Varie, 25 febbraio 2002
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Ekberg Anita
• Malmö (Svezia) 29 settembre 1931. Attrice • «[...] imponente, nel suo metro e ottanta un tempo modellato da misure vichinghe: 102-60-99 [...] dopo i fulgori de La dolce vita [...] inghiottita da piccole parti insignificanti in piccoli e insignificanti film [...] “[...] Tutto cominciato pe’ dispiaceri, sa. Di quando mio secondo marito Rick von Nutter no aveva voglia di lavorare, e derubato me e messo me in rovina. Preso a ingrassare solo per i nervi. E tutti a scrivere che Anita sfasciata, Anita montagna de ciccia, e così Anita a un certo punto detto basta, e andata in clinica tedesca per dimagrire, e lì perso 35 chili in due mesi. Ma quando tornata, e te parlo de ’78, sai che successo? Successo che malelingue ancora scritto che fatte tante operazioni de plastica per togliere grasso. [...] in 1960 io facevo servizio su Roma by night con Pierluigi. E siccome abitudine di camminare scalza, me taglio piede. ‘Devo trovare fontanella per lavare’, dico. Così viene fori questa fontanona che non sapevo fosse di Trevi. Morale: mi siedo su bordo e lavo. Acqua è bellissima, freschissima. Il tempo è d’agosto e si usavano queste gonne larghe con tante sottovesti per far stare ancora più larghe. Io avevo una quadratini bianchi e rosa, con camicia uguale tipo omo, e cintura. Così mi alzo tutto e comincio a camminare dentro. Pierluigi sta insonnolito su gradino. Io chiamo. ‘Vieni, Pierluigi. Vieni.’. Lui dice: ‘Lassame pérde, che so’ stanco’. Ma dopo apre occhio, apre altro e de novo comincia a scattare come matto e subito quella foto stampata su tutti le giornali. Fellini era già famoso per il suo film La strada eccetera, che io visto in Hollywood in piccolo cinema d’essai con Gary Cooper e piaciuto molto ma di lui no me ricordavo. Lui chiamato mio agente: ‘Voglio incontrare signora Ekberg’, detto. Mio agente detto me. Io non volevo. Ero sotto contratto con California e non volevo complicamenti. Ma lui insistito, mio agente anche, e così detto: ‘Va bene, va bene’, e lui venuto Hotel de la Ville. ‘Fammi vedere copione’, detto io. E lui: ‘Non ce l’ho’. ‘Come non hai?’, detto io. E lui: ‘Non mi serve’. Io detto: ‘E come poi fare film, senza copione?’. Lui detto: ‘Posso, posso’. ‘E il dialogo?’, detto io. Lui detto: ‘Quello semmai lo scrivi tu’. ‘Io? Ma se scritto solo qualche lettera miei genitori eccetera, come pensi che scrivo dialogo?’. ‘Allora scriviamo insieme’, detto lui. Io che venivo di America, dove tutto programmato tanto, pensato che quello matto e detto anche mio agente, dopo: ‘Quello matto che forse non vole me per film ma per qualche altra cosa che puoi immaginare’”. Invece poi lo fece, il film. E fu un successo internazionale. E lei della “dolce vita” di quegli anni divenne il simbolo del peccato e delle sregolatezze. Delle follie e dei deliri di sensi. La chiamavano The Body, il corpo, e fu quasi un’ossessione erotica, per lungo tempo... “Questo è qualche cosa che a me mi ha sempre sbalordito, sa. Perché io mai fatto niente per creare notizia o altro: tutto sempre spontaneo, di gioia di vivere e di esuberanza. Come camminare scalza, un modo mio di avere contatto con la natura e sentirmi libera. Come girare in macchina scoperta anche con pioggia. Come con li òmini. Tutte mie relazioni sempre state preziose, sa: io non son leggera in quel senso che... Se po’ dire parolaggia? De scopata e basta, ecco. No: devo avere sempre qualche cosa di sentimentale, se no non faccio. E invece giornalisti sempre a scrivere il contrario... [...] tante buggerie [...] Come che son diventata famosa con Dolce vita e invece io famosa ero già, già attrice di Hollywood che girato con Sinatra, Bob Hope, Bing Crosby, Jerry Lewis [...] quello di Dolce vita è rollo che un poco mi ha anche fregato, dopo. Perché dopo, offerti molti film ma sempre di diva straniera che arriva in Roma eccetera eccetera... [...] mio secondo marito Rick von Nutter [...] portato via proprio da A a zeta: mobili, sovrammobbele, quadri, tappeti, più de 5000 libri, e persino cose de argenteria che ha regalato mia prima socera. Io stava fuori Italia per curarme i postumi de epatite virale. E accorta anno dopo, che lui chiamato proprio trasloco e svotato casa. Dopo ladro mio marito, due volte ladri di professione, e uno minacciandomi anche con lupara [...] Educazione che data mio padre e mia madre. Lui che a Malmö, in Svezia, era port master, e cioò quello che segna i posti dove attraccare le navi, me insegnava, e anche molto severamente. Arrivata dopo cinque maschi, io ero sua favorita. Ma favorita o no favorita, spesso botte che certe volte non potevo neanche sedermi. Col battitappeto, sa. E l’umiliazione era che quando tuo culetto già diventato tutto rosso, tu dovevi riportare e appendere battitappeto prioprio posto. [...] venne fuori questo consorso di miss. ‘Perché non provi?’, diceva mamma. E io: ‘Con tante belle ragazze eccetera che ci provo a fare?’, io cresciuta così rapida che diventa magra come spaghetto, e anche con voce un poco rauca, che i miei compagni mi portavano in giro dicendo che era voce di maschio. Ma lei insisteva: ‘Va’, va’, che una volta per sempre fai tappare la bocca a tuo padre’. Difatti: ‘Tu sei bona de nulla’, diceva lui. ‘Tu sarai sempre dipendente mio finché io morto’. [...] Insomma: andata. E vinto [...] Dopo, vinto anche in Stoccolma. E anche biglietto aereo per Atlantic City per fare ospite d’onore a Miss America. E là subito un sacco di offerte [...]” [...] Tyrone Power [...] Lui già era in molte difficolta di matrimonio con Linda Christian, e me voleva sposare. ‘Oggi domando divorzio’, diceva, e domani diceva lo stesso e anche dopodomani. Finché Linda dice che incinta de novo e allora io dico: ‘Buonafortuna e addio’”. Ma poi appare Gary Cooper... “E anche lui m’ha chiesto matrimonio, anche lui in procinto di divorzio, e con moglie che col cavolo lo dava, e allora io che adoravo, rispettavo, ma non grande amore, perché lui anche molto timido e calmo, e invece io sempre bollente e allegra detto ancora: ‘Bonafortuna e addio’”. Per passar con Sinatra, stando ai suoi biografi... “Neanche con Frankie grande amore, tu sai che è uno che vole che quella che sta con lui fa quello che dice e basta, e a me non mi va, io personalità forte, io non accetto che lui comanda e tu devi scattare [...]”. Così fu la volta di Yul Brinner... “Lui sì molto maschio e selvaggio’”. [...]» (Lina Coletti, “L’Europeo” n. 30/1987).