Varie, 25 febbraio 2002
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Farrell Colin
• Dublino (Irlanda) 31 marzo 1976. Attore • «Bello, sexy, intenso, talentuoso. E ribelle. Figlio di un campione di calcio e della terra d’Irlanda che, giura, non lascerà mai, lui da bambino pensava a un futuro in serie A. Invece Kevin Spacey lo ha scoperto su un palcoscenico londinese e lo ha voluto per un Un perfetto criminale. Poi Joel Schumacher, l’uomo a cui dice di dover tutto, lo ha trasformato nel flemmatico soldato Bozz, che lotta contro l’assurdità della guerra in Vietman in Tigerland. Non fu un successo, ma Hollywood trovò il suo nuovo ”bello e impossibile”. Un dublinese che fuma una sigaretta dietro l’altra e che alla tequila preferisce la birra Amstel Light. [...] perfetto con quell’aria da bullo strafottente e gli occhi profondi. [...] In divisa è con Bruce Willis in Sotto corte marziale. In cravatta e doppiopetto scuro, per Steven Spielberg è l’agente che bracca Tom Cruise in Minority Report. Ne La regola del sospetto studia da agente segreto con Al Pacino, mentre rapato a zero diventa Bullseye, l’assassino dalla mira perfetta del fumettistico Dare Devil con Ben Affleck. Ancora per Schumacher, resta intrappolato nella cabina telefonica di In linea con l’assassino, minacciato da un cecchino folle, poi si arruola nelle teste di cuoio di S.W.A.T accanto a Samuel L. Jackson. Ma per amore della sua Dublino scommette anche su un’opera prima come Intermission, commedia corale diretta dall’irlandese John Crowley [...] Eletto da ”People Magazine” tra i 50 più belli, paragonato a Marlon Brando o James Dean (i miti della sua adolescenza)» (Daniela Giammusso, ”L’espresso” 24/6/2004). «Il ”bad boy” del momento, l’attore che non ha problemi a farsi vedere in pubblico avendo bevuto un po’ troppo anche per un irlandese, sempre circondato dalla bellezza di turno senza mostrare alcuna inibizione, incapace di pronunciare una frase intera senza infilare dentro una parolaccia. Un’onorata tradizione che ha le sue radici nei James Dean e negli Steve McQueen e che in questa era di divi del cinema che controllano ogni mossa e ogni parola ha un sapore quasi rinfrescante. Colin Farrell non è infatti uno che sta troppo a pensare alla sua immagine. ”L’amore? - esclama ripetendo la domanda e accendendo l’ennesima Camel -. Diciamo che in questo momento per me è meglio il sesso causale”. Le parolacce? ”Nessuno è mai stato ucciso con una parola”. [...] Occhi marroni penetranti [...]» (Lorenzo Soria, ”La Stampa” 29/7/2003). «Faccia da ragazzino attaccabrighe, capelli arruffati come quando ci si alza dal letto di corsa, molti anelli d’argento, molta nicotina sulle dita, un tatuaggio con il nome dell’ex-moglie […] Fama di sciupafemmine, pacifista e cattolico convinto, è il neo-divo del momento, il più conteso dalle grandi produzioni hollywoodiane. Da quando Joel Schumacher gli affidò, in Tigerland, il ruolo di un soldato coraggioso ma anche molto allergico alle gerarchie, ha interpretato un film dopo l’altro, sempre al fianco di celebrità: ”Adesso, finalmente, posso essere più selettivo; prima, invece, non andavo troppo per il sottile, facevo quello che mi offrivano, basandomi soprattutto sui nomi degli attori con cui avrei lavorato”. Così, dopo essere stato l’antagonista di Tom Cruise in Minority Report e aver recitato con Bruce Willis in Sotto corte marziale, eccolo alla scuola di Al Pacino nel film di Roger Donaldson La regola del sospetto […] ”Ogni volta che mi chiamano per un lavoro, faccio la valigia, anzi, chiedo a mia sorella di farmela, e parto […] Ho frequentato le scuole dei preti, sono sempre andato ogni domenica a messa e la figura di Gesù mi piace molto, soprattutto perchè si rivolge agli esseri umani partendo dalla convinzione che siano tutti assolutamente uguali”» (Fulvia Caprara, ”La Stampa” 193/2003). «L’unico suo problema, nell’ascesa che lo sta portando alla conquista di Hollywood, è che proprio non vuole imparare a parlare come si deve: ogni due parole ne infila una scurrile. Viene da un posto d’Irlanda (Castelknock) dove esprimersi a quel modo ti fa passare addirittura per un signorino. Ma per Hollywood, parolacce o no, è già una star: a sancirlo, dopo una serie di ruoli minori, è arrivata la parte da coprotagonista a fianco di Tom Cruise in Minority Report di Steven Spielberg. E a consacrarlo ci ha pensato una copertina su ”Vanity Fair”. Strano destino il suo […] Figlio di una stella del football (Eammon, che ha giocato in Nazionale negli anni ”60), voleva fare il centravanti. Invece è finito alla scuola di arte drammatica di Dublino. Kevin Spacey ci ha girato un film assieme in Irlanda qualche anno fa e ne è diventato sponsor. Il regista Joel Schumacher lo ha lanciato nel suo Tigerland. Dopo Minority Report (dove Spielberg ha creato un effetto speciale per non farlo sembrare più alto di Cruise), ha lavorato in The Farm, coprotagonista con Al Pacino. […] ”Vivo alla giornata e non mi aspetto niente. Fino a 10 anni fa dovevo diventare un calciatore con i Shamrok Rovers, la squadra di mio padre e mio nonno […] Il primo film che ho visto è stato E.T. di Spielberg. Lì cominciai ad appassionarmi. Immaginatevi la mia faccia quando sono stato convocato da Steven in persona […] La parte in Minority Report era scritta per Matt Damon, ma lui aveva un altro impegno, così è andata a me. Un fottuto colpo di fortuna”» (Riccardo Romani, ”Corriere della Sera” 1/7/2002). «Un rozzo e affascinante irlandese che si presenta alle interviste con una birra in mano, la barba di diversi giorni e vestito con una t-shirt nera e jeans sdruciti. […] ”Io vengo da un posto dove quello che è importante è ridere, goderti la vita e il lavoro che fai, la famiglia, gli amici, l’amore, la felicità”» (Silvia Bizio, ”la Repubblica” 8/10/2002).