Varie, 22 febbraio 2002
DINI
DINI Lamberto Firenze 1 marzo 1931. Politico. Economista. Laureato in Economia e commercio a Firenze, si è perfezionato presso le Università di Minnesota e del Michigan. Laurea honoris causa in giurisprudenza, dal 1959 al 1975 ha collaborato con il Fondo monetario internazionale fino a raggiungere la carica di direttore esecutivo, dal 1979 al 1994 è stato direttore generale della Banca d’Italia. Fondatore di Rinnovamento italiano, deputato nel 1996, ministro del Tesoro nel Berlusconi I, presidente del Consiglio dei ministri e ministro del Tesoro ad interim dal 18 gennaio 1995 all’11 gennaio 1996 (dall’ottobre 1995 anche ministro della Giustizia), è stato ministro degli esteri nei governi Prodi, D’Alema I e II, Amato II • «La sua carriera politica inizia agli albori del Polo quando Maurizio Gasparri dichiara: ”Il nostro ministro economico ideale è Lamberto Dini”. Raggiunto a Londra, Dini rispose: ”Grazie, però non so chi sia Gasparri”. E per non saper né leggere né scrivere chiamò Berlusconi facendosi presentare immediatamente Gasparri. Subito dopo prese in pugno la situazione la moglie Donatella, ben consigliata da Gaetano Rebecchini, fabbricante in Vaticano. [...]» (’Dizionario dei nuovi italiani illustri e meschini”, 10/10/1998). «[...] non è affatto un politico. [...] si definisce un civil servant. Ma con una spiccata vocazione alla leadership, e una naturale versatilità nel pianificarne il raggiungimento. Laureato in Economia, specializzato nelle Università di Michigan e Minnesota, uomo di punta del Fondo monetario internazionale per circa vent’anni, poi per altri quindici direttore generale della Banca d’Italia, Dini ha ”programmato” la sua carriera con piglio volitivo, pragmatico. Grande dedizione al lavoro, grandissima competenza tecnica. Ma anche salotti romani, feste mondane nel suo lussuoso attico in Piazza Fontanella Borghese. E dunque anche amicizie giuste (vere o presunte), come quelle con Craxi e Andreotti, spesso rinfacciategli dai colleghi in Bankitalia. Amicizie che gli costarono la promozione a governatore nel ”93. Lui nega: ”Ma quali amicizie? Se fosse vero che io ero un uomo del ”Caf’ , sarei diventato governatore della Banca d’Italia. E invece, per la prima volta nella storia dell’Istituto di emissione, il direttore generale fu scavalcato da un vice”. Fu un brutto colpo, per Dini, la prima, cocente sconfitta in una corsa al Prestigio e al Potere fino ad allora priva di ostacoli. Non protestò. Ma ricominciò a lavorare diligentemente, da bravo numero due della Banca. Aspettando la prima occasione per la Rivincita. Che arrivò a maggio 1994, allorché il governo delle destre lo chiamò al ministero del Tesoro. Anche in quel caso, a Dini, oltre che la competenza di tecnico e il prestigio internazionale, giovò qualche amicizia. Come quella con Cesare Previti, falco di Forza Italia, nella cui magione romana è spesso ospite. O come quella con lo stesso Berlusconi. ”Sì - ammette - gli sono amico, e per me l’amicizia è soprattutto lealtà”. Per questo, forse, nella giornata dell’incarico Dini può lamentare sommessamente un solo cruccio interiore: l’alba della sua Grande Rivincita coincide, nei fatti, con il tramonto dell’ amico e mentore Silvio. Gli succede a Palazzo Chigi, e cessa anche solo di apparire (perché in realtà non lo è mai stato) un uomo del Polo delle libertà. l’ uomo invece - come lui stesso ha annunciato, e come Scalfaro da lui esige - del ”governo dei tecnici” , del ”governo svincolato dall’appartenenza ai partiti politici”. [...] Dini è anche e soprattutto questo: un thatcheriano, liberista rigoroso, anti-statalista convinto. il teorico dei tagli draconiani alla spesa sociale e alla previdenza, è il ministro del Tesoro, il ”tecnico duro e puro” che, nelle notti di defatigante confronto con Cgil-Cisl-Uil sulla riforma delle pensioni ha sofferto più di ogni altro i cedimenti, gli ammiccamenti e le fumisterie verbose del ”politicante” Mastella. [...]» (Massimo Giannini, ”la Repubblica” 14/1/1995). «[...] Ministro berlusconiano prima. Poi presidente del Consiglio votato dalla sinistra. [...] ”Io non ero un parlamentare quando sono entrato a far parte del governo berlusconiano [...] Io non sono mai stato di Forza Italia. Venivo dalla cosiddetta Società Civile [...] Non sono io che ho voltato le spalle al governo di destra. Sono loro che hanno voltato le spalle a me. Ricorda? Era caduto il governo Berlusconi e lui stesso aveva fatto il mio nome al presidente della Repubblica per formare il governo. Gli accordi erano: governo di programma, composto esclusivamente da non parlamentari. Io formai un governo molto equilibrato in cui c’erano cinque ministri ”berlusconiani”, Frattini, Mozzo, Gambino, Mancuso e Corcione. Tutti gli altri erano persone di centro. Un governo di tecnici. Nonostante questo mi telefonavano continuamente per fare pressioni [...] Da qualcuno di Forza Italia ricevetti anche minacce. Mi invitava a rinunciare al mandato. Se non lo avessi fatto… [...] Il governo non fu votato da Forza Italia e dalle altre forze del centro destra che lo avevano promosso. Chi è il voltagabbana? [...] Il centro destra mi voltò le spalle [...] An voleva le elezioni. Berlusconi la pensava diversamente ma all’interno del Polo era nato questo atteggiamento di ostilità al governo del quale non poteva non tener conto [...] Non solo Fini. Anche altri, se ricordo bene, i Buttiglione… i D’Onofrio… [...] In Parlamento nacque una maggioranza spontanea [...] ricevetti svariate bastonate dal centro-destra , mozioni di sfiducia ed altro! [...] decisi di fondare Rinnovamento Italiano. Alle elezioni presi il 4,3 per cento dei voti. Contribuii fortemente alla sconfitta del centro-destra [...] 27 deputati e 12 senatori. Ma era un’alleanza elettorale. Infatti i socialisti se ne andarono per conto loro, quelli del Patto Segni anche. Quando si crearono i Democratici, Rivera, Fantozzi, la Mazzucca, Lucio Testa e altri vollero saltare sul carro di quello che sembrava il partito emergente. Poi alcuni di questi non sono stati più nemmeno rieletti. [...] Io sono molto orgoglioso dei miei genitori, dell’intelligenza con la quale mi hanno incoraggiato e sostenuto e anche di quanto ho fatto professionalmente [...] Avevo poca voglia di studiare. Ma dai 16 anni in poi ho cominciato a prendere passione. Alla fine la laurea l’ho presa con 110 e lode e pubblicazione di parte della tesi. Sono stato immediatamente assistente all’università a Roma e a Firenze. Poi andai negli Stati Uniti [...] Giocavo al calcio in una squadra di dilettanti di Firenze, la Caligaris. Ero mediano sinistro. Partecipavo alle attività del gruppo dei boy-scout di Ognissanti. Giocavo a biliardo con gli amici. Partecipavo a qualche spettacolo di teatro dialettale; Ma ero piuttosto timido e impacciato [...] Dopo l’università, negli Stati Uniti. Ero veramente anticonvenzionale a quei tempi. La barba l’avevano i pittori e gli artisti. Nel mondo della finanza e dell’economia era a malapena tollerata in Italia. Le istituzioni erano ancora estremamente conservatrici [...] Al Fondo Monetario, dove lavoravo, mi dissero amichevolmente che non era il caso. Io decisi che le ragioni amorose che mi avevano indotto alla barba erano venute meno. E mi tolsi la barba [...] Avevo ottenuto borse di studio di grande prestigio: la Fullbright, la Stringher. Ma mentre ero negli Stati Uniti all’università di Michigan, qualcuno da Roma, non seppi mai chi, fece il mio nome al Fondo Monetario. Io non ne volevo sapere. Ma l’offerta era allettante professionalmente e economicamente… [...] Quasi mezzo milione al mese, nel 1959, quando in Italia si entrava in banca con la laurea con stipendi di 65 mila lire al mese [...] Sono stato fortunato. Divenni direttore esecutivo nel 1976 [...] Ho vissuto negli Usa 20 anni. Mi sono anche sposato negli Stati Uniti. Con Solange. Il matrimonio è durato una quindicina di anni. Ho avuto una figlia, Paola [...] Per il Fondo Monetario andai nella Repubblica Centroafricana. Non posso rendermi conto se ho corso veramente dei rischi ma certamente negai a Bokassa un finanziamento. Lui era un grande uomo di teatro. Indicandomi il suo ministro delle Finanze disse: ”Questo cretino non mi ha detto nulla. Lei ha reso un grande servizio alla Repubblica Centroafricana’. E mi decorò sul posto Cavaliere del Centroafrica. Il ministro fu licenziato [...] Nell’autunno del 1979 fui nominato direttore generale della Banca d’Italia [...] Posso aver frequentato persone della massoneria. Ma certo non sono massone io. Ho frequentato per motivi professionali anche il ministro Stammati. Il settore della finanza e dell’economia è sempre stato un po’ in odore di massoneria… Molti della Banca d’Italia… perfino Ciampi si è dovuto difendere dal sospetto di essere massone… [...]» (Claudio Sabelli Fioretti, ”Sette” n. 43/2001).