Varie, 25 febbraio 2002
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Ecclestone Bernie
• Ipswich (Gran Bretagna) 28 ottobre 1930. Imprenditore • «Il grande regista della Formula 1, l’uomo che tira i fili, e che ha reso questo mondo ricchissimo» (Stefano Zaino). «Nelle gare automobilistiche si chiama ”moment” quella frazione di secondo in cui il pilota sta per schiantarsi, ma per un riflesso, o per un miracolo, riesce a evitare il disastro. Bernie Ecclestone, leggendario capo della Formula Uno, di questi ”moment” ne ha vissuti molti durante la sua lunga carriera a ”quattro ruote”. Dal 1950, Ecclestone è passato dal ruolo di pilota a quello di proprietario di un team, fino a diventare l’uomo alla guida di quella incredibile kermesse che è il mondo della Formula Uno. Prima che Ecclestone ne assumesse il controllo nei primi anni ’80, la Formula Uno era un’impresa che lottava per trovare la sua strada nell’era moderna. Ecclestone è riuscito a trasformarla in una macchina sforna-soldi e in un impero personale, soprattutto riunendo e vendendo i diritti televisivi e quelli commerciali come pacchetto unico (un tempo i diritti venivano venduti di gran premio in gran premio). Ora la F1 è seguita da un’audience media mondiale di 388 milioni spettatori (fanno meglio solo i campionati del mondo di calcio e le olimpiadi). Ha un giro di affari che ogni anno gli porta nella casse circa 3 miliardi di dollari. Bernie, com’è chiamato nei circoli di F1, ne ha beneficiato ampiamente. Recentemente la rivista ”Forbes” l’ha definito il secondo uomo più ricco del Regno Unito, stimando il suo conto in banca sui 3,2 miliardi di dollari. Ma oggi la roccaforte di Ecclestone, fino a ieri una corazzata inespugnabile, è minacciata. Il boss non possiede più la chiave dei diritti televisivi. Dopo una serie di accordi chiusi nel 2001, Kirch Media ha acquistato il 75 per cento della Slec, la società di Ecclestone che controllava i diritti tv delle corse, chiamata così dal nome della moglie croata di Bernie, Slavica, un’ex modella. Quando Kirch è crollato, il controllo del business tv è passato a un consorzio di banche [...]» (Michael Hastings, ”L’Espresso” 14/8/2003).