Varie, 25 febbraio 2002
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LUCIANO Siqueira de Oliveira Rio de Janeiro (Brasile) 3 dicembre 1975. Calciatore. Del Chievo. Ha giocato anche con Inter e Bologna
LUCIANO Siqueira de Oliveira Rio de Janeiro (Brasile) 3 dicembre 1975. Calciatore. Del Chievo. Ha giocato anche con Inter e Bologna. Per anni sotto il falso nome di Eriberto da Conceicao Silva • «"Tutto cominciò nel 1996 quando venne a cercarmi una persona soprannominata Moreno, che disse di essere un procuratore di calcio. Mi venne presentato dal prete Amilton. Mi chiese se mi sarebbe piaciuto giocare da professionista. La cosa mi fece subito sognare perché intravedevo la possibilitá di vivere in una maniera più dignitosa, senza dover dipendere da mia sorella e da mio cognato. In quel periodo, infatti, ero senza lavoro. Un mese dopo Moreno ritorna a farsi vivo. Nel frattempo avevo trovato lavoro in un supermercato. Volevo fare il calciatore, ma il procuratore mi impose delle condizioni, la più importante delle quali riguardava l’età. Avevo 19 anni, ma Moreno mi considerava già troppo vecchio per il calcio. Mi diceva che i club non mi avrebbero mai preso e che avrei dovuto presentarmi alle prove calcistiche con un’altra età". Così il procuratore gli procurò i documenti di Eriberto, un giovane del posto più giovane di lui di quattro anni. Dopo qualche tempo, l’ingaggio al Palmeiras, ignaro della truffa. Luciano si autodenunciò nell’estate 2002, ha pagato con sette mesi di squalifica e da aprile 2003 può giocare con la sua vera identità. stato facile per lui tornare lo stesso uomo, sentirsi Luciano in tutto e per tutto. Meno facile tornare lo stesso calciatore. Eriberto giocava meglio, specie nel Chievo che lo ha valorizzato dopo le due grigie stagioni al Bologna. Con la società veronese ha conquistato la promozione in A nel 2000-2001 (4 gol in 35 partite) e poi la qualificazione in coppa Uefa nella stagione successiva (4 gol in 30 partite). Luciano - invece - sta ancora inseguendo Eriberto. [...] "Quando sono rientrato nel ritorno (a squalifica terminata) ho giocato bene le prime tre partite con Perugia, Lazio e Inter. Poi mi sono perso ma a fine campionato ho ritrovato la condizione e anche il gol. Ho pagato tantissimo l’aver saltato la preparazione estiva e il lungo stop"» (Fabio Bianchi, "La Gazzetta dello Sport" 16/6/2003). Da Eriberto aveva impressionato: «Un uragano. Una farfalla. Una lama. Un talento. Sembrava Garrincha. Così i giornali hanno esaltato Conceicao Silva Eriberto, principe di San Siro. Alla faccia di chi a Bologna lo chiamava Erimerdo. [...] Da Calimero a Diabolik una metamorfosi strabiliante, come le sue volate sulla fascia di forza e improvvisazione tecnica più che di vera classe. Non è un’ala fedele all’oleografia brasiliana, sebbene Garrincha sia il suo idolo insieme a Zico (’due che facevano divertire la gente”): nessun ricamo, nessun fronzolo. A volte sembra quasi che butti i piedi a caso, con quella falcata da fondista. La palla la schiaffeggia anziché accarezzarla eppure la convince lo stesso ad andare dove nessuno si aspetta. [...] In Italia lo portò Oreste Cinquini, allora direttore generale del Bologna, dopo averlo visto nella nazionale Under 20 in un torneo a Tolone. ”Mi colpì la velocità e il fatto che nelle azioni da gol fosse sempre presente”. Lo pagò 5 miliardi ma sotto le Due Torri rimase bruco. Un gol a Lisbona in Uefa e un altro spettacolare a Venezia, da porta a porta palla al piede, gli unici colpi a sensazione. Ma poi tanti errori, tante occasioni sciupate con Mazzone, Buso e Guidolin. A turno lo provarono anche come centrocampista centrale: un disastro. Per i tifosi diventò una barzelletta e infine una bravata notturna, quando fu fermato dalla polizia dopo uno slalom in auto contromano sui viali, lo emarginò del tutto. ”I giovani vanno aspettati” dice Cinquini, che fu prima accusato di averlo comprato e oggi di averlo venduto. Fu prestato al Chievo per 200 milioni (103.305 euro) e con altri 1800 (930 mila euro circa) la società di Campedelli ne acquisì la metà. La vera esplosione è coincisa con l’arrivo in Italia di sua moglie Rachele: ”A Bologna ero un ragazzo, ora sono un uomo. Il passato mi serve per capire come non devo essere. Qui sono maturato, mi hanno dato fiducia e tranquillità e io in campo cerco di fare quel che so per ripagare. Giocare nel Chievo è divertentissimo, la cosa che mi piace di più è raccogliere i lanci perfetti di Corini. Un giorno vorrei giocare in quel ruolo ma solo quando sarò più vecchio, con più esperienza e meno gambe. Per ora corro e mi piace così”. La cosa che più stupisce nel confronto con l’Eriberto primitivo degli esordi è la maturazione tattica: prima buttava la palla in avanti e la rincorreva, puntando tutto sulla velocità, ora invece sa anche dove andare, quando andarci, quando fermarsi. Ha scoperto i ritmi giusti, il senso di squadra e la voglia di difendere. ” stato semplice farne un giocatore vero - dice Del Neri - perché ha tante doti, compresa l’umiltà. Ha imparato a muoversi e gestirsi in campo. Sta raccogliendo i frutti di un lavoro ben fatto”» (Emilio Marrese, ”la Repubblica” 17/12/2001).