Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2002  febbraio 22 Venerdì calendario

DI

DI VAIO Marco Roma 15 luglio 1976. Calciatore. Dal 2008/2009 al Bologna. Con la Juventus ha vinto lo scudetto 2002/2003, raggiungendo nella stessa stagione la finale di Champions League (persa ai rigori col Milan). Presenze e gol anche in nazionale. Ha giocato in serie A anche con Lazio, Salernitana, Parma, Genoa, nella Liga col Valencia, in Francia col Monaco • «Arrivato al Parma dalla Salernitana in cui aveva causato forti rimpianti nei dirigenti della Lazio che l’avevano frettolosamente ceduto, nel primo anno in Emilia fa molta panchina e pochi gol (6). Stessa storia anche nel secondo, fino al 7 gennaio 2000, quando Malesani viene esonerato. Prima dell’arrivo di Sacchi: 6 presenze (di cui una sola dal primo minuto), 0 gol; dopo Sacchi: 21 presenze, 15 gol. Nel 2001/2002 33 presenze, 20 gol. […]. Per caratteristiche genetiche, è un grande lavoratore e non è uno che protesta o fa scene se lo parcheggiano tra tribuna e panchina. un ragazzo serio, cresciuto da un padre (Gino), custode nello stabile dove abitavano a Roma, sulla Cassia, e da una madre (Rossella) che faceva le pulizie in una banca e in un condominio. Da loro ha imparato la nobile arte del lavoro. […] Non urla, Di Vaio. Però chiede. Aveva comunicato che, se si fosse verificata l’opportunità, avrebbe traslocato volentieri in una squadra con qualche ambizione in più. Pensava alla Lazio (anteristrutturazione), pensava a Crespo e, soprattutto, al suo amico Alessandro Nesta. Svanita la Lazio (e pure Crespo e Nesta), restava in superfice l’Inter, ma era la Juve che, secondo tradizione, si muoveva sottotraccia per averlo. Fine della storia. […] un giocatore raro, segna, porta la croce della panchina senza protestare e si fa trovare pronto alla bisogna» (Roberto Perrone, ”Corriere della Sera” 26/9/2002). «Sono arrivato alla Lazio all’età di 10 anni dalla squadretta de La Storta, un sobborgo romano. Il mio sogno sarebbe stato di diventare un numero uno con la maglia biancoceleste. Ma non credevano tantissimo in me e ho iniziato a girare. Poi costavo troppo e non sono più ritornato. Va bene comunque: uno può lamentarsi di essere titolare nella Juve?. [...] Spostarmi a sinistra e tirare in diagonale e ciò che so fare meglio» (Fabio Vergnano, ”La Stampa” 23/10/2003).