25 febbraio 2002
Tags : Ludmila Engquist
Engquist Ludmila
• (Ludmila Leonova-Narozhilenko). Nata a Tambovskaya Oblast (Russia) il 21 aprile 1964. Medaglia d’oro nei 100 ostacoli alle olimpiadi di Atlanta (1 agosto 1996, 40 giorni prima aveva ottenuto la cittadinanza svedese dopo il matrimonio con Johan Engquist, solo il 5 luglio aveva ottenuto il via libera dal Comitato olimpico russo), campionessa del mondo ad Atene nel 1997. «Nel giro di pochi giorni ha cambiato ruolo e posizione sociale: da eroina dello sport svedese a Signora Nessuno. Ludmila chi? Ah, la russa... Scaricata brutalmente, dopo tante pagine di giornale a lei dedicate, e interviste alla tv, e telegiornali aperti con le immagini delle sue vittorie, la ”nostra cara Ludmila” è tornata a essere semplicemente un’extracomunitaria qualsiasi. Ma quale nostra: soltanto vergogna, adesso, e un pronto ritorno nei ranghi, con un’incriminazione in arrivo (per frode e uso di sostanze dopanti) e un processo dagli esiti imprevedibili. La vita di Ludmila Engquist, già di suo tormentata ed avventurosa, è drasticamente cambiata in una gelida domenica d’autunno, in una bella casa di Lidingoe, sobborgo ricco di Stoccolma. Il telefono ha cominciato a suonare presto perché al telegiornale avevano già dato la notizia: la Engquist aveva confessato in un’intervista di essersi recentemente dopata, ingurgitando integratori potenziati con anabolizzanti. Una confessione-choc che ha aperto una porta sul suo passato, peraltro denso di zone d’ombra. Ex regina degli ostacoli, aveva un sogno: lasciata l’atletica nel luglio 2000 (con annesse celebrazioni da parte dei media e delle istituzioni sportive scandinave), cullava il sogno di partecipare ai Giochi olimpici di Salt Lake City [...] come concorrente di bob. In Svezia l’avevano presa sul serio, plaudendo alla suggestiva riqualificazione sportiva e promettendole un posto in nazionale. Ludmila si era dedicata alla nuova attività con la solita, feroce determinazione che ha contraddistinto tutta la sua carriera agonistica. E il traguardo, in fondo, era davvero vicino. La confessione-doping è partita da lontano: la Engquist era stata appena sottoposta a un controllo antidoping e, avendo la coscienza sporca, aveva preferito non attendere il risultato del test. ”Quest’estate in Russia - ha spiegato a Caroline Olsson, giornalista dell’edizione on-line di ’Aftonbladet’ - ho acquistato alcune confezioni di integratori contenenti sostanze anabolizzanti. Lo sapevo e li ho usati. Tutto qui”. Tutto qui? Quello che è successo a Ludmila, dopo la clamorosissima ammissione, è stata una raffica di episodi scodinzolanti culminati con l’incriminazione [...] in base alla legge penale anti-doping vigente in Svezia. [...] è svedese per via del matrimonio con Johan Engquist, il manager per il quale aveva lasciato il marito Nikolai. La sua vita è stata un puzzle di tormenti ed emozioni, di successi e sospetti. Verso la fine degli anni Ottanta, con il cognome Narozhilenko, maglietta rossa ”CCCP” (sovietica), si fa conoscere nell’ambiente dell’atletica vincendo in Coppa del mondo. Nel 1991 (nel frattempo l’Urss è diventata Csi, Comunità degli Stati Indipendenti) è la miglior ostacolista su piazza: con 12’’28 guida la classifica stagionale dei tempi e, tra le prime venti prestazioni dell’anno, dodici sono firmate da lei. Brava a saltare gli ostacoli, inciampa però in una storia rimasta avvolta nel mistero. Nel dicembre ’92, viene fermata insieme ad altri atleti russi alla dogana svedese. In una borsa, i militari trovano steroidi in quantità industriali. Il gruppo si salva spiegando che quei prodotti servono per le cure di una vecchia allenatrice al seguito. Però questo episodio stende il primo velo di sospetto su Ludmila: come mai, qualche mese prima, ai Giochi olimpici di Barcellona, rinunciò improvvisamente a disputare la semifinale? Per un indolenzimento del tendine, come disse, o per motivi da tenere nascosti? La risposta, indiretta, venne qualche mese più tardi: il 13 febbraio 1993 l’atleta fu trovata positiva per anabolizzanti e squalificata per quattro anni. Tentò di dimostrare la propria innocenza accusando il marito Nikolai di averle somministrato, a sua insaputa, le sostanze vietate. E andò davvero oltre, specificando che Nikolai aveva agito così per vendetta: lei, già innamorata del manager svedese Johan Engquist, aveva manifestato l’intenzione di divorziare. Un tribunale russo le diede ragione e la Federatletica mondiale, ridiscusso il caso, annullò la squalifica nel dicembre 1995; nel frattempo, due anni erano passati e l’americana Gail Devers, assente Ludmila, aveva vinto i mondiali ’93 e ’95. Trasferitasi a Stoccolma, sposato Johann, diventata cittadina svedese, Ludmila attraversò la fase migliore della sua carriera (oro olimpico e mondiale) ma infilò anche il tunnel buio della malattia. Quando tornò a gareggiare, ai Mondiali di Siviglia [...] aveva subito una mastectomia e appena finito un ciclo di chemioterapia. Vinse il bronzo e diventò una storia da copertina. Un esempio per tutti, un’eroina in Svezia. [...]» (Claudio Colombo, ”Corriere della Sera” 23/11/2001).