rimesso, dopo anni, sulla ribalta e, a trentotto anni [...] “Ho vissuto una infanzia libera e comunista - dice di sé - Sono figlio di due hippies. Fino a ventuno anni sono stato nel kibbutz, ho lavorato nei campi e vissuto di agricoltura, di fatto senza famiglia perché si stava in comunità. Sono cresciuto libero e senza problemi, senza violenza, droga e tanto meno denaro. I miei primi mille dollari li ho visti finito il servizio militare. Tre anni con la divisa verde. E ci sono andato convinto. Sono pacifista, sì, ma Israele ha da una parte il mare e dall’altra gente che non vuole la sua esistenza. L’ho fatto per sentirmi a posto con la mia gente, per non avere il rimorso di non aver fatto niente per la mia terra. Pagato questo conto morale, come fanno tanti ragazzi israeliani, sono partito per la Thailandia. Io poi ho proseguito per Los Angeles, da mia madre”. Come tanti figli degli anni Settanta, una volta libero, comincia a vivere un’altra vita, senza troppe domande, senza troppi perché. A New York, lo vedono in un bar a servire i tavoli e lo arruolano come modello. “Niente di esotico. Per i primi due anni non ho mai lavorato. Ero al limite della sopravvivenza. Ma la bellezza ti offre tanti benefit. Ogni sera venivo invitato a una festa e così il mangiare era assicurato. Ricordo che molti di noi modelli giovani vivevamo così, mangiando gratis per anni da un party all´altro a Parigi, Londra, Milano, New York. Poi nel ’92, con l’era Pearl Jam e Nirvana, l’epoca della musica di Seattle, del grunge, ho scoperto che era arrivato il mio momento. Fino ad allora come modello ero troppo basso, scuro di capelli, andava per la maggiore il californiano biondo e spallato. Ora ero finalmente di moda io”. Il successo come lo racconta Raz Degan è molto anni Novanta: divertente, frenetico, giramondo, esagerato ma anche fatto di storie incerte, inquiete. Lui fa tanta pubblicità, soprattutto jeans in America. Nel ’93 in Italia gira lo spot “sono fatti miei” e diventa un divo della cultura popolare. Va alle feste, finisce sui rotocalchi e intanto cerca altre strade, una particina in Pret a porter di Altman, una nel film tv di Bava Sorellina e principi di sogno, Julie Taymor lo chiama per un ruolo di secondo piano in Titus Andronicus. “Avevo soldi, vivevo bene, gente internazionale, belle donne, bei posti. La moda col suo glamour è così, bella, divertente. Ma io non ero soddisfatto. Ne avevo abbastanza. Essere solo una immagine non mi piaceva”. Finisce per perdersi negli ingranaggi odiosi del mondo dello spettacolo e del successo, cade in affari sballati. L’idea geniale è ancora una volta partire. “Il viaggio è dentro di me. Non parlo del viaggio per turismo, ma del viaggio come stile di vita, il viaggio che ti cambia. Quando la tua vita diventa troppo comoda, troppo sicura, bisogna interromperla e andare. La quotidianità è una galera. [...]”. Per trovare il riscatto, stavolta però il viaggio è lungo: quattro anni. “Sono stati anni di silenzio e di solitudine. Difficili. Anni in cui sono stato con pochi amici, immersi però nella creatività. Utili per capire. Cercavo me stesso”. Oggi dice che si è trovato in due luoghi: l’Actor´s Studio, la scuola di recitazione newyorchese dove ha studiato con Ivana Chabik, Sheila Grey e Susan Batson, insegnante anche di Nicole Kidman e Tom Cruise, “tre donne che mi hanno cambiato, mi hanno fatto capire che difficile non è recitare ma trovare la verità”; e l’India dove “ho lavorato a livello spirituale dentro di me. L’India per me è il posto dove capire la vita. Perché proprio lì? Perché ci sono vibrazioni e poi perché riempiamo la nostra vita sempre di qualcosa. Lì invece c’è la nullità, e forse per questo è più facile trovare la tua nicchia, ricaricare la tua batteria. Quando non sento più vibrazioni vado a cercarle lì”. [...] Qualche anno fa aveva pensato di fermarsi proprio lì, sulle rive del Gange, a fare il maestro di yoga. “Se poi ho preferito l´Italia è perché mi sono voluto dare un’altra chance. In India ho passato anni immerso nella creatività, ma qui in Italia avevo interrotto la mia vita di prima. Nel ’96 me ne ero andato nel pieno del successo, quando se uscivo per strada la gente mi fermava per l’autografo. Ci sono tornato convinto che una volta azzerata la mia vita, dovevo ripartire da lì dove ero rimasto, dove avevo lasciato il massimo della popolarità. Mi son detto: lì qualcosa succederà. In realtà all’inizio non è successo proprio niente. La gente si era dimenticata di me e sono stato a lungo disoccupato. Poi ho conosciuto Paola, Paola Barale, ed è stata lei a darmi le cose che mi hanno permesso di iniziare questo mio secondo giro in Italia. Mi ha insegnato la lingua, chi era il vostro presidente del Consiglio, mi ha dato il valore delle vostre cose, la famiglia, per esempio, la sua, che mi ha accolto con amore. Mi ha dato radici. Ho anche scoperto un posto magico, che ha le stesse vibrazioni dell’India: Cisternino, in Puglia. Ci ho impiegato sette anni, rimediando pure una accusa di abusivismo perché mi ero fidato di uno che non era nemmeno architetto, ma finalmente mi sono sistemato un trullo e cinque ettari di terra, olivi, viti e aranci. Anche questa è stata una bella esperienza, un mettere alla prova il mio amore per quella terra, superando le difficoltà e i dispiaceri. Quante volte la vita ci mette davanti a cose brutte: risolverle, superarle senza svicolare è anche capire quanto ci tieni, un po’ come succede nel rapporto di coppia. Cisternino per me è stata una prova e ora lo considero il mio rifugio. Sistemato lì, ho aperto la galleria a Milano, ho avviato la mia attività di documentari, fino a trovarmi questa casa che abbiamo messo su insieme, Paola e io. Anche lei è cambiata, ha lasciato tutto. Insieme vorremmo girare il mondo e poi raccontarlo attraverso film, documentari. Se troviamo chi ci finanzia... Da anni sento di non aver sbagliato più niente”. Vive tra Milano, Bali e la Puglia. La moda lo cerca ancora ma lui rifiuta. Ha recitato a teatro con Albertazzi, ho fatto Dario III in Alexander con Oliver Stone. A costo di star fermo, ora vuole la qualità culturale, gratificato dall’incontro col padre nobile del cinema italiano, Olmi. “Siamo rimasti amici. Io gli sarò sempre grato, perché lui con me è andato al di là dell’apparenza [...] Sento che il mio essere deve ancora cadere e rialzarsi altre volte. Cerco il vuoto, la semplicità, ma perciò devo prima trovare tutto. Sento che anche questa è ancora una fase di passaggio. Sono ancora giorni sospesi. Prima che il viaggio, cioè la vita vera, riprenda”» (Anna Bandettini, “la Repubblica” 29/7/2007).