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 2002  febbraio 25 Lunedì calendario

Ellroy James

• Los Angeles (Stati Uniti) 4 marzo 1948. Scrittore. Dopo un’infanzia e un’adolescenza drammatiche, segnate dal barbaro assassinio della madre, seguono la prigione, la droga, l’alcol. Ottiene il successo internazionale nel 1984 con il romanzo Dalia nera, che lo consacra come uno dei grandi scrittori americani. Libri di maggior successo: LA Confidential, American Tabloid, My Dark Places ( ”liberal” 25/6/1998). Quando gli uccidono la mamma «ha appena dieci anni e sta trascorrendo un week-end con il padre, da cui la donna è separata. Quando gli comunicano la notizia, James ”reagisce in modo piuttosto tranquillo”, ma dopo di allora la sua vita non sarà affatto tranquilla. Nella testa del bambino, e poi in quella dell´adolescente, e infine dell´adulto, si radica e matura un´inarrestabile ossessione per il delitto, per ogni genere di delitto. Al punto che il mondo intero diventa ai suoi occhi un gigantesco repertorio criminale: ”Sapevo che tutto, inevitabilmente, va a finire caoticamente male. La validità del mio addestramento empirico al caos era inoppugnabile”. James cresce come un vero sbandato, sempre al confine tra demenza e morte: tra esibizioni nazisteggianti e consumo spropositato di anfetamine; bombe incendiarie e collassi cardiaci. La Rossa (come viene chiamata la madre) abiterà ininterrottamente i suoi incubi e la lettura tumultuosa di romanzi gialli alimenterà ulteriormente l´apocalittico apparato immaginativo del ragazzino. ”Ogni libro che leggevo era un contorto omaggio a lei. Ogni mistero irrisolto era un´ellittica manifestazione del mio inconfessato amore per lei”. Questo terrificante imprinting da un lato sarà alla base della sua successiva, fortunata carriera di scrittore, dall´altro gli offrirà l´occasione di costruire (anzi, ricostruire) una personalità che nei primi trent´anni di vita sembrava definitivamente compromessa: prima un continuo andirivieni tra riformatori e carceri per ubriachezza, taccheggio, violazioni di domicilio; poi le prime ”voci” e i primi attacchi di delirium tremens. Eppure, anche al culmine di tale propensione autodistruttiva, resta un lampo di autoconservazione. Sua madre gli ha trasmesso sì la maledizione, ma anche il dono, dell´ossessione: cominciata come curiosità che prende il posto del dolore infantile, germogliata come brama per una tetra consapevolezza, tramutatasi infine in un sete spasmodica per ogni tipo di sollecitazioni sessuali e mentali. Ed è proprio quell´ossessione che lo mantiene letteralmente in vita: ”La Rossa mi aveva contagiato la propria brama di sesso e di morte. Mi aveva dato un perenne enigma su cui rimuginare e dal quale apprendere. Mi aveva dato l´epoca e i luoghi della propria morte affinché li sfruttassi e ne ricavassi fama e benessere. Si era fatta centro del mondo romanzesco che avrei creato e del lieto mondo reale in cui sarei vissuto”. E´ proprio così e bene lo dimostra Dalia nera […] sigillo dell´inarrestabile successo di Ellroy e dedicato con parole lapidarie - guarda caso - proprio alla madre: ”ventinove anni dopo, queste pagine d´addio in lettere di sangue”. E´ vero, manca ancora del tempo prima che lo scrittore affronti di petto il caso della Rossa. Ma il meccanismo maniacale che la sua tragica fine ha innescato e che sarà alla base dell´intera esperienza narrativa di Ellroy, è già scattato. Stavolta il caso - che nell´immediato secondo dopoguerra metterà a soqquadro l´intera California - riguarda una ragazza, per l´appunto la Dalia nera, il cui corpo è stato lungamente torturato e infine squarciato in due. La descrizione del corpo ritrovato, come sempre in Ellroy, è restituita con l´acribia di un anatomopatologo: ”Mi feci largo fra gli uomini della pattuglia: c´era il corpo nudo e mutilato di una giovane donna, tagliato in due all´altezza dei fianchi. La metà inferiore giaceva a gambe divaricate qualche metro più in là del torso. Sulla coscia sinistra era stato inciso un grosso triangolo e un orribile taglio si allungava dal bordo sezionato fino a raggiungere il pelo pubico. I lembi di pelle erano tirati all´indietro e si poteva vedere come gli organi interni fossero stati asportati. [...] Altri sfregi straziavano le carni fino a raggiungere le ossa, ma il peggio era il viso della ragazza, bruciacchiato, con il naso rincagnato nella cavità facciale, la bocca devastata da uno squarcio che andava da un orecchio all´altro. Pareva sghignazzasse, dava l´idea di farsi beffe delle brutalità inflitte nel resto del corpo. Avrei potuto portare quel ghigno con me fino alla tomba, ne ero certo” […] Critico verso Chandler e grande appassionato di Hammett (’il primo scriveva dell´uomo che avrebbe voluto essere, il secondo dell´uomo che aveva paura di essere” - ha detto in un´intervista a Carlo Lucarelli), James Ellroy intende dirci che il mondo non si divide affatto in buoni e cattivi, e l´assassino, nove volte su dieci, non è che il Male che ciascuno porta dentro di sé» (Franco Marcoaldi, ”la Repubblica” 29/7/2003). «I racconti sono romanzi in minuscolo. Sono dei condensati da colpo di scena. Hanno connotati di epifanie e vita dura. Miniaturizzare non è facile. I racconti sono tecnica da orologiaio applicata alle parole. Io preferisco la forma del romanzo. Mi piace adattare la legge dei racconti – ”ogni parola pesa” - al respiro di vite estremamente dure. [...] I romanzi mi hanno preso anni di lavoro. I racconti mi hanno preso più tempo per ciascuna pagina, più tempo per ciascuna frase, più tempo per ciascuna parola. A spingermi verso la forma del racconto è stato un mio amico editor. Gliene sono grato. Il racconto bilancia linea narrativa e caratterizzazione, e restringe la portata dell’intreccio. La tecnica del racconto insegna al romanziere a concepire in maniera più semplice e a concentrare l’effetto. La tecnica del racconto mi ha insegnato a pensare in maniera più diretta e sicura. La tecnica del racconto mi ha insegnato ad adottare la prospettiva del lettore e a ripensare il mio concetto di intreccio. La tecnica del racconto mi ha insegnato a concepire in maniera tematica e a usare la concisione per far risaltare i personaggi. L’amico editor mi ha costretto ad affrontare il genere col ricatto. Gli dovevo dei favori. Il mio impegno ha ripagato il debito. L’impegno si è rivelato talento naturale camuffato da duro lavoro. Il racconto è l’universo alternativo del romanziere. una tregua dalla concentrazione all’ingrosso e un corso intensivo di concentrazione al minuto. una vacanza dai vasti confini del campo visivo e un manuale di sintesi del punto di vista. tecnica da orologiaio insegnata ad architetti e ingegneri. Intreccio e personaggi devono amalgamarsi e armonizzare in fretta. Il colpo di scena dev’essere potente e plausibile. Tutto deve appoggiare in pari misura su detto e sottinteso. L’equilibrio dev’essere perfetto. Il racconto giallo è tecnica nella tecnica. Il bisogno di intreccio mette in pericolo quell’equilibrio. La narrativa gialla è narrativa poliziesca. La narrativa poliziesca è narrativa tradizionale con più densità di intreccio e pari impegno nello sviluppo dei personaggi. Gettare reti di intreccio larghe è relativamente facile. Ridurle a dimensioni da racconto fa soffrire il romanziere. Già - però è un gran bel soffrire. Concisione. Precisione. Estrai l’essenza o soccombi allo scherno del lettore. Stuzzica col soggetto, invischia con l’intreccio, sturba con la soluzione. Non puoi languire col linguaggio. Non puoi nicchiare con le chiacchiere. Non puoi indulgere in idilli inerti. Devi distinguere, discriminare, dire. La forma affranca così come limita. La narrativa poliziesca e quella gialla hanno sempre celebrato l´insolito più del prosaico. Integrità individuale e corruzione. Società dissociate. Omicidio come inadempienza morale. I Grandi Temi della narrativa poliziesca e gialla massacrano minimalismo e minuzie da narrativa tradizionale. Estasiano, edificano, emozionano. Occasionalmente orbitano oltraggiosità orgiastiche. Mestano morbosità melodrammatiche. Talvolta sprizzano letteratura - vibrante e volgarizzata. I romanzi polizieschi e i romanzi gialli sono la versione cubitale di quel mondo insolito. I racconti gialli ne sono la magnificazione microscopica. Il talento dello scrittore serve a schivare l’orbita oltraggiosa. Gli scrittori bravi maneggiano le morbosità melodrammatiche senza farsene stritolare. Narrativa poliziesca e narrativa gialla esaminano ed esaltano eventi esagerati. Sono una trappola e un’occasione di volo. I romanzi polizieschi e gialli scadenti si soffermano sullo scabroso. Rappresentano gli eventi esagerati rovinando nel ridicolo e facendo sembrare meraviglioso il minimalismo. I racconti gialli scadenti sono congegni debilitati dalla dimensione. Spandono schifo simulando tecnica da orologiaio. Già - ma quando sono bei racconti gialli, hai tutto quello che vuoi. Bam - psicologie indovinate in tempi e luoghi cristallizzati. Bam - mondi completamente nuovi. Pop - parvenza di vite in stasi. Pop - non sono quello che sembrano. Hai un mistero. Può essere collegato o no con un delitto. Hai tempi e luoghi predisposti a strati. Hai suspense e sorpresa. Guardi personaggi elevarsi e precipitare. Pencoli tra passioni e paura. Male fatto e male subìto. Il racconto è ristretto. Può essere denso fino allo spasimo. Può essere imperniato su un presupposto semplice. Ti ritrovi rapito rapidamente. Il bel racconto è una volata di lettore e un cocktail tutto d’un fiato. Colpisce duro, finisce in fretta, mette caldo e lascia sazi. La forma condensata rende più interattivo il ruolo del lettore. C’è un colpevole da trovare o un mistero piombato. C’è una soluzione sicura a portata di pagina. Sapere che il finale è comunque vicino crea di per sé tensione. Un racconto puoi leggerlo tutto in una volta. Devi leggerlo tutto in una volta. Whap - periplo al volo. Corto circuito, assimilazione istantanea. Poi potrai assaporarlo e rimuginarci in tutta calma. Le volate di lettura ti sposseranno, consumeranno, ecciteranno, turberanno, sgomenteranno. Il racconto giallo ti sbalordirà per complessità e carica» (’la Repubblica” 20/6/2004).