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 2002  febbraio 25 Lunedì calendario

FARINA ELIA

FARINA ELIA Silvia Milano 27 aprile 1972. Tennista. la prima italiana di sempre per Slam giocati (53), vittorie (63) e partite giocate (116). Meglio di lei, solo Nicola Pietrangeli, con 86 vittorie e 39 sconfitte (125 match) in 41 Slam. Ha giocato 11 volte gli Open d’Australia (ottavi nel 2004 e 2005), 14 volte il Roland Garros (ottavi 2001 e 2002), 14 volte Wimbledon (quarti 2003, ottavi 2004), 14 volte l’Open degli Stati Uniti (ottavi 2002). N° 11 del mondo il 20 maggio 2002: miglior italiana di sempre (Annelies Ullstein, n. 8 nel ’49, era tedesca, italiana per matrimonio). Solo Silvana Lazzarino, semifinalista al Roland Garros ’54, ha fatto meglio in uno Slam. In 17 Slam, Silvia è stata la migliore rappresentante italiana, uomini compresi. Nel 2001 e nel 2002 s’è qualificata per il Masters, seconda italiana di sempre, dopo Raffaella Reggi. Da junior ha firmato il Trofeo Bonfiglio al Tc Bonacossa di Milano e Roma, quindi è stata finalista al Roland Garros di doppio. Da professionista, ha vinto tre titoli Wta di singolare, tutti, e consecutivi, a Strasburgo (terra), nel 2001, 2002 e 2003; ha perso 7 finali prima di conquistare il primo titolo, e complessivamente ne ha perdute 10, la prima a San Marino 2001, l’ultima ad Amelia Island 2005 (bilancio vittorie-sconfitte 469-370). S’è aggiudicata anche 9 tornei di doppio (’La Gazzetta dello Sport” 26/10/2005). «Una carriera più che dignitosa, costruita con caparbietà e non pochi travagli dopo l’auto-esilio dal college federale. Calvinianamente e testardamente convinta, come la sua provenienza borghese impone, che le buone opere sono segno di predilezione divina, insieme al marito-coach Francesco Elia ha invece continuato a limare i propri limiti. Nonostante un malanno serio al ginocchio è riuscita a scalare la classifica perforando quota 20, a dare più spigoli al suo tennis, prima così esemplarmente pulito da risultare quasi confortevole per le avversarie. [...] Onora lo sport, che ha senso e valore solo quando fa da drammaturgia a vicende umane, etiche o estetiche che siano. Il lato amaro dell’apologo è che una pièce di gusto come quella della Farina continuerà, ancora a lungo, a valere infinitamente meno di uno dei tanti siparietti sciantosi della Zarina delle scollature» (’La Stampa”, 11/3/2002). «Non ha varietà di colpi, niente magìa, ma un insieme fuso con la determinazione. Quel viso dolce nasconde una gatta che graffia al momento opportuno. Figlia del lavoro, dell’applicazione e dell’intelligenza. [...] Ha avuto i suoi alti e bassi, qualche infortunio, ma si è sempre ripresa alla grande» (Teo Betti, ”il Messaggero” 1/7/2003). Ha scritto Gianni Clerici: «[...] un modello di gestualità, una splendida atleta, e insieme una giovane donna vittima della paura. La prima volta che la vidi, al Tennis Club Milano, rimasi aggrappato alla transenna, per dieci minuti. Da quel vecchio scout che sono, avevo immediatamente avvertito l’aura del talento, quell’indefinibile indicazione della grandezza. Giocava, ricordo, con altre tre ragazze delle squadre del club, tutte classificate meglio di lei, tutte, mi disse il maestro Aldo Mei, più vincenti di lei. Ma non c’è confronto - esclamai - e Aldo annuì, per poi concludere, perplesso: ”Purtroppo, ha più paura di te”. Di me, mi dissi, il tennista più codardo che la storia ricordi. Anche per questa identificazione, mi divenne subito simpatica, ma non solo. Aveva anche un suo modo di essere, aggraziato e modesto, che sarebbe piaciuto al maggior estimatore della bellezza milanese, Henry Beyle detto Stendhal. Purtroppo, non vinceva quanto avrebbe potuto, se fosse stata meno modesta, o meno spaventata. Di lei ebbero allora ad occuparsi non meno di due personaggi del settore, due tipi non proprio ideali, se la Silvia prese coscienza di sé soltanto attraverso il suo legittimo sposo, quando ebbe la fortuna di incontrare Francesco Elia. Buon tennista, ottimo insegnante, capace di dividere netti gli obblighi del consorte da quelli del coach: operazione non facile, perché il coach è spesso, come l’Arlecchino del Goldoni, servo di due padroni. Dal giorno del suo matrimonio, alla fine del 1999, Silvia non avrebbe fatto che migliorarsi: quando [...] già aveva compiuto ventisette anni, un’età in cui molte giocatrici temporanee già mettono su casa e vanno in riproduzione. Dal numero 63 che era nel duemila, sarebbe entrata regolarmente nelle Venti, sfiorando addirittura il Club più esclusivo, le First Ten, con l’undicesimo posto nel maggio del 2002. Si era, nel contempo, imbattuta anche nel chiropratico Doc, Alfio Caronti [...]» (Gianni Clerici, ”la Repubblica” 26/10/2005). Rino Tommasi: «A parte i risultati, che sono importanti perché nel tennis femminile non abbiamo grandi tradizioni (nessuna italiana tra le prime dieci, ad eccezione di Annelies Bossi che era tedesca), c’è l’immagine di una giocatrice che è sempre stata un modello di stile, di eleganza e di educazione. In una carriera iniziata, a 16 anni, nel 1988 e che le ha consentito di stabilire il primato italiano di presenze nei tornei dello Slam, Silvia, vincitrice o sconfitta, non ha mai deluso e soprattutto ha sempre interpretato la sua attività con la serietà e l’impegno che le permetteranno [...] di non avere rimpianti. Il momento più alto della sua carriera si può scegliere tra una vittoria ottenuta su Monica Seles in un incontro di Federation Cup giocato ad Ancona nel 1999 e i quarti raggiunti a Wimbledon nel 2003, dove ha ceduto in tre set a Kim Clijsters. La grande occasione l’ha forse mancata al Foro Italico [...] quando è giunta a due punti dal battere Amelie Mauresmo, che avrebbe poi vinto il torneo. Tecnicamente aveva forse un solo difetto, quello di far giocare bene le avversarie, con quel tennis lineare e pulito ma anche universale perché il rendimento di Silvia non è mai stato legato alla superficie. In altre parole la Farina, cresciuta sulla terra, ha poi giocato bene sia sui campi rapidi sia sull’erba. Infatti non è stato un caso che il suo risultato più importante lo abbia ottenuto a Wimbledon. La sua educazione e la sua intelligenza hanno consentito al presidente della Federazione di uscire bene da un incidente epistolare che avrebbe potuto avere conseguenze poco simpatiche. Anche la sua uscita dagli impegni con la nazionale è stata gestita (e di conseguenza accettata) con tranquillità. In poche parole, una carriera esemplare per una giocatrice che è stata la più continua ambasciatrice del nostro tennis e che è stata la migliore rappresentante italiana in ben 17 tornei del Grande Slam» (Rino Tommasi, ”La Gazzetta dello Sport” 26/10/2005).