Varie, 22 febbraio 2002
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Douglas Michael
• New Brunswick (Stati Uniti) 25 settembre 1944. Attore. Figlio di Kirk. Sposato con Katherine Zeta-Jones. «’Se avessi saputo che pezzo grosso sarebbe diventato mio figlio, sarei stato più carino con lui quando era un ragazzino”, ammette, col suo sarcasmo, il vecchio Kirk. [...] ”Ho cercato di resistere per un po’. Quando ero giovane, ribelle e facevo l’hippie all’Università di Santa Barbara negli anni ”60, deliravo su traiettorie opposte a quelle paterne, ma alla fine non ho saputo laurearmi altro che in arte drammatica. Una trasgressione fallita, la mia. [...] Anch’io mi sono specializzato in quei ritratti taglienti, imprevedibili, spiacevoli. Dicono che incarno la nevrosi dell’uomo contemporaneo di classe abbiente. Invecchiando, la somiglianza fisica con mio padre si è accentuata. E a pensarci bene, le nostre carriere hanno avuto percorsi simili. Anche lui ha iniziato recitando giovani uomini sensibili, fino a Il grande campione, a cui seguirono tutti quei ruoli più oscuri, pieni di furia e rabbia repressa. Questi personaggi sono il nostro forte. [...] In effetti ho la tendenza a creare uomini moralmente ambigui, generalmente agiati, le cui vite vengono fatte a pezzi da estranei. Sinceramente ne sono anche un po’ stufo: non disdegnerei un film in costume o un film che anche i miei figli piccoli possano apprezzare. [...] Non saprei definirmi se non attraverso un bel complimento che una volta mi sono sentito fare: ”Quando vedo il suo nome in cartellone non ho idea di che tipo di film sia, ma so che sarà un buon film’. Nessuno sa cosa aspettarsi da me. un atout che mi permette di giocare le mani più imprevedibili, e su diversi tavoli. [...] Posso lavorare sia sulla scelta del materiale sia sull’esecuzione: il fatto di essere produttore mi ha aiutato come attore. Oggi è particolarmente importante che un attore si faccia carico in prima persona dello sviluppo dei progetti, per mettere in moto le produzioni di cui vuole far parte. [...] Avevo imparato prima, sul set di Le strade di San Francisco. Si girava sei giorni a settimana, senza soste. Si producevano 26 ore a stagione per otto mesi e mezzo. Non c’è aspetto della produzione che io non abbia imparato allora. Per non parlare della recitazione: Karl Malden è stato un grande maestro per me. [...] Sono apolitico. Ma sono un appassionato di cronaca, un maniaco delle notizie, un topo di giornali. Mi interesso e mi preoccupo per quello che succede nel nostro piccolo pianeta. Ero più di sinistra un tempo. Con l’età ci si modera sempre, si diventa un po’ conservatori [...]» (Silvia Bizio, ”L’espresso”, 29/1/2004). «Michael Douglas ricorda con piacere il complimento che gli fece tempo fa uno sconosciuto per strada: ”Quando vedo il suo nome non so mai che tipo di film sarà. So solo che, nove su dieci, si tratta di un buon film”. L´imprevedibilità, dice Douglas, è diventata il suo asso nella manica. E anche quando recita in una commedia che non ha altra ambizione che divertire [...] spera sempre d´intrattenere il pubblico in modo intelligente. Alle soglie dei 60 anni, l´attore è disposto persino a rimanere un rispettoso passo indietro rispetto alla sua bellissima moglie, l´attrice gallese Catherine Zeta-Jones, madre dei suoi due bambini [...] Due premi Oscar, uno come produttore per Qualcuno volò sul nido del cuculo (1975) e uno come attore per Wall Street (1988), Douglas ha lasciato il segno con film popolari e discussi come Basic Instinct, Un giorno d´ordinaria follia e Attrazione fatale [...] Se pensiamo ai problemi che tuttora hanno le nostre colleghe quando superano una certa età, noi maschi proprio non abbiamo di che lamentarci. E poi vedo tipi più vecchi di me, come Jack Nicholson o Anthony Hopkins, che stanno facendo cose splendide: in piena forma professionale e capaci di godersi la vita. Sono un uomo felicemente sposato, non più roso dall´ambizione sfrenata come quando ero giovane, non ho più nulla da dimostrare. Mi preoccuperei se fossi arrivato ai 60 solo, senza una famiglia, senza altro che la carriera a cui pensare. Sarei patetico [...]”» (Silvia Bizio, ”la Repubblica” 1/4/2004). Tra i suoi film ce n’è qualcuno che l’ha influenzat” come persona? ”In particolare La sindrome cinese, un film che, come quasi tutti i miei film, a Hollywood nessuno voleva, dicevano che era incredibile e noioso. Tre settimane dopo l’uscita è successo in America un disastro nucleare come quello del film. Non sono religioso, ma la circostanza mi ha segnato, sono diventato ambasciatore dell’Onu per il disarmo nucleare e più tardi, dopo l’uccisione di John Lennon - abitavo nel suo palazzo - anche per l’abolizione delle piccole armi [...] Ho cominciato senza convinzione, all’università facevo l’hippy, pensavo solo a divertirmi. Quando ho dovuto scegliere ho scelto la recitazione, ho cominciato in teatro, nell’off Broadway, finché non è capitata la serie tv Le strade di San Francisco: quattro anni, nove mesi l’anno, sei giorni la settimana, 104 ore di tv. Ho imparato molto e quando mi è capitato Qualcuno volò sul nido del cuculo, altro film respinto da Hollywood, ho voluto produrlo. Ho avuto l’Oscar come produttore, ma come attore ero ancora quello della tv. All’inizio ero nervoso e insicuro, finché, tra l’86 e l’87, sono usciti Attrazione fatale e Wall street, un successo commerciale e uno critico, che mi hanno rassicurato. E ho trovato la quiete”» (Maria Pia Fusco, ”la Repubblica” 21/6/2004).