Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2002  febbraio 25 Lunedì calendario

Farrow Mia

• Los Angeles (Stati Uniti) 9 febbraio 1945. Attrice. «[...] colori pastello che ne hanno fatto la più innocente e fiabesca delle attrici, occhi azzurro fiordaliso, carnagione di perla con le guance rosa, lunghi capelli ricciolini biondi [...] Meravigliosa protagonista del satanico Rosemary’s Baby di Polanski, dall’82 al ”92 ha girato con il compagno mai diventato marito Woody Allen 13 film strepitosi (Zelig, La rosa purpurea del Cairo). Intanto raccoglieva intorno una grande quantità di bambini. Nessun figlio dal primo marito Frank Sinatra, Mia ha avuto 3 figli dal secondo marito Previn [...] e insieme ne hanno adottati 3. Con Allen ne ha adottati 2, da sola ne ha adottati 4, americani, indiani, vietnamiti, anche handicappati. [...]» (n. a., ”la Repubblica” 9/9/2004). «[…] Per chi non lo ricordasse, quando Woody aveva 56 anni si era innamorato di Soon-Yi, una ragazza coreana di 21, che la Farrow aveva adottato. Il regista aveva lasciato la famiglia, si era sposato con lei, e adesso hanno anche adottato dei figli. ”Lui - racconta l’attrice - era il compagno della mia vita. O almeno così pensavo io. La cosa ironica, quando passi attraverso una vicenda del genere, è che la persona di cui avresti più bisogno è proprio quella alla quale non puoi rivolgerti. Era diventato l’uomo di cui dovevo avere più paura, e tutto ciò mi confondeva e mi terrorizzava”. Mia ricorda che la vita con Woody non era mai stata facile: ”Era il mio fidanzato, ma anche il mio boss. Voleva controllare tutto. Noi cercavamo di farlo contento, ma non era facile. Alla fine, forse, è una persona che non può essere soddisfatta […] La sua cena doveva essere preparata perfettamente in un certo modo. Era molto particolare nelle esigenze, non transigeva su quello che mangiava e su come bisognava presentare le cose […] Non era una persona che voleva condividere le cose. Per esempio, non voleva usare lo stesso bagno della famiglia. Gli dovemmo costruire un bagno apposta, ma in realtà non voleva condividere neppure lo stesso appartamento con la sua famiglia”. Come se tutto questo non bastasse, era arrivata pure la storia con Soon-Yi: ”Perdere una figlia - confessa adesso Mia - è la cosa più dolorosa al mondo. I miei bambini hanno perduto una sorella. Mio figlio (cioè Seamus, quello avuto da Allen) ha visto il padre che sposava la sorella”. La Farrow non riusciva a crederci: ”Ero davvero convinta che Soon-Yi si sarebbe svegliata e avrebbe detto: che cosa sto facendo? Lei aveva sei anni, quando la adottai in Corea. Devo pensare che non abbia mai capito sul serio che cos’è una famiglia. Forse il fatto che lui fosse nella sua vita da quando lei aveva 7 anni, ed era il padre, ha reso la cosa normale agli occhi di Soon-Yi. Altrimenti come avrebbe potuto farlo, da sola? Lei era la bambina e lui l’adulto”. Lo scandalo aveva devastato gli altri figli: ”Quella è stata la parte più dura. Dov’era la loro sorella? Mancava a tutti. Sapevano che era stata portata via ed erano arrabbiati”. Ma il dolore privato non bastava: ”Poi c’era la parte pubbllica, così invasiva da avere gli elicotteri che volavano sopra il tetto di casa e le parabole satellitari in strada. I bambini non potevano uscire senza essere intervistati. Non ci azzardavamo ad accendere la televisione, o fare qualunque cosa. Non leggevamo i giornali. Non avevamo il coraggio di muoverci”. Secondo Mia, Woody l’aveva pure minacciata: se non stava buona non l’avrebbe più fatta lavorare. Ma il chiodo fisso della Farrow era un altro: ”Continuavamo a sperare che un giorno Soon-Yi avrebbe chiamato e sarebbe tornata a casa. Abbandonare la speranza di rivederla alla nostra tavola è stata la presa di coscienza più difficile”. […]» (’La Stampa” 21/2/2005).