Varie, 22 febbraio 2002
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DIAZ Cameron San Diego (Stati Uniti) 30 agosto 1972. Attrice. Il papà, cubano-americano (di seconda generazione) è un benzinaio, la mamma, irlandese-tedesca-pellerossa (cheyenne), un’agente di import export
DIAZ Cameron San Diego (Stati Uniti) 30 agosto 1972. Attrice. Il papà, cubano-americano (di seconda generazione) è un benzinaio, la mamma, irlandese-tedesca-pellerossa (cheyenne), un’agente di import export. [1] Il nome (in genere usato per i maschi) viene dal gaelico e significa più o meno «ruscello tutto curve». [2] Famiglia ”felice” («I miei genitori sono sposati da più di trent’anni. In qualsiasi posto è un gran successo. Figuriamoci in California…») [3], ha una sorella più grande, Chiméne. [4] Andata a scuola con una borsa di studio per «integrare minoranze etniche nel sistema» [1], racconta: «Sono cresciuta in mezzo ai maschi: tutti i miei amici erano surfisti, hippie, coatti vari. E non sono mai stata la cocca di papà. Il ”cocco”, semmai. Se qualcuno mi toccava il sedere, ho sempre saputo come reagire, anche menando, se era il caso». [5] Consiglio che il padre dava a lei e alla sorella prima di lasciarle uscire: «Se un maschio dice che ti aspetta fuori per una rissa, fagli sapere che sei pronta subito». [6] Alta (tra un metro e 75 e un metro e 80 a seconda delle fonti), «morbida e snella con un viso da angelo peccatore» (Claudio Carabba) [7], «corpo mozzafiato e totale nonchalance» (Stefano Pistolini) [8], occhi «azzurro folgorante» (’Celebrity”) [9], per qualcuno pure «troppo blu», e con «gli zigomi troppo massicci e levigati per non percepire quel tocco di indefinibile esotismo che rende assai attraente la sua faccia da ragazza qualsiasi, simpatica e carina» (Mario Sesti). [3] Secondo ”People” «è sexy, fresca, ha fegato». [10] Ha scritto Lucia Corna su ”Io donna”: «Chi non vorrebbe essere come lei alzi la mano. E si prepari ad avere poca compagnia. Perché come lei vorremmo essere un po’ tutte. Bella, anzi di più. Con un sex appeal naturale. Trendy e simpatica. A sentire chi la conosce bene, dotata perfino di un notevole senso dell’umorismo. Una che, quando entra in una stanza, rende subito l’aria più frizzante». [11] Il suo look è diventato un modello per le venti-trentenni di tutto il mondo. Sempre la Corna: «Fresca, naive, è la classica bella di cui si può anche diventare buone amiche. Il taglio di capelli a caschetto, abbozzato in Il matrimonio del mio migliore amico e che ha raggiunto la perfezione in Tutti pazzi per Mary, ha spopolato […] Per il resto, nel suo armadio abbondano jeans, pantaloni alla pescatora, mini t-shirt e tutto l’occorrente per il suo look più imitato: il golfino a girocollo con la canotta top e la gonna leggermente svasata a vita bassa. Nel tempo libero sceglie un abbigliamento sportivo, fatto di pantaloni larghi con tascone lungo i fianchi, scarpe da tennis e felpa con cappuccio. Ai piedi non le mancano mai ciabattine, sandali a listini e infradito. Non può vivere senza lo slip-dress, l’abito sottoveste, scollatissimo e dalla linea scivolata e la mollettina per i capelli, per fermare il ciuffo ribelle. Mai con una gonna a pieghe a metà polpaccio». [12] Racconta: «Al liceo mi chiamavano ”scheletrino” perché ero tutta pelle e ossa. Anche la mia migliore amica, una ragazza bruna, sensuale, con la quarta di seno, ripeteva in continuazione che ero troppo fragile. E, quando uscivamo in compagnia, ero l’unica a non essere corteggiata». [13] A 16 anni, comunque, faceva già la modella. Cominciò a far parlare di sé per un’intervista in cui diceva: «Per fare la modella devi avere un bel pelo, perché più sei giovane e carina più ti utilizzano come carne da macello per i festini di Hollywood. A me sta bene così, perché posso smettere di andare a scuola. E guadagno più di mio padre!». [14] In seguito ha confidato: «La prima volta che andai a un party, a Los Angeles, mi trovai circondata. C’erano questi tipi che mi ronzavano attorno: ”Ehi, baby, vuoi fare la modella?”, e mi ficcavano in mano foto di ragazze nude dentro coppe di champagne. Ci aggiungevano un biglietto con su solo il nome. Niente cognome, solo la scritta: fotografo». [4] Il primo ingaggio lo ottenne imbucandosi in una di quelle feste: «Mi avvicinai all’ingresso e sentii uno degli invitati che diceva al buttafuori: ”Sta per arrivare mia figlia. alta, magra, bionda. Falla entrare”. Praticamente il mio ritratto. Mi avvicinai e dissi all’ingresso: ”Mio padre deve avervi parlato di me”. Mentre mi ingozzavo di pasticcini arrivò Jeff Dunas, uno dei più famosi fotografi di Los Angeles. Il giorno dopo avevo un contratto». [15] A 17 anni le bastarono due foto per essere ingaggiata dalla prestigiosa agenzia Elite, a 18 la Coca Cola la scelse come protagonista di una campagna mondiale: «Mi trovavo in Australia per un lavoro di modella, e sapete come sono gli australiani, bevono come spugne, e io, che all’epoca avevo solo 18 anni, ho tentato di tenergli testa. L’avessi mai fatto! cominciato al mattino con Mimose – champagne con succo d’arancia – e Bloody Mary, poi abbiamo attaccato con i Daiquiri, le Margarita, i Rum Runners. Abbiamo passato la giornata in spiaggia a giocare a carte e a barare, e Dio solo sa la quantità di alcol che mi sono scolata. Che incosciente. Da una certa ora in poi non ho memoria di che cosa è successo quel giorno, se non che a un certo punto della notte mi trovavo in un ristorante giapponese a bere sakè, che nemmeno i giapponesi avevano mai visto qualcuno darci dentro così tanto. Non so come abbia fatto a tornare in albergo, è un miracolo che nessuno ne abbia approfittato. So solo che al mattino dopo ho perso almeno tre chili in liquidi. Stavo talmente male che ho chiamato mia madre a Los Angeles e le ho detto: mamma, se muoio vieni qui a riprendere il mio corpo. stata un’esperienza orrenda, la peggiore della mia vita. E il giorno dopo dovevo girare una pubblicità per la Coca Cola in cui correvo sulle dune di sabbia vestita con un paio di calzoncini e il pezzo di sopra di un bikini. L’immagine della salute!». [16] Tiene a far sapere che «non sono mai stata una di quelle supermodelle che per una sfilata portano a casa la paga di un anno di un impiegato. A 16 anni sono andata da sola in Giappone. E mi creda, ti puoi cacciare in un sacco di guai quando hai 16 anni, sei in un Paese straniero e non c’è un adulto a dirti a che ora devi tornare a casa. Non era un mondo dorato. Nei nove mesi che ho passato a Parigi ho lavorato solo due volte. E ho dovuto diventare un attrice per avere la copertina di ”Vogue”». [17] Al cinema arrivò per caso, nel 1994, con The Mask: «Ho visto il copione su una scrivania, l’ho letto e ho chiesto di fare un provino». [18] In realtà al primo provino la scartarono perché troppo magra, tanto che corse da Jeff Dunas per farsi cambiare i connotati: «Abbiamo provato e riprovato reggiseni enormi e fianchi imbottiti. Alla fine mi sono ripresentata al provino. Il regista mi fa: ”Ma non ci siamo già visti?”. E io: ”No, non mi sembra proprio”». [16] Sicurezza da diva non superba, dice: «Non ho mai preso una lezione di recitazione. Quello che so, l’ho imparato sul set». [7] Di lei dicono che è un’istintiva, che lavora sulle emozioni, dotata di una volontà d’acciaio. Quando la incrocia in Ogni maledetta domenica, Charlton Heston ne fa un ritratto (sulla scena) potenzialmente perfetto anche fuori: «Quella donna potrebbe mangiare i suoi piccoli». Ovviamente in senso figurato, visto che la sua sensibilità si spinge a impedirle di continuare a mangiare maiale, dopo aver scoperto che la capacità mentale dei suini è vicina a quella di un bambino di 3 anni. [18] Danny Boyle, che l’ha diretta in Una vita esagerata, dice: « come Margaret Thatcher: una lady di ferro». [19] Oliver Stone, che l’ha diretta in Ogni maledetta domenica: «Me la sono trovata davanti e sono rimasto imbambolato per un quarto d’ora. Possiede una bellezza speciale, ipnotica». [14] Martin Scorsese, che l’ha diretta in Gangs of New York: «Ha la grande abilità di essere divertente e vedere l’umorismo nelle cose. Somiglia molto a Carole Lombard. Nel suo viso c’è la stessa chiarezza, leggerezza, durezza e senso dell’umorismo». Jim Carrey, che ha recitato con lei in The Mask: «Di solito troppa bellezza è un ostacolo per la recitazione, è una cosa troppo invadente. Ma lei ha la grande capacità di non prendersi sul serio, ha costantemente quel certo bagliore negli occhi, allegro e ironico». Ewan McGregor, che ha recitato con lei in Una vita esagerata: «Fantastica, naturale, diretta. E senza la solita spocchia hollywoodiana». [18] Cameron Crowe, che l’ha diretta in Vanilla Sky: «Sicuramente una donna divertente: compagnona, molto cameratesca, ma con una schietta sensualità». [15] Secondo Bob Farrelly, che l’ha diretta in Tutti pazzi per Mary, «è una Grace Kelly con il gas», certo non una nuova Marilyn Monroe: «Il paragone si ferma ai capelli biondi. Marilyn era insuperabile nel ruolo della bionda svampita. Cameron è più dura. Non vuol esser l’oca di nessuno. E non fa finta di esserlo. Marilyn lo faceva. Ti spingeva a pensare che lo fosse, e poi ti fregava. Cameron non lo farebbe mai. Non permetterebbe mai che gli altri avessero quell’immagine di lei». [20] Commenta lei: «Per interpretare la sciocchina si fa poca fatica, ma per risultare adorabile ci vuole impegno. Decisamente quell’immagine non faceva per me. Anche perché a svenire per me dopo Tutti pazzi per Mary erano soprattutto ragazzini brufolosi». [17] Ha spiegato Mario Sesti su ”L’Espresso”: «Sul set non mostra alcuna traccia di quella legnosità che spesso hanno le modelle quando si mettono a fare del cinema. Non si mette in posa, non studia il profilo migliore, non ha mai avuto, neanche all’inizio, quell’aria di non saper bene che farsene della propria bellezza che hanno sempre di fronte alla cinepresa, tanto per fare un esempio, le ex modelle nei film di Vanzina. Anzi. Il suo vero segreto, forse, è proprio quella vulnerabilità e innocenza, quell’indecente bisogno d’affetto che hanno i personaggi di Meg Ryan, ma iniettati in un corpo che pilota lo sguardo maschile con la stessa determinazione di quello di Sharon Stone». [3] «Il grande segreto di una intera stirpe di dive hollywoodiane - spiega ancora Sesti - da Ginger Rogers a Doris Day, è stato quello di saper liberare, al di sotto di una perfetta normalità da ”ragazza della porta accanto”, la forza dirompente di un erotismo feroce dietro le apparenze di un sorriso ingenuo e contagioso o un fisico armonico ma non appariscente. Hollywood lo sa bene: per stabilire una relazione impropria tra pubblico e diva bisogna essere allegre, comuni, carine. E bionde. Ma ciò che fa di lei un personaggio capace di portarsi appresso un’identità propria a ogni film che fa è quella vena di insolita crudeltà e follia che si fa largo tra gli occhi da cucciolo disneyano e le labbra elastiche che nel sorriso divorano metà del volto. Quell’espressione che mostra all’inizio di The Mask, quella che nel Senso dell’amore gli consente di far diventare matti di gelosia due fratelli, quella che le ha fatto accettare di andare in giro con un ciuffo impomatato di seme maschile in Tutti pazzi per Mary. Quel tocco satirico, insomma, che in Cose molto cattive si diverte a spennellare in ogni scena per descrivere al meglio la ragazza californiana disposta a passar sopra a un omicidio pur di non guastare la cerimonia del proprio matrimonio». [3] Ha scritto lo storico Giordano Bruno Guerri: «Ci interessiamo a lei perché con la sua aria scanzonata sembra prendersi gioco della sua stessa sensualità, di quegli occhi dinamici e della gestualità beffarda. Non è figlia d’arte come la rivale Gwyneth Paltrow, non ha il phisque du role della diva hollywoodiana e non è la ragazza della porta accanto. una modella – innanzitutto – che sa come interpretare il suo corpo. Frutto di globalizzazione fatta di carne che piace anche ai non global, o se il concetto vi offende dite pure che è una bellezza eclettica, una diva moderna che trasmette impressioni esotiche e indefinite. Ha studiato con una borsa di studio fatta apposta per integrare le minoranze e si è integrata tanto da diventare una ”frik&flyer” come gli americani chiamano chi vola continuamente dalla East alla West Coast, diventando modella di successo a 16 anni, ma stancandosene subito: non era il tipo da cadere preda dei modelizer, come i newyorkesi e i milanesi chiamano quegli uomini semplici che si accontentano di andare a letto soltanto con le modelle, meglio se dall’aria perversa o ingenua. Piace ai maschi, che vedendola al cinema sognano di farci una materassata, e alle donne che provano il piacere sottile di un’invidia non competitiva, perché la sua bellezza non esprime una sessualità sfacciata benché dichiari ai giornalisti che non porta il reggiseno, nonostante quell’ettaro di labbra e i fianchi che in Italia vengono definiti alla ”Ferilli” (gli americani la chiamano ”killer body”)». [21] Lei riassume: «Sono diventata un buon affare per Hollywood: lo constato ogni giorno. Ma non è il caso di fare i difficili: oggi ci sono ottimi ruoli per le donne nel cinema americano, la commedia (che è il mio genere preferito) è tornata in auge e finché c’è la possibilità di interpretare parti buffe alla Goldie Hawn per me va bene. Non puoi recitare cose che non ti appartengono. Io dal lavoro cerco prima di tutto divertimento e non vengo propriamente dalla Royal Shakespeare Company. Le storie giuste per me sono quelle che mi piacevano quando ero ragazzina: le avventure di Indiana Jones, i film di John Landis, di Mel Brooks, lo humour alla Dan Aykoryd e Chevy Chase». [17] E poi: «Certo, adesso tutti mi cercano. Chi non vorrebbe avere il lusso di poter scegliere un film o una parte? Ma io so benissimo che strisciare pancia a terra e cercare di raccattare tutto quello che si può non è mai stata roba per me. Non sto facendo una gara. Non c’è nessun posto da occupare per dire: ehi, quello lassù è il mio nome. Non voglio nulla di tutto questo». [20] Pensare che un tempo è stata addirittura una ”teledipendente”: «Sono andata in terapia per smettere di guardarla. Mi assorbiva completamente, non distinguevo, stavo attaccata allo schermo dalle 6 del mattino alle 6 di sera, a 21 anni. Ho preso la decisione di liberarmene dopo la bomba di Oklahoma City. Stavo girando Feeling Minnesota, ho guardato le notizie per venti minuti, la colonna sonora struggente, i bambini feriti, la gente che correva. Mi sono sentita male fisicamente, cominciavo a somatizzare i guai altrui. Non era così che volevo vivere». [22] Ha detto: «Se non fosse per le sedute di make-up sui set, sono una che tende a non guardarsi mai allo specchio. Come se avessi paura di scoprire che ho il naso sporco e nessuno ha avuto il coraggio di dirmelo». [15] «Ho un ottimo rapporto col mio corpo. Mi piace. Ma non vedo perché dovrei mostrarlo a tutti. Il sexy è nella misura del cervello, non in quella del seno e dei fianchi». [23] «La cosa che più mi piace di me? Le braccia». [1] «Francamente non appartengo a quella categoria di attrici che hanno sempre bisogno di sentirsi dire che sono splendide, mi annoia essere sempre uguale, sempre me stessa. Certo non è male essere considerati una certezza del botteghino, avere un bel conto in banca, sapere che le ragazze vorrebbero essere come te e i ragazzi sognano di portarti a letto. In realtà poi per strada nessuno ti riconosce e gli uomini ti guardano solo perché sei appena carina come tante altre». [17] «Vorrei tanto poter andare al supermercato e non posso, ma non mi metto certo a lamentarmi». [24] «Mangio solo salsicce e patatine fritte da quando ho l’età della ragione». [17] «Vivo seguendo il mantra che il destino ha sempre il controllo su di me». [22] «Se volete torturarmi, legatemi a una sedia e fatemi ascoltare tutto il giorno Mariah Carey in cuffia». [25] «Non faccio molto caso alla stampa. A volte guardo le foto, ma non leggo mai gli articoli che mi riguardano. Non è per cattiveria, ma se lo faccio finisco sempre per trovarci qualcosa che non mi sembra del tutto vero. Preferisco non infastidirmi ma non per questo limito le mie interviste. Mi rendo conto di quanto sia difficile rendere le cose nel modo giusto, soprattutto in poco spazio. Ma non voglio rischiare di innervosirmi». Note: [1] Michele Farina, ”Sette” n. 43/1997; [2] People Almanac 2003; [3] Mario Sesti, ”L’Espresso” 18/2/1999; [4] Maria Giulia Minetti, ”Specchio” 18/4/1998; [5] Silvia Bizio, ”d – la Repubblica delle donne” 19/6/2001; [6] Benedetta Pignatelli, ”Panorama”, 22/10/1998; [7] Claudio Carabba, ”Sette” n. 43/1998; [8] Stefano Pistolini, ”L’Espresso” 17/9/1998; [9] ”Celebrity” n. 3/1999; [10] Benedetta Pignatelli, ”Panorama”, 22/10/1998; [11] Lucia Corna, ”Io donna” n. 28/1999; [12] Lucia Corna, ”Io donna” n. 17/1999; [13] al giornale americano ”The Face”; ”Madame Class” gennaio 1999; [14] Emanuele Farneti, ”GQ” marzo 2000; [15] Silvia Bizio, ”Il Venerdì” 2/8/2002; [16] Silvia Bizio, ”Il Venerdì” 28/8/1998; [17] Paola Piacenza, ”Io donna” n. 49/1999; [18] Massimo Rota, ”Max” febbraio 2003; [19] Marina Terragni, ”Io donna” n.15/1998; [20] Robert Hofner, ”Sette” n. 49/1998; [21] Giordano Bruno Guerri, ”Capital”, gennaio 2003; [22] Silvia Bizio, ”d – la Repubblica delle donne” 9/3/1999; [23] Lucia Castagna, ”Sette” n. 12/1999; [24] ”La Stampa” 13/4/2001; [25] ad ”Harper’s Bazar”; ”Madame Class” marzo 1999; [26] Jo Gardner, ”Specchio” 26/2/2000.