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 2002  febbraio 25 Lunedì calendario

FALCHI

FALCHI Anna Tampere (Finlandia) 22 aprile 1972. Modella. Showgirl. Attrice. Ex findanzata di Massimiliano Biaggi e Fiorello, ex moglie del finanziere Ricucci • «La protagonista del fondamentale film Desideria e il drago e del calendario La bella e le bestie, autrice della prima denuncia per furto di fondoschiena (a una palestra, rea di aver esposto foto della giunonica e apprezzata rotondità) [...] sangue finnico, un tempo elettrice di Silvio Berlusconi ora di Walter Veltroni, ex fidanzata di Fiorello, allora karaokista, e della motostar Max Biaggi [...] la Veronica Lario di Stefano Ricucci? ”[...] Il premier l’ha scoperta vedendola al Teatro Manzoni di Milano. Anch’io ho calcato le stesse scene. Glielo dicevo sempre a Stefano: vieni ad applaudire me come Berlusconi veniva ad applaudire Veronica [...] sono stata battezzata da Gianni Agnelli. Al mio debutto a Sanremo, evento che mi lanciò verso una sfolgorante popolarità, lui dichiarò che si ricordava solo di ”una tale Anna Falchi’. Volle conoscermi. Mi disse: ”Siamo sempre tutti e due sui giornali, mi sembra carino incontrarci’. un ricordo che porterò dentro per tutta la vita” [...]» (Denise Pardo, ”L’ESpresso” 2/6/2005). « bella di quella bellezza statuaria che è fatta di curve morbide e vita sottile e seno prorompente e gambe lunghissime e occhi verdi e bocca a cuore, tutto, insomma, per far girare la testa. Ma lei dice che la sua bellezza è nel sorriso, ”più che tutto e prima di tutto. E se la gente si accontenta di guardarmi il seno o il sedere e basta, peggio per lei: prima o poi capirà che ho un’anima molto più bella del mio corpo... Il corpo, in fondo, è solo il mio mezzo di lavoro: come il camion per il camionista. [...] Da ragazzina sognavo di fare il veterinario, perché agli esseri umani ci pensano tutti, e agli animali troppa poca gente. Ma mi ha bloccato la terribile paura del sangue. Crescendo, sì, era proprio l’attrice quello che volevo fare. Però, siccome ero alta e magra, è stato più facile arrivare alla moda, anche se è stata un’esperienza durissima: vivevo in una pensione di infima categoria, dividendo il bagno in corridoio con dei marocchini, e avevo a stento i soldi per un po’ di frutta e qualche panino” [...]» (Lucia Castagna, ”Sette” n. 28/1997). «Un metro e 78 d’altezza, un fisico da sex symbol [...] ”Ho cominciato a lavorare a 14 anni perché in famiglia c’era bisogno di soldi. Facevo la modella, ma non mi piaceva, sognavo il cinema. Così dalla Romagna sono venuta a Roma e ho fatto decine e decine di provini. Poi, ho avuto la fortuna di incontrare Fellini che mi ha lanciato in un famoso spot” [...]» (Maria Cucciniello, ”Chi” 10/10/2001). «Faccia da cartone animato su un corpo che è l’idea platonica della bellezza femminile […] ”Ho chiuso con i calendari e con la tv e mi sono messa a far teatro. Ho portato in giro per l’Italia la commedia Se devi dire una bugia, dilla grossa, passando da un camerino a un altro, pronta a truccarmi, vestirmi, prepararmi da sola, pur di fare quella gavetta indispensabile per crescere nel mestiere. Il mio modello è Monica Vitti. Come lei vorrei esser capace di far ridere la gente […] Credo di non esser capace di far piangere: sono troppo giovane, ho poco da raccontare, non ho sofferto. Far ridere mi pare più adatto. Anche se tutti dicono che per una bella donna è complicato, a me pare che basta togliermi i tacchi a spillo, mettermi un vestito qualunque e la fama di sex-symbol scompare d’incanto […] Dopo aver fatto vedere come sono fuori vorrei far vedere come sono dentro […] Ho avuto successo e soldi senza dover fare alcuna fatica. Non è poco, ma voglio andare avanti […] Con la televisione ho chiuso. Ci torno solo per brevissime apparizioni. Oppure per una fiction. […] Un anno di Domenica-in mi ha dato una popolarità finanche eccessiva. Devo dimostrare di meritarmene almeno un pezzetto […] Ho ricominciato a studiare. Mi sono iscritta a una università americana […] Avere una cultura aiuta. Non ho avuto tempo prima, ci provo adesso […] Mi ha molto colpito studiare la figura di D’Annunzio” [...]» (Simonetta Robiony, ”La Stampa” 26/6/2002).