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 2002  febbraio 22 Venerdì calendario

DI BIAGIO Luigi Roma 3 giugno 1971. Ex calciatore. Dal 2003/2004 al Brescia. Lanciato dal Foggia di Zdenek Zeman e affermatosi nella Roma, vicecampione d’Italia con l’Inter (2002/2003)

DI BIAGIO Luigi Roma 3 giugno 1971. Ex calciatore. Dal 2003/2004 al Brescia. Lanciato dal Foggia di Zdenek Zeman e affermatosi nella Roma, vicecampione d’Italia con l’Inter (2002/2003). Con la nazionale ha segnato sia in una fase finale del mondiale (1998, l’1-0 contro il Camerun) sia dell’europeo (2000, l’1-0 contro la Svezia), impresa riuscita solo ad altri sei azzurri prima di lui (Domenghini, Riva, Anastasi, Tardelli, Graziani, Altobelli) e a uno solo dopo (Del Piero). Resterà nella storia per aver fallito il rigore decisivo contro la Francia poi campione del mondo nei quarti di finale del mondiale 1998, ma si rifece segnando dal dischetto nella semifinale degli europei 2000 vinta ai rigori contro l’Olanda. «Detto ”il piccolo Lothar” dal suo maestro Zeman, ma solo perché era un fan di Lothar Mattheus. [...] Il piccolo Di Biagio [...] era playmaker in una squadretta di basket e quindi veniva regolarmente sbattuto in porta quando si affacciava nei campetti di pallone. Nato a Roma al quartiere Testaccio, orgoglioso laziale, non si perse d’animo e coronò i suoi primi sogni riuscendo a diventare calciatore nelle giovanili biancazzurre. Tutto bene. A parte il fatto che al momento di arrivare dalle parti della prima squadra qualcuno lo vendette al Monza e alla Lazio Di Biagio non c’è tornato più - benchè Zeman che lo aveva tirato su come un buon padre nel leggendario 4-3-3 del suo Foggia si fosse speso in prima persona per farcelo tornare. In compenso è rimasto tre stagioni alla Roma dove alla fine ha ritrovato il maestro boemo ma si è beccato l’incomprensione crudelissima dei fan hardcore che continuavano a vedere in lui il laziale più che il centrocampista cursore, ottimo per il calcio atletico di fine anni novanta, buon tiratore da fuori. [...] Che dire? Nel 1998 a Di Biagio passò sopra un treno: mandò a sbattere sulla traversa il quinto rigore nella sfida con la Francia, cosa che ci costò il Mondiale, e scontò i due anni successivi giocando come un fantasma in pena. Attese con pazienza la riscossa: sul dischetto della semifinale Olanda-Italia agli Europei segnò il suo rigore e tutti lo perdonarono come in una bella favola. Però l’espressione di chi ha provato sulla pelle il destino crudele non l’ha più abbandonato. Delle due stagioni [...] passate all’Inter varrebbe la pena ricordare soltanto il suo gesto più allegro di tutti: la fuga dal ritiro con Bobo Vieri per via - come dissero i due allegri guasconi - del riscaldamento troppo alto» (Alberto Piccinini, ”il manifesto” 4/2/2004).