Varie, 22 febbraio 2002
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Duncan Tim
• St. Croix (Isole Vergini) 25 aprile 1976. Giocatore di basket dei San Antonio Spurs. Quattro titoli Nba (1999, 2003, 2005, 2007). Dopo l’Università a Wake Forest, è stato prima scelta assoluta Nba nel 1997, preso dagli Spurs. Dopo la prima stagione nell’Nba, è nominato rookie dell’anno. Nel 1999 conduce San Antonio al primo titolo della storia ed è eletto miglior giocatore della finale. Per due stagioni consecutive, nel 2002 e nel 2003 (anno in cui vince il secondo titolo Nba) viene nominato mvp della stagione regolare. «Non lo troverete mai sulla copertina di un giornale con la faccia da duro. Tim Duncan non ha cartelli come quelli di Kenyon Martin ("Cerca e distruggi") appesi nell’armadietto del suo spogliatoio. Non alza mai la voce, esulta raramente con gesti appariscenti, non si batte il petto dopo ogni canestro. Sembra quasi che non gliene freghi niente di tutto ciò che gli sta attorno. Così come del titolo "Stella più noiosa dello sport" affibbiatogli dalla rivista "Sports Illustrated". O del fatto che la sua maglia numero 21 sia solo 15ª nella classifiche delle vendite in America. Ma non è apatia, non è supponenza, non è alterigia. solo il suo modo di fare e di essere. [...] Solo l’ombra di Shaq può ancora incutergli timore, ma non per molto. Anzi, è opinione diffusa che in questo momento il caraibico gli sia superiore. E i fatti danno ragione a chi lo ha incoronato numero uno. Due mvp consecutivi, miglior giocatore delle finali per la seconda volta in carriera (è il nono a fare la doppietta playoff- regular season), due titoli Nba. Uno studente del gioco, non uno dei tanti che vivono alla giornata, che si accontentano di campare sul talento e sull’improvvisazione. "Tim non si stanca mai di guardare filmati di se stesso e degli avversari – spiega coach Popovich – . La sua mente è sempre in movimento". [...] Forse piacciono di più tipi come Rasheed Wallace, ma allora vuol dire che c’è qualcosa che non va, qualcosa di terribilmente sbagliato nel modo di concepire lo sport. Ognivolta, tante volte, gli viene chiesto di parlare della sua personalità, del suo modo di essere: "Non è qualcosa a cui penso spesso" risponde con calma olimpica Duncan. In campo è diventato, non lo è sempre stato nonostante il talento, un giocatore fantastico e non solo per le cifre che mette a referto ogni volta che si allaccia le scarpe (come con le 32 stoppate in una serie finale, record Nba). lui il vero playmaker della squadra, è lui che detta i ritmi, è lui che sa come e quando passare la palla ai compagni, quando tenerla e andare a canestro, o tirare in sospensione, spesso usando il tabellone, arte che ha ormai appreso alla perfezione. Se non siete in grado di apprezzare la bellezza del gioco di Tim, vuol dire che non state guardando attentamente o che non amate il basket. [...] Se ha un difetto, lavora e lo corregge in tempo record. Sembra un giocatore di scacchi: muove le pedine sul campo a suo piacimento, con genialità e sapienza. TD, così lo chiama coach Popovich. Una stella che non si lascia influenzare dai fattori esterni» (Massimo Oriani, "La Gazzetta dello Sport" 18/6/2003).