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 2002  febbraio 25 Lunedì calendario

Elkann John

• New York (Stati Uniti) 1 aprile 1976. Industriale. Presidente della Fiat (dal 2010). Presidente e ad di Exor. Figlio di Margherita Agnelli ed Alain Elkann. Studi liceali a Parigi, dove conseguì la maturità classica al liceo Victor Duruy, laurea in Ingegneria gestionale al Politecnico di Torino • «Gianni Agnelli era convinto che il modo più sicuro per poter conservare un impero di famiglia, specie se costruito attorno a una grande impresa, fosse quello di affidarlo a un solo erede. “In casa nostra comanda uno per volta” soleva ricordare, richiamando alla memoria uno dei consigli ricevuti dal nonno fondatore della Fiat nelle passeggiate del Sestriere. Perciò quando avverte che sta per scoccare l’ora di passare in altre mani il timone sceglie il nipote John. “Risolveremo con fermezza e subito il problema” dichiara all’indomani della prematura scomparsa di Giovannino, bloccando sul nascere una lettura distorta del vuoto lasciato dal nipote candidato alla presidenza della Fiat. “John è giovane ma ha già dimostrato di possedere notevoli capacità e doti morali” dice di lui l’Avvocato. “Ritengo che il suo ingresso sia il modo più significativo per far sentire, anche simbolicamente, la continuità della vicinanza della famiglia nei confronti della Fiat e del management”. Il giovane Yaki, come lo chiamano in famiglia, ha 22 anni quando viene cooptato nel cda della Fiat, la stessa che aveva l’Avvocato quando nel ’43 il nonno-capostipite gli aprì le porte del consiglio. È il dicembre del 1997 e c’è chi dice che prima di fare questa scelta Gianni Agnelli abbia coltivato anche l’idea di un’affiliazione per poter formalmente dare il cognome al nipote. Non è vero, ma è un fatto che da quel momento il futuro vicepresidente della Fiat vive nel mito del nonno. Quella dell’Avvocato è un’ombra che lo sovrasta ma non lo opprime. Si sente protetto e pur sapendo di avere davanti un lungo tirocinio confida di potercela fare. Con il nonno si instaura un rapporto che, soprattutto dopo la morte dello zio Edoardo, riproduce quello tra il vecchio senatore e l’Avvocato. È un rapporto filiale che segna la vita di John e lo accompagna trasformandolo da giovane delfino in successore. Quando nel 2003 muore Gianni Agnelli l’erede designato ha 27 anni e in molti, dentro e fuori la famiglia, aspettano di vederlo alla prova in un momento in cui la Fiat è alle prese con una delle peggiori crisi della sua storia centenaria. Il sodalizio-apprendistato con il nonno lo ha allontanato dalla famiglia naturale e il divorzio della madre dal primo marito Alain Elkann deve aver pesato non poco su un ragazzo che è stato costretto ad accelerare la sua marcia di avvicinamento a un potere che rischia di schiacciarlo. Ma uno dopo l’altro John mette assieme nel suo palmares un numero di incarichi all’interno del gruppo di famiglia che neppure l’Avvocato alla sua età era riuscito a conquistare. Per questo deve fare silenziosamente i conti con la gelosia di cugini e parenti vari che però non si traduce mai in ostilità. Parla poco e ascolta. Soprattutto i consigli che adesso gli vengono dispensati generosamente da Gian Luigi Gabetti e da Sergio Marchionne. In Corso Matteotti e al Lingotto questi due uomini lo proteggono e lo guidano evitandogli la sorte di un Romolo Augustolo condannato a legare il suo nome al declino di un impero. Viaggia molto e anche in questo cerca di collocarsi nella scia del nonno, nella certezza che la conoscenza del mondo lo aiuterà ad affrontare la prova alla quale è destinato. Sul fronte finanziario c’è Gabetti e su quello industriale c’è Marchionne. Nel 2006 Time scrive che “la più famosa tra le grandi aziende italiane sarà presto nelle mani del nipote di Gianni Agnelli”. Ma John sa che ancora non è il suo turno, che deve aspettare, e quando il WSJ insiste sulla stanchezza del capitalismo familiare lui replica come avrebbe fatto l’Avvocato: “Come famiglia noi abbiamo sempre considerato che il nostro ruolo è quello di garantire la stabilità per la Fiat. Questo è quello che mio nonno ha cercato di fare”. E che lui prova a fare anche quando la guerra per l’eredità lo mette di fronte a una prova che non ha messo in conto, costringendolo a scegliere tra il mito del nonno e l’affetto verso la madre. È convinto sin dall’inizio che questa poco edificante storia finirà nell’aula di un tribunale, ma coltiva sempre la speranza di un accomodamento che possa rinsaldare il suo rapporto con una madre con la quale è vissuto troppo poco assieme. Fino a quando la degenerazione e l’imbarbarimento delle polemiche che vedono la famiglia Agnelli esposta a un attacco senza precedenti da parte dei giornali berlusconiani non lo ricacciano nella solitudine del potere per uscire dalla quale egli sceglie ancora una volta di difendere la memoria del mito chiamato Gianni Agnelli» (Salvatore Tropea, “la Repubblica” 2/9/2009) • «Quando alla fine del ‘97, scomparso Giovanni Alberto Agnelli, l’Avvocato lo designa erede con una decisione “presa immediatamente per far sentire anche simbolicamente la continuità”, è un ragazzo alto e magro, con il viso che conserva i tratti delicati e incerti dell’adolescenza. I fotografi, prima di allora, lo avevano colto allo stadio, accanto al nonno. Giacca a vento rossa, capelli un po’ scomposti. Troppo giovane per entrare nel consiglio del più grande gruppo industriale italiano? Risponde Giovanni Agnelli: “No. Io, nel ‘43, avevo la stessa età”. Cinque anni dopo John detto “Jaki”, primogenito di Margherita Agnelli, pittrice che sceglie soprattutto soggetti religiosi, e dello scrittore Alain Elkann, ha ancora il viso da ragazzo, e per i fotografi è ormai l’icona del “principino”. “È figlio di artisti, ma è un giovane normalissimo, sensibile e semplice”, dice Fratel Igino, direttore del collegio universitario torinese San Giuseppe, dove John, quando era studente al Politecnico, ha soggiornato per tre anni. “Di lui ho capito molto in due occasioni. Quando è arrivato qui, accompagnato dalla madre. Noi abbiamo una regola: tutti gli studenti per un anno rinunciano all’auto. Per un Agnelli, è una ‘legge’ un po’ strana. E lui? Ha detto: benissimo, ed è andato solo in motorino, un vecchio ciclomotore”. Il secondo episodio racconta dei legami profondi con il nonno. “La prima delle tante volte che l’Avvocato è venuto a trovarlo, mi ha chiesto di vedere la sua stanza. Non c’è problema, gli ho risposto, ma un po’ austera, nessun lusso, ... E lui: ah, va benissimo. Guardi, è molto, molto meglio della mia stanzetta da ufficiale”. Chi lo conosce bene dice che, dal nonno, Jaki ha ricevuto non solo lo scettro, e in fondo anche l’onere, della “continuità” di famiglia. Ancor prima ha ereditato le passioni, aspetti del carattere, e perfino la “erre” che rende così simili le voci. Tutti conoscono il suo entusiasmo per le automobili, la vela, lo sci, il tennis e il calcio. “Sono diventato tifoso a tal punto — ha detto — che quando vado a Londra con i miei fratelli, li porto alla pizzeria Juventus”. Meno nota è invece la sua predilezione per uno sport che riporta al passato da ufficiale dell’Avvocato: per anni ha tirato di sciabola, confermando l’iscrizione all’esclusivo circolo della scherma. Al nonno, John “obbedisce” sempre, senza esitazioni, pur consegnandogli negli anni la certezza di un nipote dalla personalità tutt’altro che subalterna. Quando l’Avvocato gli fa capire di volerlo vicino, Jaki ci riflette un po’, ma non dice di no. Il ragazzo è cosmopolita da sempre: nasce a New York, vive in Gran Bretagna, Brasile e Francia. Conclude le superiori a Parigi, presso il liceo Victor Duruy, una delle più severe della capitale d’Oltralpe: vi insegnò filosofia anche Simone de Beauvoir nel ‘29. Per la laurea però la scelta è il Politecnico a Torino. Vive al collegio universitario, spesso l’Avvocato lo vuole con sé. Anche per poche ore. Come quando lo porta allo stadio in Germania. Partenza alle 19, rientro alle 24. Ad attenderlo c’è Fratel Igino. Nel frattempo scorre il tirocinio pratico. L’apprendistato prevede un mese da operaio alla Magneti Marelli in Gran Bretagna, un mese in Polonia, esperienze in divisioni del gruppo, perfino uno stage da “venditore” di auto al concessionario di Lille. Il cammino prende però presto una direzione inattesa: nel ‘97, dopo la morte del figlio di Umberto, Giovannino, l’Avvocato lo designa erede. Entra nel board Fiat e in quello della “cassaforte” di famiglia, la Giovanni Agnelli & C. Nel luglio 2002, dopo un’esperienza come auditor in General Electric, entra nell’area sviluppo e strategie del Lingotto. […] Le cronache sembrano ritrarlo oltre la giovinezza del suo volto, ma indugiano sul “principino” quando lo colgono sulle nevi di Sankt Moritz con la fidanzata Lavinia Borromeo. In fondo, tra le pieghe “rosa”, sembrano volere che il giovane, normalissimo ragazzo, diventi presto re» (Sergio Bocconi, “Corriere della Sera” 25/1/2003).