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 2002  febbraio 25 Lunedì calendario

Edwards Jonathan

• Londra (Gran Bretagna) 10 maggio 1966. Campione di salto triplo. Primatista mondiale con 18,29 metri (a Goteborg il 7 agosto 1995). Medaglia d’oro alle olimpiadi di Sydney 2000 (17,71). Campione del mondo nel 1995 (18,29 m) e nel 2001 (17,92 m); d’Europa nel 1998 (17,99); coppa Europa 1995 (18,43 m, ventosi), 1996 /17,79), 1997 (17,74 m), 1998 (17,29 m), 2001 (17,26 m); coppa del Mondo 1992 (17,34 m) • «La sua apparizione ha rivoluzionato la tecnica di salto: la sua idea era quella di scivolare per i tre salti come un sasso sull’acqua, facendo meno attrito possibile ai tre stacchi. Hanno cercato di imitarlo, senza riuscirci: ed è la sua tecnica che lo tiene ancora così davanti a tutti, evidentemente gli regala metri che gli altri devono conquistarsi in altro modo» (c.s., “la Repubblica” 10/8/2002) • «Ha garretti d’acciaio. “Dono del buon Dio”. Da ragazzino era piuttosto pigro. Il padre, pastore anglicano, gli ripeteva che non doveva sciupare il talento che gli era stato regalato, ma lui era piuttosto sordo alle sue parole. Aveva scelto il salto triplo, perché è una specialità complicata. “Dove non basta la qualità naturale, ma bisogna sapere trovare un equilibrio. È una sorta di ricerca della perfezione”. Era minuto fisicamente, lo chiamavano “titch”, sottile. Si è sviluppato tardi. “Questa è stata una fortuna, perché così non sono andato in overdose di sport, ma sono cresciuto gradualmente”. Aveva ventisette anni, quando quasi a sorpresa arrivò al bronzo ai Mondiali di Stoccarda con 17.44. Andy Norman, il suo manager, ricorda che primadi allora nessuno l’aveva preso sul serio. “Viaggiava per un rimborso spese di 100 dollari e spesso divideva la stanza con campioni che ne guadagnavano 10.000 per gara. Ma il denaro non è mai stato importante per lui. [...] Il 25 giugno 1995 a Villenueve d’Ascq, vicino a Lilla in Francia, si celebrava la coppa Europa. Un vento generoso spazzava la pista e trasformò Jonathan Edwards, specialista poco conosciuto, in una cavalletta, che atterrò nella sabbia a 18.43! Così lontano non era arrivato davvero mai nessuno. La misura non poteva essere convalidata come record, perché l’aria favorevole era oltre i limiti consentiti, ma gli cambiò la vita. Tanto è vero che poco tempo dopo a Salamanca in Spagna tolse il primato a Willie Banks con 17.98. Pose fine così all’era degli specialisti di colore e il triplo tornò bianco. La sua non è una fede statica, ma vissuta. Partecipa attivamente alla vita della Chiesa. Legge Messa. Partecipa alle mense domenicali per gli indigenti. [...] Nel 1991 aveva rinunciato alla finale mondiale, perché cadeva di domenica e la sua fede gli impediva di gareggiare. Poi ha cambiato idea, quando si è reso conto che le sue prestazioni sportive potevano aiutarlo a diffondere meglio la religione, farla capire ai giovani. E a Goteborg nel 1995 con l’oro mondiale è arrivato anche al record del mondo di 18.29. Dicono che sia anche un ottimo predicatore. Sa convincere. Linford Christie, nero come l’ebano, sussurra: “Quando eravamo in squadra assieme era tanto bravo con le parole che sarebbe stato capace di farmi credere che la mia pelle è bianca...”» (Gianni Merlo, “La Gazzetta dello Sport” 23/8/2003) • «Balzato alla ribalta in occasione dei Mondiali di Tokyo non tanto perché in quella stagione aveva già saltato 17,43, misura tutt’altro che disprezzabile [...] quanto perché rinunciò a partecipare alla gara iridata in quanto i salti di qualificazione erano in programma di domenica. “Il Signore - spiegò allora - ha deciso che un giorno alla settimana sia dedicato al riposo, appunto la domenica: saltare è, in fondo, il mio lavoro ed io non posso contravvenire alle leggi di Dio. Ci saranno altre gare e altre occasioni in cui potrò cercare di farmi valere”. Quella clamorosa rinuncia venne meno negli anni successivi, quando qualcuno convinse Edwards che se il Signore lo aveva reso tanto capace nel salto triplo non voleva certo che lui rinunciasse a dare saggio delle sue capacità al pubblico, pronto a pagare per vederlo all’opera. Ma fu una scelta sofferta. Nativo della ventosa Gateshead, divenne re del triplo, dopo un terzo posto ai Mondiali di Stoccarda ‘93, nella rassegna iridata di due anni dopo, a Goeteborg dove, su una pedana eccellente che si adattava perfettamente alle sue eccezionali qualità, ottenne un fantastico primato del mondo - tuttora imbattuto - di 18,29, parzialmente avvicinato soltanto dallo statunitense Kenny Harrison ai Giochi di Atlanta con 18,09. Poi, a parte lo stesso Edward atterrato due altre volte oltre i 18 metri, nessun altro triplista ha più sfiorato questa misura» (“La Stampa” 23/8/2003).